Capitolo diciannove.

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“Come stai?" Questa frase si crea spazio tra il silenzio denso che aveva riempito la casa di qualcosa simile alla lava, che aveva inondato e ricoperto divani, sedie, perfino il tavolo è stato a malapena visibile a partire dal momento in cui i suoi piedi hanno superato l'uscio. Si è riappropriato del mio spazio vitale appena io ho avuto il coraggio di cercare di chiuderlo in una valigia, è esploso appena io ho cercato di renderlo tascabile, dimenticabile, aprendo quella porta ho permesso a lui e a tutto quello che si porta dietro di sommergermi, ma la cosa peggiore è che non mi dispiace, mi sento schiacciato, non riesco a respirare, sento quasi che la sua presenza sia paragonabile al rinculo di una pistola non tenuta troppo saldamente, ma piano piano ricomincio a sentire l’aria sfiorarmi il corpo, quell’aria elettrica che mi era così tanto mancata, i peli dietro alla nuca che si rizzano in attesa che qualcosa succeda, mi sembra quasi di sentire il sangue scorrere nei vasi sanguinei e pompare direttamente nel cuore, come se stesse per succedere qualcosa, ma effettivamente qualcosa è successo, qualcosa è cambiato, qualcosa è tornato.
Louis è qui e con la sua solita imponenza, che non ha niente a che fare con il suo corpo ma solo con la sua personalità, e riempie la casa, tutto dietro di me inizia a riprendere la sua forma, il suo odore, il suo colore, mentre io, codardo come sono, dopo aver aperto la porta con gli occhi bassi non ho neanche il coraggio di guardarlo, forse per paura che anche io possa tornare ad adattarmi al suo corpo, al nostro amore. Fisso la città ai miei piedi, e mi sento alienato da casa mia, dalla mia vita, ma il mio corpo è reattivo come non lo era da tempo, risponde ad ogni stimolo esterno, che sia un respiro o una luce che si accende difronte a me, eppure non lo comando, lui osserva, respira, ma non sono io a farlo, io sono bloccato nel mio cervello, con le mani tra i capelli ed un urlo che non riesce a venir fuori dalla bocca e si fa strada con i denti dal mio petto, ecco cosa sta succedendo, la sua presenza mi sta lacerando dall’interno e non posso far nulla per evitarlo.
Forse sarò l'unico, ma ci sono dei momenti della mia vita in cui mi sembra di vivere da passeggero, di guardare gli eventi scorrere come se si trattasse del film di qualcun'altro e non del mio, di non poter cambiare gli eventi, di non essere ancora pronto, di voler urlare di fermare la corsa ma di non avere abbastanza voce, abbastanza forza. Ogni cosa sembra la prova generale dell'evento, ma non lo è, non lo è mai. E neanche questa è una prova generale, non è neanche un sogno, sarebbe solo l’ennesimo, ma è solo uno di quei momenti, in cui sento il cuore rimbombarmi in ogni lembo di pelle e le dita pizzicarmi per la voglia di fare qualcosa, ma cosa?
Cerco il suo riflesso sul vetro e quello che vedo è solo un’ombra troppo magra nascosta in dei vestiti che non gli rendono giustizia, un giorno gli dissi che se fosse per me avrebbe dovuto camminare sempre nudo per casa, perché era il mio peccato originale e la mia pena capitale, perché il suo corpo era l’inizio e la fine di tutto quello a cui volevo dedicarmi. Prendo un respiro profondo portandomi la mano sulla bocca, come per fermare qualcosa, forse la bile, forse la rabbia e d’istinto mi mordo un dito, come per ricordarmi della vita reale, come per smettere di fantasticare e rispondere a quella sua stupidissima domanda.
Come stai mi chiede, come se fossimo due semplici amici che non si vedono da un po', parole di circostanza e un paio di pacche sulle spalle, il lavoro come va? Hai cenato? Posso offrirti una birra? Andrebbe bene con chiunque, posso fingere, ci posso provare a far credere che non sia la persona che più amo al mondo, come se non sia stato disposto ad adattare il mio intero mondo a questo piccolo corpo che ho voluto solo venerare, adorare, come se fosse una divinità che ha scelto di benedirmi con la sua presenza, come se non mi avesse lasciato in un qualsiasi momento, per qualsiasi motivo, per qualsiasi persona, per un qualsiasi cazzo di problema che avremmo potuto risolvere insieme e che sia tornato solo ora, ora che stavo provando a mettere un punto, a riprendere la mia vita da persona normale e non da ameba. Eppure, la sua presenza ha risvegliato tutte le domande che mi hanno tenuto compagnia quando il suo corpo non riscaldava più il mio letto ed il mio cuore.  
