Capitolo diciotto.

963 69 16
                                    


“Bastano pochi secondi
per distruggere
ciò che il mondo e la natura
hanno creato nella gestazione
lunga ed estenuante
della vita”
Vasilj Grossman

Il buio copre la mia anima dolorante e lacerata come una coperta, con le stelle che occupano i solchi lasciati dalle unghie, dai denti, dai baci di Lui, e adesso che è troppo lontano, chissà dove, chissà perché, loro iniziano a diventare insaziabili, continuano a lamentarsi con grida silenziose di malinconia, di assenza, di mancanza. Ed io non so come rispondere, non so come calmarli, perché anche io sono irrequieto, anche io ho bisogno di qualcuno da stringere la notte, da cui tornare di corsa per raccontare come è andata la giornata, ma non adesso, è finito quel momento infinito incastrato nel tempo e nello spazio che spesso ci permettiamo di chiamare amore.
Guardo il cielo, lo stesso cielo che ci ha visto decine di volte baciarci, fare l’amore e perfino litigare per quelle sue piccole manie così fastidiose che mi sono ritrovato così tante volte ad odiare mentre adesso mi mancano come può mancarti solo l’aria in una camera troppo affollata ed io vorrei solo urlare ma non ne ho la forza, voglio urlare da dieci giorni, dieci giorni in cui ho perso il sonno, ho perso l’appetito, ho perso la voglia di vivere, ma si mangia lo stesso, si dorme per sfinimento, si vive per inerzia. E allora se non posso urlare parlo con lui anche se lui non c’è, anche se ha deciso volontariamente di allontanarsi da me, mantengo quella promessa fatta quasi un anno fa e non lo lascio solo, anche se lui lo ha fatto, non lo lascio solo però in maniera egoistica perché penso a me stesso e sono io a non poter fare a meno di parlare con lui, sono io a non poter fare a meno di lui, povero stupido.
“Voglio dirti solo una cosa” non riesco nemmeno a ricreare nella mia mente i suoi bellissimi occhi nonostante abbia idealizzato il loro colore, le loro sfumature, la loro luce per tutto il tempo in cui ho dovuto combattere contro i suoi demoni. Ricordo solo la sensazione che ho provato quando la prima volta mi ha guardato con gli occhi limpidi, lucidi, languidi, quella sensazione, come tutte quelle che mi ha fatto provare in seguito sono l’unica cosa a cui mi aggrappo adesso, perchè vorrei aver saputo prima che quel giorno in cui mi ha salutato balbettante sarebbe stata l’ultima volta che avrei visto quelle stelle splendere sul suo viso, l’ultima volta che avrei baciato quelle labbra, l’ultima volta che invece si è confusa con le altre mille, con tutte le altre in cui ci siamo salutati per vederci poche ore dopo o in cui il destino ci ha messo sullo stesso vagone, con un bacio sporco e qualche carezza all’anima .
Lo abbiamo cercato per tutta la città, tutti noi ci siamo mobilitati in un modo o nell’altro ma di lui neanche l’ombra, neanche un bigliettino di scuse, neanche un addio, nulla, solo la sua assenza, solo il vuoto lasciato da una personalità troppo importante. Lo abbiamo cercato con ogni granello di speranza che si può trovare in delle tasche ormai svuotate, anche se io sapevo già che non sarebbe servito, che era lontano, che si era allontanato in maniera volontaria. E se no fosse così? Ci penso ogni istante, se non fosse scappato? Se gli fosse successo qualcosa? Ma una vocina nella mia testa mi risponde che lo sentirei, in un modo o nell’altro, per questo continuo a parlare con lui, come ogni sera da quando se n’è andato, come ogni istante in cui mi volto e lui non c'è  “ti auguro di trovarne altri mille da amare” dico con la voce che si incrina e le mani che si aggrappano con forza alla stoffa dei pantaloncini, sento che sto per piangere ancora una volta e  non me ne potrei mai vergognare, credo di aver pianto tutte le lacrime disponibili in un anno di vita, ma non durante la nostra storia, non in un momento così particolare “e spero che ti sappiano far brillare meglio di me, che ti possano far sentire meglio di me” guardo le stelle, l’unica consolazione è che siano le stesse che stia guardando lui e mi faccio forza “però ricorda che non sarà mai la stessa cosa, non sarà mai lo stesso amore che ti ha fatto svegliare dal tuo incubo” tiro su con il naso e scuoto la testa “questo sarebbe il momento della nostra storia, no?” rido in maniera isterica e non mi sono mai sentito così stupido in trent’anni di vita: sto parlando da solo, contro queste stelle che non potranno mai rispondermi, capirmi, amarmi o farmi sentire amato come è stato negli ultimi mesi. Non lo vedo dal 10 di giugno, oggi è appena 2 luglio ma mi sembra passata  un'eternità, ho ascoltato la sua voce per l’ultima volta quando? È questo che odio, non aver dato il giusto peso ad un addio “Immagina una bambina di 8 anni di nome Carol che in terza elementare interpreta la Bella Addormentata nello spettacolo di fine anno” inizio ed un brivido mi taglia la schiena da parte a parte, lasciandomi senza fiato per un istante “e immagina un suo amichetto di classe George che interpretando il principe, la bacia” mi mancano i suoi commenti, ma continuo perché devo, perché è la nostra promessa, perché è il mio modo per non farlo sparire tra i ricordi “immagina questi due bambini che si baciano ma poco dopo lui si trasferisce in Canada, cresce, si sposa, ha dei figli ma 61 anni dopo rimane vedovo” sento arrivare la sua risposta ora mi dirai che è stato 61 anni con un’altra donna ma è sempre stato innamorato di Carol, che schifo, eppure in realtà non arriva, non arriva nulla se non una macchina con il volume della radio decisamente alto “immagina George ritornare nel suo paese d’origine e incontrare Carol, si riconoscono subito, ritornano amici subito e solo lentamente nasce una storia che culminerà con un matrimonio, 75 anni dopo essersi scambiati il loro primo bacio” mi accendo una sigaretta solo per sentire il suo odore addosso ancora per un po’, perché so che prima o poi mi toccherà lasciarlo andare, perché stasera reagisco lasciandomi sopraffare dai sentimenti, come è giusto che sia, ma domani non saprò di cosa avrò bisogno, quale sarà il modo giusto per rispondere a questo dolore “questo per dirti che forse non oggi, non domani, ma forse un giorno ci incontreremo ancora e sarà tutto come era lì nel treno la prima volta che ci siamo guardati, o come era a Roma davanti alla bocca della verità” mi asciugo le lacrime con il dorso della mano solo quando arrivano sulle guance, le faccio scorrere, le faccio scendere, forse sapranno spegnere il fuoco che sento ovunque, la voglia di spaccare ogni cosa che si scontra con la calma apparente invece che ostento “non so perché tu te ne sia andato, forse non eri felice come me, ma non ci posso credere, io lo vedevo dai tuoi occhi che eri felice, forse non ero abbastanza perché tu sei una stella ed io forse provavo a catturare la tua luce, ma non ti avrei mai fermato, non ti avrei mai frenato, credimi” adesso non si tratta più di lacrime solitarie ma di un vero e proprio pianto che lascio cadere come una cascata “voglio giurarti che sei mai ritornerai, tra un mese o tra 75 anni” mi scappa un risolino e scuoto la testa “io sarò qui ad aspettarti, in questa casa che è ancora casa nostra, in questa storia che è ancora la nostra storia”.

Raccontami una storia.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora