"Sento il bisogno di fotografarti" esclamo mentre si infila la felpa dell'Adidas ancora con la faccia stropicciata dal sonno. Abbiamo passato la notte intrecciati come capelli, ma adesso è arrivato il momento di sciogliere i nostri nodi, in quanto lui deve correre in accademia ed io ho una serie di incontri di lavoro. La colazione è stata pigra e svogliata in quel modo malinconico che preannuncia un distacco forzato, fatta di parole biascicate, baci lenti e carezze che urlano di restare, ma l’attimo di quiete è passato, ed adesso bisogna ritornare alla vita vera. E questo è uno di quei momenti in cui sento le dita fremere dalla voglia di catturare la sua figura svegliarsi, indossare la sua divisa, il suo personaggio da mostrare agli altri e mai a me, lui che incrocia gli occhi ed esce la lingua sfidandomi, con il piercing fiero e malizioso. Mi alzo e cerco la mia macchina fotografica, la quiete non è mai qualcosa in cui crogiolarsi in presenza di Louis. "non sfidarmi nanerottolo"
"Sono un pessimo soggetto" fa giocando con la pallina e con i miei occhi, quegli occhi che finalmente riesco ad ammirare aperti e spregiudicati, quegli occhi che sto imparando a conoscere in ogni loro sfumature, e dei quali mi ritrovo ad innamorarmi ogni giorno, ed è questo il bello di questa relazione particolare, ci ritroviamo ad innamorarci di cose diverse, una, dieci, cento volte al giorno, cose diverse che però appartengono sempre alla stessa persona, è di questo che è fatto l’amore? E’ questo il sentimento per il quale nella storia uomini di grande valore hanno perso ogni cosa? E’ questo che fa perdere il sonno, la ragione, la vita?
"Non sai essere bravo nemmeno per me?” sfoggio la migliore voce suadente che riesco a cacciar fuori e lui scuote la testa alzando gli occhi al cielo, grattandosi subito dopo il leggero strato di barba che gli addolcisce i tratti e allo stesso tempo li rende più maturi, non riuscirò mai ad uscire da questa impasse che rappresenta Louis, un continuo serpente che si mangia la coda, un sentimento senza fine, un personaggio che ne indossa altri cento
“Ti ho avvisato un po’ di tempo fa, Daddy” sorride come un gatto sottolineando l’ultima parola “non usare questo tono di voce con me”
“Sennò?” inizia a muovere il bacino a ritmo della canzone che sta canticchiando e mi dà le spalle, muovendosi come Lo Stregone, cedendo il posto a quella parte di sé che con me ha sempre dosato, con piccoli gesti, con avvertimenti velati, con movimenti di fianchi che finivano sempre e semplicemente in corse intorno al tavolo ed in battaglie di solletico. Ed invece adesso mi inonda come un fiume in piena, si mostra senza alcun tipo di filtro, orgoglioso di essere in grado di non farmi staccare gli occhi dalla sua figura, impavido pur di farmi rendere conto di non essere capace di muovere le mani, svergognato pur di mettere alla prova il mio autocontrollo “Louis” cerco di dire ma ho la bocca completamente impastata dall’eccitazione, tante promesse infrante per un paio di movimenti sensuali, ma devo, devo resistere, per questo mi aggrappo all’unica cosa che non mi ha mai abbandonato, anche durante i periodi più bui lei è stata l’unica a non farmi sentire mai solo: la mia macchina fotografica.