Perché mi hai abbandonato? Perché non hai messo la nostra felicità sopra ogni dannato problema come ho fatto io dal momento in cui i nostri occhi si sono incrociati? Perché non ti è importato di lasciarmi appassire come una rosa abbandonata sul ciglio della strada? Perché hai smesso di amarmi? Quando lo hai fatto? Io non ci riesco, ci ho provato, non ci sono ancora riuscito, io ti amo…
"Come sto chiedi?" vorrei che la mia voce risultasse autoritaria, fredda, distaccata, vorrei sembrare un adulto che ha superato egregiamente una rottura ma tutto quello che esce fuori dalla mia bocca è una voce dilaniata, un misto tra un ringhio ed una richiesta di aiuto, come ogni volta che respiriamo la stessa aria mi destabilizza, ma questa volta abbiamo superato quel confine leggero che mi faceva ardere di desiderio e al tempo stesso mi faceva impazzire per capire ogni suo comportamento, questa volta la sua presenza mi distrugge semplicemente, raffinandomi in mille granelli di sabbia che il vento ancora debole di Settembre non riesce a spazzare via "alla grande, credimi sto passando il miglior momento della mia vita" la mano si aggrappa al vetro al punto da far sbiancare le nocche e tremare le vene, come se esercitando questa inutile pressione possa trovare la forza che cerca da un bel po' per rimettere insieme i pezzi di un corpo martoriato dal dolore
"non volevo farti del male" la sua voce arriva lontana, ovattata dai sensi di colpa e dai giorni passati divisi e mi sembra di non conoscerla, meno di cento giorni e la memoria inizia a vacillare, possibile? Dove sei stato? Perché non eri accanto a me? Certe volte l'amore non basta a incastrare i ricordi nella memoria, certi ricordi rimangono solo un alone sbiadito nell'anima di chi non se n'è mai andato "non avevo intenzione…"
“Sono le azioni che fai, le parole che dici che ti rendono chi sei” spiego con cattiveria guardando ancora con insistenza una stella più luminosa delle altre nel cielo nero che accoglie come ogni altra volta i nostri litigi. Questo cielo che è stato azzurro, pulito, in questi mesi in cui lui non c’è stato, spesso poco prima del crepuscolo tutto il cielo diventava del colore degli occhi di Louis ed io mi sentivo meno solo “non i buoni propositi, non quello che intendevi fare, intendevi dire, quelle sono chiacchiere!” Il pugno si chiude stringendo all’interno il pollice fino a farmi male, però i miei pensieri sono così diversi dalla reazione che il mio corpo sta avendo, sta reagendo all’abbandono in maniera fisica, ho trattenuto per tutto questo tempo il dolore, la rabbia, dicevo a tutti che stavo bene, che avevo paura solo che non stesse bene, che mi sarei ripreso, ed invece adesso sto crollando, e lo sto facendo con rabbia.
Voglio rompere qualcosa, voglio rompermi qualcosa, ma voglio sentire qualcosa che non sia la sua presenza in questa casa, perché per me, per la mia anima questo potrebbe bastare, la sua sola presenza potrebbe sanare ogni cosa, ma il mio corpo si ribella, perché è lui che è stato in catene, è lui che ha dovuto fingere, è lui che senza Louis al suo fianco non ha più riposato veramente.
“Pensi che sarei stato in grado di fare tutto nel verso giusto?” la supponenza con cui pronuncia questa frase mi fa voltare di scatto, come se le sue parole avessero avuto la forza di prendermi dalle spalle e sbattermi contro la vetrata ed è la prima volta che lo guardo davvero in faccia, e chi è questa persona? Non è il mio Louis, è uno schizzo a matita del ragazzo che popola i miei sogni ed i miei incubi, i suoi occhi sono appena abbozzati con il chiaroscuro che non li rende neanche realistici, semplicemente bidimensionali, sembrano messi lì di proposito, perché non sarebbe potuto essere altrimenti, non perché effettivamente il loro posto è quello. E sembra così diverso dalla persona che ho lasciato in lacrime per me in aeroporto ma anche dal ragazzo che ha accompagnato il mio viaggio in Africa, i suoi occhi non sono impolverati ma semplicemente rotti. Te ne accorgi se una cosa è spenta o rotta, io me ne accorgo, me ne sono sempre accorto, perché è come se la vita avesse una fiammella particolare in grado di ardere sotto strati e strati di polvere, centinaia di detriti, milioni di offese e che basta poco per rianimare, una carezza delle volte, altre un bacio, la maggior parte delle volte basta un po' di umanità, un attimo di intesa e l'interruttore si alza da solo, di sicuro lentamente, ma piano piano si ritorna a vivere. Perché quello che conta davvero è restare umani, non diventare automi, non diventare macchine. Ed io ho assistito a tutto questo, quella fiammella l'ho coltivata, l'ho rianimata, l'ho venerata ma adesso non la vedo, perché lui adesso non ha messo in pausa la sua vita, non ha voluto staccare da tutti e ha spento i sentimenti, non ha fatto addormentare la sua anima, l'ha uccisa. Ecco perché la sua voce è diversa, ecco perché è tutto irrealistico, ecco perché non è venuto prima, si sta punendo. E’ riuscito a rompere quell’anima che io ho sempre visto vivere a colori, prima nei miei sogni e dopo con tutti i nostri sforzi nella nostra vita, è diventato una di quelle macchine che lui ha sempre detestato, si è piegato all’automazione senza rendersi conto di andare contro ogni sua etica, ogni suo ideale, o forse lo sa e non gli importa, forse lo sa e lo ha fatto di proposito a diventare tutto quello che ha sempre odiato, lui che era un’anima pura in un mondo fatto di cose è diventato cosa e non persona, corpo e non spirito, materiale macchinoso al posto di carezze, baci, parole. E nonostante questa certezza mi colpisca in faccia come uno schiaffo, non riesco a smettere di essere arrabbiato, sono il suo carnefice e non mi importa, anzi, se possibile, vorrei solo essere in grado di arrabbiarmi maggiormente, perché ha distrutto tutti i nostri progressi, se ne è andato fregandosene di me, di quello che avevamo costruito e soprattutto facendo del male a sé stesso, e forse quest’ultima è la cosa che non potrei perdonargli, almeno non adesso, non in questo momento, ora che mi sbatte in faccia la realtà, una realtà che non mi piace, che non riconosco, che non accetto.
