Capitolo due.

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Dovevo vedermi con Cara mezzora fa ma chissà perché ero convinto che nonostante il mio abbondante ritardo non l’avrei trovata qui, ed infatti avevo ragione. Mi siedo comunque all’esterno del ristorante, mandandole uno dei miei soliti messaggi minatori sperando che possa muoversi, ma come al solito lei mi risponde che sta arrivando, ma io so che dovrò aspettare. Scorro annoiato sulla home di Facebook, mettendo qualche mi piace e godendomi i raggi di sole sulle braccia nude e per un momento mi sento perso ed insicuro su cosa stia facendo, su quanto mi stia impegnando, su quanto stia dando a questa vita. Ed io lo so che fa tutto parte del percorso, che dopo un’esperienza importante come quella in Africa adesso è normale che mi sembra di perdere tempo, so che dovrei prendere un respiro profondo e ordinare un bicchiere di vino, ma ho 28 anni, un’ottima carriera, dei buoni amici che continuano a farmi le feste nonostante sia tornato da quasi una settimana ed una bellissima famiglia che seppur lontana mi dimostra sempre il suo supporto, ma poi? Può bastare? Perché la carriera mi fa sentire soddisfatto, gli amici mi danno sempre un motivo per ridere e la mia famiglia è sempre un posto dove scappare, ma dove posso restare? Chi mi può far restare?

Ed una risata è la mia risposta che mi fa alzare il collo come un ossesso e spalancare la bocca come un maniaco
“Louis” lo richiamo ad alta voce mentre lui parla esagitato al telefono, gesticolando con la fronte aggrottata e quando mi guarda, gli occhi si assottigliano ancora, mi fa un mezzo sorriso e alza due dita per salutarmi per poi girarsi di schiena e concludere la chiamata, lasciandomi ad ammirare la sua maglietta bianca appiccicata alla pelle da un profondo strato di sudore, ed un paio di pantaloni grigi della tuta che lo accarezzano il modo particolarmente eccitante.
“Siamo a quota tre ah?” dice avvicinandosi, ed il mio sorriso potrebbe bucarmi la faccia per quanto ampio.
“Lo hai ammesso finalmente, occhi blu?” gli domando sarcastico, appoggiando il mento sulle mani a coppa.
“Cosa?” risponde nervoso grattandosi la nuca “intendevo la seconda” continua in modo impacciato “mi stai per caso seguendo?”
“E’ la terza” ribatto io, battendo sulla sedia accanto alla mia per farlo accomodare “nel treno, al pub e qui, perché non vuoi ammetterlo?”
“Perché sei uno di quei tipi superstiziosi che crede a quei detti stupidi tipo la prima volta è il caso, la seconda una coincidenza, la terza il destino” ammette sconsolato accendendosi una sigaretta e facendo scontrare le nostra ginocchia sotto al tavolo. Ci poggio sopra una mano, che lo copre interamente e se per un minuto si lascia accarezzare sia dalle mie dita sia dai miei occhi che si perdono nei suoi, che è tutto bello ma ha questo sguardo che ti distrugge e allo stesso tempo sento che possa ricomporre tutti i pezzi, dopo gira la testa, impegnato nel fumare, impegnato nel negarsi, impegnato nel non farsi leggere o magari raccontare.
“Come hai fatto a capirlo?” lo prendo in giro con la voce leggermente bassa, perché devo ancora capire perché il mio corpo reagisce così al suo, perché sento quest’incredibile voglia di toccarlo, di conoscerlo, di farlo mio, perché realmente New York non è diciamo il paesino in cui vivevo in Inghilterra, è immensa e non so quale millesimo di possibilità ci fosse che una delle ultime persone viste prima di partire fosse una delle prime viste al rientro “Te lo  stavo per dire in questo momento” scuote la testa e ride bellissimo, facendomi una linguaccia “e quello é un piercing, l’alcool non mi ha offuscato il cervello”
“ed invece direi di si, visto che mi hai rifiutato” butta lì, ancora con la testa all’indietro ed i raggi del sole a renderlo la più bella opera d’arte
“non ti ho in nessun modo rifiutato” tendo a specificare “non so nemmeno dove ho trovato la forza di fermarmi” ammetto come un bambino.