“Si?” e mi guarda, si è alzato il cappuccio, la felpa nera lo avvolge, in un tripudio di contrasti e spigoli, la barba che cerca di combattere contro la morbidezza della stoffa, gli occhi ghiaccio che cercano di sciogliere la consistenza della mia pelle, e le mani che alzano il bordo inferiore, mostrandomi gli addominali che scendono inevitabilmente negli slip troppo chiari e aderenti, e scatto. E contro ogni mia aspettativa lui si fa catturare, si fa plasmare dall’obiettivo e dai flash, o forse dalla mia voce, alterna momenti in cui è incredibilmente sexy e misterioso, in cui affonda le mani nel mio cuore fino a farlo a brandelli, a quelli in cui ride come un bambino che salta sul letto dei genitori il giorno di Natale, ed io continuo a scattare, a seguirlo, e potrei continuare all’infinito mentre catturo quel neo, quel sorriso, quello sguardo e quando sono ad un soffio di razionalità da fotografarlo mentre lo tocco, mi blocco solo un attimo per chiedergli di dirmi quando smettere, perché non voglio imbarazzarlo, non voglio pressarlo, perché nonostante lui mi abbia detto più volte che io non lo stringa nella mia morsa ma che metaforicamente sono sempre lì a tendergli la mano, anche solo un gesto può diventare pressante, anche solo una parola può essere ricordata in modi violenti in alcune notti senza speranza, perché la violenza verbale esiste e non è solo una parolaccia, è un limite imposto, è un non lo puoi fare, è un non ci riuscirai mai, è un devi farlo per forza. Ma lui mi sorprende ribattendo serafico, come al solito senza mai spiegarmi il capo del discorso, senza mai dirmi cosa lo abbia portato a fare determinati pensieri in determinati contesti, lui parla, ed io lo ascolto, “non riesco ad immaginare la mia vita senza di te adesso e davvero io ho una fervida immaginazione” allontano l’occhio dal mirino solo per guardarlo confuso per un attimo ma lui rotea gli occhi come se fossi io quello che non capisce, come al solito, ed io ritorno a guardare il mio soggetto dalla prospettiva che mi piace di più “quindi dicevo che sarei pienamente in grado di farlo ma non ci riesco, forse non voglio” e lo fotografo mentre tira fuori le parole con un cipiglio, allungando però in modo elegante le braccia “vediamoci cinque volte al giorno e non pensare mai che la tua voce possa infastidirmi, parlami di quando eri all’asilo e di come sia stata la tua prima volta” sorseggia il suo caffè e mi guarda da sopra al bordo di quella che è diventata ormai la sua tazza studiandomi come si studia una preda “stringimi la mano quando avrai paura, o quando sarai felice, o quando semplicemente avrai voglia di farlo” cerca di infilarsi i pantaloni senza alzarsi dal letto e fotografo anche quello, non volendomi perdere nemmeno un istante di questo meraviglioso rituale, sentendo le sue parole darmi più carica, più ispirazione, più convinzione “ogni volta che tu non ci sei o che non abbiamo programmato di vederci il mio cervello si affanna alla tua ricerca e quando non ti trova mi ricorda di quanto tutto questo faccia schifo” chiude i jeans soddisfatto mentre si riposiziona a gambe incrociate sul letto “e questo per dirti che nulla mi rende più felice e più triste al tempo stesso di te” mi guarda ed io rimango in silenzio, alla ricerca di aria, insicuro di poter far più cose contemporaneamente durante il discorso di Louis “e non so come, ma voglio dirti solo di non trattenerti, non farlo, lascia che anche in compagnia almeno una parte del tuo corpo tocchi la mia, tranne se fa troppo caldo, perché lì bocciolo di rosa, devi solo sparire” appoggio la macchina fotografica sul cassettone e lo raggiungo, tirandogli un morso nell’incavo del collo “non trattenerti ma non mangiarmi nemmeno, non credo di avere un ottimo sapore” mi circonda il collo e accavalla le sue gambe alle mie “sii te stesso, se vuoi fotografarmi, se vuoi baciarmi, se vuoi sbattermi al muro” sussurra direttamente nel mio orecchio “se ti voglio, ti voglio fino all’overdose, senza mezze misure, bagnato e scompigliato, in pigiama o in completo” lo stringo più forte che posso e lui sospira piano mentre ricomincio a baciarlo, sempre più famelico, sempre più senza misura, mentre lui si aggrappa ai miei capelli per mantenere un controllo dove un controllo io non glielo sto permettendo, lo tocco mentre gli succhio il labbro superiore e lui ansima nella mia bocca, faccio strusciare i nostri bacini mentre mi corico completamente su di lui mentre lui mi morde la clavicola come se fosse davvero affamato, lo venero baciando ogni punto della sua pelle mentre lui mi guarda con due diamanti puri al posto degli occhi e sorride, sorride come se si fosse appena svegliato dal sonno più lungo della sua vita, sorride come se fossi il principe che lo ha salvato da una vita fatta di bugie e facce da indossare, sorride e sarei in grado di inventare colori nuovi, di cantare mille canzoni, di raccogliere tutti i fiori del mondo solo per vedere di nuovo questo tipo di sorriso e poi inclina le labbra, con quella faccia da ragazzo dispettoso che adoro e al tempo stesso detesto “e se la metà del tempo ti manderò a fanculo vuol dire che lo stai facendo bene!”
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Raccontami una storia.
FanfictionHarry cattura emozioni da quando è nato, ma ha la pessima abitudine di portarsi dietro pezzi di vita. Louis balla per vivere, o forse vive per ballare, questo non è così chiaro neanche a lui. Ma da quando i loro occhi si incrociano per la prima volt...