“Non lo so Louis” la mia voce asettica fa rabbrividire entrambi ed io continuo ad odiare questo sentimento alla bocca dello stomaco ma non riesco a fermarlo, nonostante sia chiaro che io non sia stato l'unico a soffrire, voglio che riesca a capire il dolore che mi ha inflitto, sono completamente cosciente delle azioni che sto facendo, del tono di voce che sto usando ma allo stesso tempo vorrei essere in grado di fermarmi, perché io non sono così', perché lui non lo merita, perché noi due non lo meritiamo “so solo che avevo visto qualcosa in te, forse se avessi parlato di più, se non mi avessi allontanato, forse…”
“Ti avevo avvisato” mi ricorda come una fastidiosa sveglia lasciata suonare nel tuo unico giorno libero, e sento ancora rombare nelle orecchie tutte le volte che pedante mi aveva ripetuto di non fidarmi, che non sapeva amare, che non sarebbe andata a finire bene. Ed invece impavido, ho creduto davvero possibile che tutto si concludesse nel migliore dei modi, che da certe ferite si può guarire, che potesse imparare ad amarmi nel modo giusto, perché Louis mi ha amato, di questo sono certo, eppure la domanda che mi attanaglia lo stomaco è se esiste davvero un modo più giusto di un altro per amare. Perché sono convinto che se fosse rimasto, avremmo continuato a vivere la nostra storia attraverso le mille ragioni che ci creavamo al giorno per amarci un pizzico di più, avremmo continuato a baciarci con gli occhi in maniera sporca e ad accarezzarci come se potessimo romperci, mentre per tre mesi non è esistito. Non è esistito perché se lo fosse non mi avrebbe lasciato, avremmo raschiato il fondo insieme, con le mani, con le unghie, ma se ne è andato e mi si inumidiscono gli occhi alla sola idea della distanza che invece intercorre tra di noi, sia fisica che mentale, perché sarebbe facile dire che ha smesso di esistere, ed invece no… “Andava tutto così tanto bene” mormoro a denti stretti sentendo le barriere cedere pericolosamente perché mi sono tormentato pensando a cosa avrei potuto fare, a cosa magari avrei potuto evitare, a cosa avrei dovuto notare
"sei tu che sei andato via" mi accusa ed i miei occhi iniziano a pizzicare per il risentimento o forse un po' anche per i sensi di colpa, colpito e affondato. Per i primi tempi venivo svegliato nel cuore della notte da questo quesito martellante, sarebbe sparito anche se io fossi rimasto in città? Quel dannato cellulare dal quale mi ha chiamato quella mattina di chi era? Si è reso conto di non amarmi più quando io sono andato via o ci stava già pensando?
"Non azzardarti" stringo i pugni e mi vergogno della voglia che ho di colpirgli il petto per fargli sentire solo un po' della rabbia che provo, per fargli sentire solo un po’ del dolore che mi ha ripetutamente trafitto il corpo quando mi sono reso conto che non sarebbe arrivato più con il suo odioso odore di caffè, di cocco e di pece. Dov’è il suo odore? Non può aver smesso di ballare… "io sono andato lì a lavorare, ci siamo sentiti ogni dannato giorno, sei tu che non hai un cazzo di cellulare" respiro profondamente e nonostante non sia in grado di incastrare ancora i suoi occhi nei miei, noto la sua attenzione su un particolare, non capisco cosa ma sta guardando qualcosa… il mio collo, e la mano corre a coprire qualcosa che conosciamo solo noi
"Cosa hai fatto?" alza la mano ma non si avvicina mai davvero a me, vedo ogni suo movimento lento, costretto dall’etichetta di ex fidanzato. E mi scappa un risolino, proprio lui che etichette non ne ha mai volute adesso si piega a quella del cattivo ragazzo che non riesce a cambiare, che non vuole cambiare, del fidanzato stronzo che ha abbandonato tutto e tutti "Togli la mano tesoro"
"Non ho fatto niente" cerco di liquidarlo ma dai suoi occhi noto come le mie intenzioni non vengano rispettate, quel tesoro a leccare le ferite che non mi ero accorto di avere, quel dubbio che possa anche solo pensare che sia stato un altro ragazzo a farmelo "Non avvicinarti più di così" lo avverto e lui sembra pietrificarsi mentre le mie speranze si sbriciolano, Louis, il mio Louis non mi avrebbe mai ascoltato, si sarebbe buttato su di me e avrebbe combattuto con le unghie per ottenere qualcosa. Invece questo ragazzo è statico lì, incerto su cosa dire, come comportarsi, cosa potersi permettere. "non ho fatto niente, è un tic, quando sono nervoso mi pizzico il collo" e mi rendo conto di non essermene neanche accorto, ho fatto quella stupida valigia senza accorgermi di niente, oppure è stato quando non riuscivo a trovare il coraggio di parlare? Fatto sta che devo prestare più attenzione, è successo già, un paio di mattine mi sono svegliato con quello che sembrava un succhiotto al solito posto, solo che dopo pochissimo andava via, altre volte quando ero sovrappensiero mi pizzicavo, forse per ricordarmi quanto il dolore fosse reale, forse per ricordarmi che la vita va avanti, forse per illudermi che non mi avesse mai lasciato. È come se mi aggrappassi a me stesso senza però farmi male, come se non potessi sopportare inconsciamente l'assenza delle sue labbra a riscaldare la mia coscienza da quel varco che le sue stesse labbra avevano creato
“È rosso" sottolinea l'ovvio e sono io ad alzare gli occhi al cielo, quante volte l’ho sgridato per quest’orribile abitudine? Un altro risolino mi scappa ed io so che lui sta seguendo i miei pensieri, era uno dei motivi per il quale da subito ci eravamo trovati bene, i nostri cervelli si collegavano in un unico server e capivamo i nostri sospiri, completavamo le frasi dell’altro, sapevamo dove stessimo andando a parare tranne quando lui con quei suoi soliti salti temporali alla Nolan pensava a cosa fosse successo dall’altra parte del mondo perché lui aveva sbattuto le ciglia
"Non sei venuto per controllare il mio stato di salute, o sbaglio?" non levo la mano dal collo ma sento quel lembo di pelle pulsare come se avesse sentito il richiamo del suo legittimo proprietario "Te ne sei fregato per un po', puoi continuare a farlo" abbassa lo sguardo trafitto dalle mie parole e la cosa aumenta il fastidio che provo, perché lui dovrebbe piangere, pregarmi di perdonarlo, ed invece è algido, incassa i colpi senza crollare, si distrugge dall'interno ma gli unici segni di cedimento sono i suoi occhi, di cui adesso mi priva ed io dovrei sapere che quelli bastano, proprio io che ho combattuto per quei diamanti, per quei due pozzi da cui è nato tutto, ma non posso controllarmi, non posso continuare a capire, ad assecondarlo, non posso fingere che vada tutto bene, perché non è così... "tre mesi Louis, tre mesi a farmi una sola domanda, perché?"