“Io sinceramente non avrei voluto” e riconosco in questi occhi che si incatenano ai miei una tristezza ormai mia amica da anni, una tristezza che si nutre di baci mancati e d’amore non ricevuto, una tristezza che vorrei spazzar via a suon di carezze.
“Perché continui a far finta di essere un ragazzo a cui importa solo del sesso?” domando con una facilità unica, mangiandomi subito dopo la lingua. Ci ho parlato per pochissimo tempo ma se c’è stata una cosa che ho capito è che queste frasi lo fanno correre in ritirata, ed io non posso permettermelo.
“Perché lo sono?” ripropone lui ancora più sicuro di se, sorprendendomi.
“Non lo sei” dico serio, guardandolo dritto negli occhi per fargli capire quanto in realtà io abbia voglia di conoscerlo e di non farlo scappare via.
“smettila di psicanalizzarmi” mi copre gli occhi con la mano aperta e mi allontana leggermente
“e tu smettila di allontanarmi” dico bloccandogli la mano fra le mie “è una cosa così difficile da accettare che io voglia conoscerti?”
“Perché sarebbe tutto inutile” spiega richiamando la cameriera con il suo succo “anche se dovessimo andare d’accordo non durerebbe” i suoi occhi non smettono un secondo di lottare, con chi o cosa ancora mi è troppo difficile da capire.
“e perché?” domando rapito da ogni cosa, dal primo ragionamento serio, da come la sua bocca si muove, da quanto i suoi occhi siano veloci ad analizzare le mie reazioni.
“Non puoi amare qualcuno se lo conosci bene” risponde, e non c’è traccia di scherzo nei suoi occhi, non c’è traccia di sbeffeggiamento nel suo sorriso, è il Louis vero “non puoi amarmi davvero se mi conosci bene”
“Styles!” un urlo fa girare l’intero ristorante tranne me, che sono ancora in trance a fissare la freddezza artica di questa scultura davanti a me, che dopo una bomba del genere si ritrova a fare una ricca sorsata dal suo succo di frutta e ad aggiustarsi i capelli.
Ed io vorrei dirgli che io potrei farlo, che potrei conoscerlo e amarlo, che una cosa non ha mai escluso l’altra, che sono disposto a rischiare, ma Cara mi da un bacio sulla guancia “Harry mi presenteresti il tuo amico? E chiudi la bocca che sembri un pesce lesso”
“Louis, piacere” le porge la mano che lei prontamente stringe, e di quel Louis nudo di prima non c’è nessuna traccia.
“Cara, piacere mio. Ti unisci a noi?” chiede la mia amica accomodandosi.
“No, grazie mille” fa educato “ho già fatto, ma sarà per la prossima volta non posso rifiutare l’invito di una bella ragazza come te” scoppiano entrambi a ridere, mentre lui si alza e mi sorride sghembo “riccioli d’oro, noi ci vediamo, ormai l’ho capito che il destino è un bastardo” e si allontana veloce, facendomi un occhiolino prima di sparire dalla nostra vista.
“Ma chi è quello?” chiede Cara rimasta come me a bocca aperta.
“Devo capirlo anche io” perché scappa, perché finge di non avere sentimenti ma ne è pieno, perché voglio conoscerlo come le mie tasche, perché é sempre diverso, eppure sempre se stesso “ma assomiglia incredibilmente a tutto quello che stavo cercando.”
“Non fare quel tono di voce per lui” Cara mi punta un dito contro ed io subito alzo le mani in segno di difesa
“hai usato il tono che usi per parlare delle tue cose preferite” continua ad accusarmi come se fosse una cosa brutta “e non lo hai mai usato per un ragazzo”
“Nemmeno per Sam?” chiedo inclinando la testa e facendo scorrere il dito sul menù.