"Avevo capito che era arrivato il momento giusto per andarmene" mi informa come se fosse mancato un weekend, come se mi avesse detto che andava in una spa a rilassarsi un po'. Cosa diamine ci siamo preoccupati a fare tesoro? Mi sono preso solo una piccola pausa di riflessione di tre mesi che ha fatto morir di paura chiunque mi voglia bene e che ha portato il mio fidanzato più di una volta ad avere dei crolli emotivi in piena notte che lo portavano ad un passo dal denunciare tutto alla polizia. Ma poi ricordavo lo sguardo di Liam, quel giorno mi strinse e mi disse sta bene, fidati di me, ed io continuavo a girare come un pazzo per le strade, rintanandomi nei posti più disparati che sapevo sarebbero piaciuti a lui. Perché la realtà è questa, io non riesco ad accettare tutto l’insieme, se mi avesse lasciato normalmente non avrei potuto fargli una colpa, l’avrei odiato un po’, ma se smetti di amare, se smette di importartene perché continuare? Ed invece lui ha voluto fare tutto in grande stile, sparire quando io non ero presente, dire delle cazzate al suo migliore amico e non lasciare traccia, facendomi domandare se fosse vivo, se stesse bene, se era giusto non aver denunciato la sua scomparsa. Perché se avesse parlato, se solo mi avesse detto che magari stavamo correndo troppo, se mi avesse chiesto di fare uno, dieci, cento passi indietro io avrei corso questa maratona al contrario pur di tenerlo al mio fianco, ed invece no, testardo come un mulo ha voluto fare di testa sua, come se fosse ancora solo. Questo ha fatto male, la consapevolezza che nonostante tutto lui abbia agito solo pensando a sé stesso, infischiandosene di chi sarebbe rimasto a casa, di chi avrebbe sofferto, fottendosene di me.
“Perché?” mi mordicchio il medio dopo aver congiunto le mani davanti alla faccia, in una preghiera che di sacro non ha nulla, nella mia scatola cranica si susseguono parolacce, preghiere, gemiti e dolore, ma ognuna di queste cose è da associare a lui, è sempre tutto associato a lui, ancora dopo tre mesi, ancora per chissà quanto tempo
“Perché avevo capito come essere felice con te" il groppo in gola è più amaro del solito da mandare giù, perché speravo si fosse reso conto di non amarmi più, ed invece no, ammette anche che eravamo felice, ammette spavaldo che è stata una scelta allontanarsi da me "dovevo scoprire se fossi in grado di esserlo da solo”
“Ci sei riuscito?” mi scappa una risata isterica dalle labbra che cerco di chiudere nel pugno della mia mano ma lui mi guarda e poi abbassa lo sguardo, ha accettato di avermi ridotto a ridere di lui
“Sto bene con me stesso, ma con te sto molto meglio” le ciglia sfarfallano contro le sue gote mentre le parole soffiano appena nella camera e mai prima d'ora mi sono sentito imponente su di lui, ho la sensazione di poterlo schiacciare con un dito, con una parola e questo sentimento mi fa schifo, mi fa schifo avere così tanto potere su una persona da poterla annientare, come si può desiderare questo dalla vita?
“Non sembri stare bene” ribatto con l’intenzione di schernirlo, lo squadro da testa a piedi e non lo riconosco eppure tutto di lui è familiare, come un amico di classe del college che incontri dopo venti anni al supermercato, riconosci il suo viso, la sua voce rientra nelle tue orecchie e trova la sua gemella meno matura, ma per il resto lui è un estraneo, che lavoro fa? Si è sposato? È davvero felice? Ti ha mai pensato?
“Stavo bene anche prima di te” dice mentendo a sé stesso “vivevo solo una vita diversa, dove mi rintanavo nella musica, nel ballo, nelle fotografie”
“Mentre ora?” chiedo sarcastico “Non stai ballando, il tuo profumo ti ha tradito, cosa hai fatto? Dove sei stato?”
“Ora sono tornato” dice lapidario, è l’unica cosa che conta risuona nel mio cervello, con le nostre due voci ancora una volta mischiate in un amplesso fatto di dolore
"E quindi adesso?" mi massaggio il ponte del naso per calmare i respiri "Sei tornato e tutto dovrebbe tornare come prima? Come mi sono sentito io non conta…" sento tante piccole spine fatte di ghiaccio pungermi la pelle, perché è quello che vorrei, vorrei tantissimo essere in grado di stringerlo a me e baciarlo fino a dimenticare tutto il dolore, tutte l'assenza che mi ha lasciato, ma non posso, non funziona così, non riesco a chiudere gli occhi e a far finta che non sia successo niente, ho bisogno del mio tempo, ho bisogno di capire, ho bisogno di accettare che la vita non va mai come noi vogliamo e che gli uomini sbagliano. E che Louis è un uomo, non è perfetto, non è il protagonista di quella storia d'amore che era partita dai suoi occhi. Cazzo è sempre partito tutto dai suoi occhi, occhi che adesso mi guardano speranzosi ma ormai arresi, occhi che ormai non riconosco ma che vorrei tenere al caldo, accarezzare e avere il coraggio di sussurrare contro il suo collo che andrà tutto bene, che ci rimetteremo in piedi "amare non è dire addio, Louis" sbatto un pugno contro il tavolo e trattengo le lacrime ma lui scuote la testa sorridendo eppure noto come stringe una mano nell'altra per non permettermi di vedere come sta tremando…
"No, amore è dirsi addio e tornare più forti di prima" sembra quasi proporre tremulo, la convinzione che aveva in ogni cosa è sparita con la sua vitalità, sta cercando le parole giuste, ma non le trova, perché sa di aver fatto una cazzata, perché se non avesse fatto passare tutto questo tempo sarebbe stato un po' più facile.  Decido però di farlo parlare, lo guardo fisso, avvolgo il collo con le dita che iniziano a stuzzicare il solito posto e attendo in religioso silenzio "mia madre non stava bene, madre, quella donna che mi ha messo al mondo ed io l'ho saputo solo perché Liam si sente con mia sorella” mi ha raccontato spesso delle sorelle, di come lo avessero salutato piangendo, di come lo avessero pregato di non lasciarle ma oltre il solito velo di tristezza sui suoi occhi quando parlava della sua famiglia, non mi aveva mai parlato di voler rimettere in piedi le cose, di voler creare qualcosa di reale di nuovo con loro “e mi sono sentito una merda, io, loro fratello, suo figlio, l'ho scoperto mentre dovevo chiamare te un giorno e mi sono chiesto perché avrei dovuto toglierti la possibilità di conoscere la mia famiglia, di ridere delle mie foto da piccolo, di parlottare contro di me con tutte le mie sorelle” prende un respiro profondo e vorrei davvero urlare, perché non ha senso, mi sta dicendo che lo ha fatto per me? “io avrei voluto conoscere la tua famiglia, voglio guardare negli occhi la tua cagnolina e pensare a quelle dannate fotografie, voglio passare con i tuoi genitori il 4 Luglio facendo un picnic o qualsiasi cosa faccia una famiglia felice all’aperto, ma io cosa avrei potuto darti?” stanno per cedermi le ginocchia, perché non può esistere una persona così stupida e allo stesso tempo così naïve da farsi questi problemi e soprattutto perché vorrei correre ad abbracciarlo, perché ci eravamo creati qui la nostra famiglia, ma erano comunque i miei amici e non i suoi, perché gli avevo parlato spesso del momento in cui avrebbe incantato mia madre, non capendo che lui una madre non sa neanche cos’è e mi mordo il labbro fino a sentire in bocca il sapore ferroso del sangue. E mi rendo conto di iniziare a trovare alcune risposte a quelle domande che mi hanno reso così arrabbiato e frustrato durante questi mesi, mi rendo conto che certe ferite non guariscono mai, si impara solo a conviverci, mi rendo conto che delle volte l’odio non basta, perché nonostante tutto quello che si è abbattuto su di Louis il suo animo è ancora puro come la neve, mi rendo conto di capirlo perché lo amo e ho accettato tempo fa le sue stranezze, i suoi pensieri che non seguono mai un filo logico ma che al contrario corrono all’impazzata, come se qualcuno li stesse inseguendo, e loro si perdono per poi ritrovarsi in azioni che agli occhi degli altri sembrano sconclusionate e per lui invece non sono altro che la giusta conseguenza, la cosa giusta da fare. Lasciarmi, per lui è stata la cosa giusta da fare, perché la mia assenza gli ha lasciato il tempo e lo spazio per far rincontrare tutti quei pensieri nati dalla paura, dalla solitudine e quel messaggio di sua sorella ha congiunto i fili di una trama troppo complicata, spesso piena di buchi di sceneggiatura ma che lui ha voluto portare a termine “e soprattutto non era giusto lasciare le mie sorelle ad affrontare tutto da sole, sono il loro fratello maggiore dopotutto” tira su con il naso e gli occhi sembrano in un lampo diventare gioiello “e lo giuro che non era niente di organizzato ma leggere quel nome, vedere la faccia di mia sorella, mi ha fatto piombare tutto addosso e non sapevo cosa stessi facendo, giuro che era tutto confuso ma sapevo che dovevo chiudere e aprire alcuni capitoli prima di poterti guardare di nuovo negli occhi" non parlo ma inizio ad ammorbidirmi, le spalle non sono più tese ma si piegano all’interno come a volersi rendere più vulnerabili, anche il collo si abbassa, le orecchie smettono di fischiarmi per quanto rosse. Sapevo che fosse tornato in Inghilterra, il mio corpo lo sentiva e se non fosse stato così il destino ci avrebbe fatto incontrare, come è successo così tante volte e più di una volta l'ho anche detto a Nick ma sapere che si è scontrato di nuovo con la mamma mi fa venir voglia di abbracciarlo, di consolarlo, di spazzolargli i capelli e dirgli di non preoccuparsi, che le cose andranno bene, che siamo noi, la sua famiglia è qui, ma ci sono legami di sangue che non spezzi, che gli amici diluiscono ma il dolore rimane attaccato come un dannato filo. Ed invece resto in silenzio e questa è la prova che non sono affatto una brava persona come tutti credono, non sono quella brava persona che Liam stringeva piangendo, non sono così buono da spalancargli le braccia e semplicemente esserci "non volevo aver incontrato la persona giusta al momento sbagliato, volevo farti una sorpresa, volevo creare il nostro momento giusto"