“Devo ancora capire come hai fatto a vederti con quel tizio per un mese intero” e pensandoci probabilmente quello con lui è stato il mio rapporto più duraturo e non per esagerare, ma sulla mia strada si sono presentati tipi interessati al successo, altri che volevano mostrarmi come un trofeo, alcuni apatici come suole di scarpe, uno che parlava solo del suo negozio di spezie ed io non mi sentivo libero, non mi sentivo stimolato eppure a ventott’anni credo ancora nell’amore da favola, spero ancora di riuscire a trovare qualcuno che mi spinga a lasciare casa mia all’alba per fare colazione insieme, striminziti nel suo letto, qualcuno che mi fotta la testa, che ogni pensiero deve condurre a lui, che ogni gesto deve parlare di lui, spero ancora in quei silenzi riempiti dalle carezze, dai sospiri, dai sogni modellati con le unghie, spero ancora di trovare qualcuno e pensare, okay é lui, e che lo sia, per davvero, per tutta la vita.
“non era tanto male” cerco di giustificarlo
“lo hai lasciato in piena notte dopo aver scopato dicendogli che eri stanco della sua normalità” mi guarda con la faccia perplessa “che poi cosa vuol dire?”
“Non lo so, non lo so” ordiniamo velocemente e poi riprendo “mi dava sempre ragione, facevamo cose che piacevano solo a me e non mi stimolava”
“le prime due frasi sono il sogno di ogni donna” sottolinea Cara con ovvietà “giusto per dire”
“ma non le mie” ribatto quasi acido “voglio qualcuno che sappia tenermi testa tanto da litigarci fino a sbattere le porte e spaccarci la pelle”
“E Louis ci riuscirebbe?” chiede impertinente, pettinandosi le punte dei capelli biondi con fin troppa malizia nello sguardo.
“con Louis perdo di continuo, riesco solo a farmelo scappare” faccio amaro “quindi credo proprio che ci riuscirebbe”
“ed il meraviglioso culo che si ritrova è solo un bonus?”
“un bonus tondissimo e scolpito nel marmo di Carrara” puntualizzo sfacciato “ma sempre un bonus”
“ti piace davvero così tanto?” e dovrei sentirmi incredibilmente offeso dal fatto che aver messo il suo aspetto fisico in secondo piano mostri il mio interesse, ma come glielo spiego quello che sento?
“Non lo so, babe” inizio incerto “io non lo conosco ma ha questi occhi che mi distruggono, che sento vorrei annegarci all’interno, che dal primo momento che li ho visti mi hanno fatto sentire a casa”
“Sembra tanto un incontro karmico” fa sognante, pilucchiando dal suo piatto un po’ di insalata.
“Un che?” domando curioso, prendendo il primo boccone delle mie scaloppine al limone.
“Si dice che nessun incontro sia casuale e che quando si avverte un legame inspiegabile con qualcuno quello è un incontro karmico” afferma con fare quasi scientifico condendo con fare minuzioso la sua insalata con il pollo.
“In parole povere?” chiedo ancora, perché sa quanto queste cose mi affascino ed io abbia sempre una sete insaziabile di queste nozioni
“Harry sono tutte teorie” spiega in maniera abbastanza snervante “ma gli incontri karmici dovrebbero portare dolore o rabbia, quando non si provano sentimenti del genere vuol dire solo una cosa” mi informa prima di bloccarsi per lasciarmi con la suspance ed io vorrei davvero prenderla per capelli e farla parlare, e lei ride difronte alla mia espressione e riprende “che hai incontrato la tua anima gemella, perché tutto quello di karmico, di passato, di negativo, è stato risolto, superato e che quindi l’amore può prevalere sulla rabbia e sulla paura”
“Oh” mi lascio scappare con la forchetta a mezz’aria e la bocca completamente spalancata “oh” ripeto ancora abbastanza frastornato “quindi è stato davvero il destino a farmelo incontrare prima di partire e subito dopo?”
“Il destino o una sana botta di culo” propone con enfasi e scoppiamo entrambi a ridere “non so mai se crederci o meno, ma se ti piace così tanto non fartelo scappare, anime gemelle o meno, potrebbe comunque essere l’amore della tua vita”.

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