"Se fosse stata solo questione di tempo perché non dirmelo?” chiedo fin troppo pacato, non mi sentivo capace di usare di nuovo questo tono con Louis, ed invece eccomi qui che uso la mia voce migliore per non farlo arrabbiare “non ti avrei mai bloccato”
“Avevo bisogno di sapere di non trovarti al mio ritorno” ammette dopo alcuni attimi di silenzio in cui ha ponderato esattamente le parole da dirmi, sapere di avere un porto sicuro avrebbe significato poter scappare in ogni momento, poter tornare da me e sapere che lo avrei accolto con il mio miglior sorriso ed un bicchiere di vino, invece in questa maniera sapeva di trovare questo, di doversi guadagnare il mio perdono, è tornato sapendo di trovare questo, di doversi scontrare con la mia freddezza, con la mia paura, con ogni dannato sentimento negativo che lui conosce purtroppo fin troppo bene e che io avevo giurato di non riservargli mai "Volevo sistemare questo schifo di vita prima di sporcarti, sei così buono ed io ti ammiro da così tanto tempo"
“Cosa vuol dire?” scansa il mio sguardo ed io mi accorgo che sta per mentirmi e non posso sopportarlo, non adesso che stiamo costruendo questa pace sulla verità “La verità Louis, sennò finisce male”
“Sapevo chi fosse il grande Harry Styles” ammette ancora con gli occhi bassi “non conoscevo la tua faccia perché non ero mai stato ad una tua mostra ma avevo una foto piccola, quanto avrei voluto una gigantografia di quella foto in camera mia, della foto della Copeland con un meraviglioso abito da sera in pizzo bagnato e le scarpette da ballo che librava letteralmente per aria” avevo partecipato al servizio fotografico per un’intervista per il New York magazine e poi erano nate alcune foto private, fatte nell’intimità della nostra nuova confidenza basata sulle parole dure rivolte al mondo del balletto classico che secondo lei era troppo legato ad un passato arcaico e che non aveva voglia di aggiornarsi. Quelle parole che si scontrarono con la dura verità che anche qualcosa come la danza, fatta di coreografie, lustrini ed impegno abbia una facciata scura, fatta di razzismo, esclusione e vecchie tradizioni, proprio come ogni altro ambiente in questa nostra società malata, ogni tanto ci sentiamo ancora, ogni tanto le chiedo se è riuscita a togliere le ragnatele, ogni tanto mi chiede se ho cambiato un altro angolo di mondo “quella foto mi ha dato la forza per tanti anni, e averti davanti a me all’inizio mi destabilizzava, come potevi tu, volere me? Ma poi l’ho accettato, poi cazzo se mi sono innamorato di te, sentivo di appartenerti con ogni cellula del mio corpo e guardarti negli occhi mi dava la certezza di non essere quel mostro che mia madre mi ha fatto sentire per anni” cade una lacrima silenziosa, solo una che subito scaccia con il dorso della mano “ma poi come il suo nome è tornato ad intaccare la mia meravigliosa vita mi sono accorto che era tutta una facciata, che continuavo ad essere quel diavolo che ha abbandonato tutto e tutti per uno stupido sogno, che è stato costretto a scopare per soldi pur di pagarsi un biglietto per New York e che non ti meritavo, non potevo baciarti, accarezzarti il viso avendo ancora le mani sporche di abbandono, di sesso, di cattiveria” gli occhi ancora spenti mi fanno però rivivere il Louis dei primi tempi, quel Louis che voleva scopare per allontanarmi, quel Louis che si è fatto baciare e poi ha negato tutto, quel Louis di cui mi sono innamorato nonostante la polvere “avevo bisogno di lavarmi le mani da solo capisci? Non potevo sporcarti, non ti meritavo in quelle condizioni…”
"Fanculo Louis, fanculo tu e questa malsana voglia di fare tutto da solo" gli do le spalle e ritorno a guardare la città, io non sono buono, lui non doveva andarsene ed io voglio solo chiudere gli occhi e svegliarmi da questo incubo interminabile, e mi incazzo anche con me stesso, perché sto capendo le sue ragioni, come se fossero davvero tali, perché sto cedendo alle sue spiegazioni, perché ancora una volta a colpi di parole sta mettendo a tacere le mie paure, ma non deve bastare, eppure le lacrime scorrono silenziose anche contro le mie gote stranamente abbronzate  "fanculo tu ed il voler salvare il mondo, sai che è possibile chiedere aiuto?” mi appoggio con la fronte al vetro, perché sarebbe stato meglio che mi odiasse, e non questo, a questo io non posso resistere: è stato stupido, avventato, ma è il mio Louis ed io so che mi ama ancora. Prendo dei respiri profondi, non so quanto tempo sia passato, non so per quanto tempo lo abbia costretto in silenzio, proprio lui che lo odiava, e mi volto ancora, lui è in attesa con lo sguardo basso e i piedi piantonati come un soldato di ferro “Non a me okay, almeno a Liam, credo lo abbiano avvisato le tue sorelle che fossi da loro, forse dopo 15 giorni o un mese?" fa un passo indietro e annuisce, quindi Liam ha davvero sofferto con me per tutto quel tempo non sapendo dove fosse e poi cosa? Un sms da una sconosciuta, neanche da quello che consideri tuo fratello e per il quale hai abbandonato tutto
“Te l’ho detto che per me è tutto nuovo, tutto difficile, tutto troppo…” ingoia saliva a vuoto e si gratta il cuoio capelluto con rabbia “Nessuno mi ha mai insegnato che piangere faccia bene, che essere vulnerabili sia normale, nessuno mi ha mai insegnato ad avere dei punti di riferimento e a poterli scegliere da solo” si massacra il labbro tra pollice e indice e fa un respiro profondo “Mi hanno insegnato che correre come una femmina fosse sbagliato, mi hanno insegnato a farmi i fatti miei se qualcuno veniva preso in giro sennò sarei stato io il prossimo, mi hanno insegnato che l’amore rende deboli, mi hanno ricordato che non avrei mai potuto amare”
“Ancora?” e smetto di respirare fin quando non lo sento trattenere un singhiozzo che mi fa tremare le ginocchia come conferma ad ogni cosa. Come si può desiderare ferire il proprio figlio, il sangue del proprio sangue, in questa maniera? Quale persona sadica e malata può desiderare augurare ogni male alla persona che dovrebbe proteggere?
“Mia madre quando mi ha visto si è fatta una risatina e ha girato la testa verso la finestra” adesso sono completamente voltato verso di lui anche se la mano è ancora aggrappata alla vetrata “mi ha chiesto come mai fossi tornato a rovinarle gli ultimi giorni sulla terra” una risata morta gli squarcia la bocca ormai martoriata “mi ha detto a chiare lettere che morirò solo, perché nessuno che mi conosce davvero vorrà avere a che fare con me” tira su con il naso e si morde il labbro superiore “mi ha maledetto per la vergogna che ho portato sulla nostra famiglia ed io avrei voluto risponderle in mille maniere diverse ma le ho solo detto che ero andato lì solo per augurarle un buon viaggio all’inferno e che se sarà destino ci vedremo lì”  
“Louis…” le mie gambe si muovono in automatico verso di lui e lui prima arretra e pone le mani in avanti, come se avesse paura di me “Louis…”
“Non toccarmi” fa due passi indietro ed io cerco di colmare subito questo spazio, perché posso essere tante cose, posso volerlo far soffrire, posso essere incazzato quanto voglio, ma non posso lasciarlo crogiolarsi nell’odio che la mamma gli ha regalato come eredità
“Louis non potrei farti del male” le mie parole si fanno suadenti, accarezzo quelle ossa un po’ scoperte per colpa dei nuovi colpi inflitti “mai, per niente al mondo”
“Non ho paura di te” le mani tremano a pochi millimetri dal mio corpo “ho paura di me, ti ho già fatto troppo male”
“Vieni qua” lo tiro a me e sembra ricominciare a respirare solo respirando il mio odore "Sai cosa me ne fregava del tuo dannato passato?” lo stringo più forte e sento ogni osso stridere al contatto con la mia pelle “Sai cosa me ne frega di cosa pensa tua madre? Ogni sera bevevo dalle tue labbra la vita, l'amore, la gioia e mi bastava quello, mi sarebbe bastato per sempre averti al mio fianco e sarebbe sempre stata una qualsiasi giornata di sole nel dicembre più freddo di Mosca, era così no? " Annuisce e si incastra maggiormente sotto il mio collo e forse davvero c’è stato bisogno di separarci per capire quanto fondamentale sia lui nella mia vita e spero io nella sua, perché forse non ritorneremo insieme, ma non potrei mai vederlo sparire dalla mia vita, non accetterei mai di non sentire più la sua risata
“Non parlare con malinconia” strofina il naso contro quel pezzo di pelle e lo sento sospirare ma subito dopo il suo corpo viene scosso da un singhiozzo, la pelle così sottile da sentire il cuore tremare, la corazza lasciata ai nostri piedi che lentamente sparisce “non parlare al passato”
“Louis va tutto bene” gli accarezzo la curva finale della schiena con forza e sento che forse questo non è il nostro tempo, non qui, non ora “sono qui, tua madre adesso è nel posto che si merita e tu ricomincerai a vivere”
“Io ricomincerò a vivere, giusto?” si allontana per guardami in faccia e le lacrime gli rendono gli occhi come di vetro, io che in quegli occhi avrei passato l’esistenza sono colui che gli sta togliendo ancora una volta il porto sicuro a cui attraccare “Non noi…”
“Louis calmati adesso” cerco di avvicinarmi ancora ma adesso non vuole farsi più toccare, io che lo sto baciando con gli occhi, lo sto stringendo con l’anima “parlami delle tue sorelle, come è stato rivederle?”
"Ti chiedo perdono okay? Urla dando un pugno contro il suo petto, all’altezza di quel cuore già troppo malandato "Non so che cazzo fare okay? Il mio cervello non funziona" urla mentre si colpisce ripetutamente le tempie
“Ti calmi per cortesia?” ricomincio ad alzare la voce ma vederlo in queste condizioni mi fa paura, cerco perfino di bloccargli le mani ma lui per arretrare inciampa e cade con un tonfo sordo, lo stesso che sento al centro del mio petto “ricordi cosa mi dicesti una volta? I lieto fine non esistono, sono solo storie che non hanno avuto il tempo di farsi raccontare” le lacrime scendono copiose, senza vergogna le lascio fare quello che vogliono, almeno loro possono seguire quello che è il loro destino “la nostra storia non avrà avuto un lieto fine ma la tua di storia non è finita, sono qua, non ti lascio solo” Piange come non ha mai pianto davanti a me, piange forse come non ha mai fatto in tutta la sua vita “Louis ti prego, vederti così…” mi abbasso sulle gambe senza mai toccarlo davvero e lui si rannicchia e si lascia inchiodare dai miei occhi. I suoi meravigliosi occhi anche se solo accennati mi riportano alla memoria tutti i bei momenti che abbiamo passato insieme e la voglia di piangere strappa la facciata da ragazzi offeso ma impenetrabile
“Non riuscirai mai a perdonarmi?” si asciuga il naso con il polso sottile ma abbronzato ed io vorrei essere in grado di dire che è già tutto passato, che vederlo qui sta già suturando le ferite che mi ha inferto andandosene, ma sono troppo orgoglioso per farlo, sono una testa di cazzo che non può continuare a lottare per qualcosa, per qualcuno, che potrebbe svanire e dissolversi da un momento all'altro
"Non c'è nulla da perdonare" ingoio saliva e sentimenti negativi e la bocca finalmente riacquista il sapore di pulito "ma il problema vero è che ti perdonerei anche se non me l'avessi chiesto, ti perdonerei per le stramaledette cose che non hai ancora fatto, ti perdonerei tutto, perché io ti amo ed è questo che vuol dire amare ma non..." mi manca il fiato per continuare, le parole si rincorrono senza mai seguire un ordine logico, si rincorrono e si perdono nel mio cervello risucchiate dalla bolla di sentimenti che si sta espandendo senza sosta "non so che fare Louis, la reputi vita una nella quale aspetto solo che tu spinga più a fondo il coltello?" Incassa ancora una volta, ammaestrato come non lo è mai stato e la bolla ribolle ancora più forte "Ti sei mai chiesto dov'ero?" La voce mi cede "Come stavo non sapendo dove fossi?" crollo anch'io all'indietro, le ginocchia non hanno retto più il peso del mio corpo e del dolore e atterro sul mio sedere in maniera scomposta, con la punta del piede, ricoperta solo dal calzino, a sfiorare il suo ginocchio. Le gambe al petto lo fanno sembrare un bambino ma tutto il resto appartiene ad una persona che ha vissuto troppo in troppo poco tempo, una persona che ha attraversato l’inferno e si è fermato quel secondo in più a farsi mangiare dai demoni "non è questione di perdonare, è questione di accettare" lo guardo e siamo alla stessa altezza "in piena notte venivo svegliato dalla consapevolezza di non sapere se stessi bene, e quella lama mi tagliava continuamente la pelle, facendomi soffrire ogni minuto di ogni dannata giornata" annaspa alla ricerca di aria, quell’aria che sto bruciando con le mie parole e che si sta tramutando in fumo, che brucia nei polmoni, che ci lascia la bocca amara, che ci farà chiudere gli occhi e pregare in silenzio che tutto finisca presto “giravo per la città scattando foto a cose che non sapevo se avremmo mai potuto vedere insieme, ogni mattina andavo da Niall bevendo il tuo dannato caffè e chiedendomi come stessi facendo senza, rientravo in casa e trovavo le tue camice in giro e mi addormentavo piangendo e stringendole al petto” senza rendermene conto lascio alle lacrime libera uscita, condendo questo momento triste di quel pizzico di strazio in più “ogni respiro bruciava più del precedente perché dimenticavo il tuo profumo, ogni mattina il mio corpo era più pesante, perché non avevo dormito con te al mio fianco, ogni fottuto bicchiere di vino era più amaro perché non c’erano le tue risate a farci compagnia” mi asciugo le lacrime e lo guardo, metto a freno la lingua e rimango in silenzio, perché non so cosa fare ma io non posso accettare un mondo in cui il mio Louis è rannicchiato per terra, con le gambe al petto e le labbra maledettamente gonfie a causa dei morsi che si é autoinflitto. Ma il corpo, il mio corpo è sempre più reattivo della mia mente, così analitica e razionale, e non mi ci vuole più di un secondo per sporgere la mano verso quel corpo che ho venerato per mesi e che adesso sta sprofondando ancora una volta in un baratro di macabre ombre di un pesante grigio topo. Gli porgo la mano soffermandomi sullo scatto che lo costringe ad aggrapparsi subito a me, al modo in cui la sua sia così piccola e delicata, al modo in cui mi accarezza il dorso della mano destra mentre ci sollevo da terra e lo avvicino al mio corpo. Louis mi inchioda al mio posto ma allo stesso tempo esercita un magnetismo spaventoso, mi prega di restare ma i suoi occhi sono taglienti, mi guarda ma mi attraversa, c'è ma non lo sento. Lo guardo adesso, forse per la prima volta senza rabbia, senza lacrime, senza dolore ad annebbiarmi la vista ed un ricordo batte sul tempo la voglia di baciarlo: eravamo in giro lui con il solito caffè e la maledetta sigaretta, io con il mio thè verde, stavamo parlando di cosa mangiare o forse di un articolo di Nick, ma all’improvviso mi guardò e sorrise, uno di quei sorrisi tutti suoi, uno di quei sorrisi che mi facevano innamorare ogni volta, tutto pieghe vicino gli occhi e testa spostata di lato e mi disse semplicemente che gli piaceva avermi intorno, che avevo diluito il veleno che era da anni la sua vita. Questo ricordo mi rende la pelle uno scivolo per tutti i brividi che corrono, inciampano e riprendono a rincorrersi mentre le mie braccia avvolgono la sua vita e lo stringono più forte possibile, per rimettere insieme i pezzi e non quelli dei due corpi separati ma quelli dell’insieme, perché adesso ricomincio a sentire ogni costola fare il rumore giusto, quel crack non poteva avvenire senza avere nessuno tra le braccia, adesso il cuore batte al ritmo giusto, non serve la tachicardia per farmi immaginare qualcuno che non c’è, adesso i respiri si regolarizzano, non annaspano alla ricerca di odori, di profumi che mi facciano sentire a casa.
Adesso sono a casa ed una ad una le mille pagine di questa storia infinita trovano il loro posto in questo racconto che ormai di favola non ha più nulla.
Però lo stringo più forte, perché ho voglia di farlo, perché mi è mancato troppo ed adesso finalmente so che sta bene e che può star bene solo tra le mie braccia, perché ci potrebbero essere altri mille modi per dirgli quanto io lo ami ancora, che per me davvero non c’è nulla da perdonare ma credo che questo abbraccio, questa voglia di aprire a lui braccia, cuore e anima sia un segno di pace, spero che lui capisca però che non può essere considerata una piccola parentesi questa sua assenza, che non ha solo cambiato le carte in tavola, lui ha gettato all’aria l’intero tavolo e capisco le motivazioni, capisco tutto, ho sempre capito tutto ma non respiro al solo pensiero di addormentarmi e domani mattina non trovarlo al mio fianco. Probabilmente vivrei in un continuo e deleterio stato di ansia che non mi farebbe più star tranquillo, vivrei con la costante paura che possa sparire, come è stato già in grado di fare. Lo voglio nella mia vita come l’ho sempre voluto dal primo giorno, voglio i suoi occhi lucidi dopo la corsa notturna e le sue sigarette sparse per il pub di Liam, voglio stringerlo per fargli sentire che non sarà mai solo, voglio congratularmi con lui quando sarà preso dalla migliore compagnia di danza, ma non so, non mi è chiaro se sono disposto a volerlo nel mio letto, non riesco a capire se la sua presenza potrebbe compensare l’ansia, la paura, l’angoscia di vederlo sparire. Forse è troppo presto, forse il momento giusto non arriverà mai, forse davvero è questo il finale di un legame troppo strano per essere spiegato a parole
"Ti perdono" prendo fiato ed ingoio un groppo, gli occhi lucidi gli fanno presagire qualcosa al quale lui sorride funereo “te lo avevo giur”
"Non continuare" si allontana da me con uno scatto stringendo i pugni per non scoppiare a piangere forse, forse per non lasciare andare il dolore, non lo so, ma non doveva allontanarsi, è troppo presto, ritorna qui, lo guardo e mi pizzico il la base del naso, appena il suo corpo si allontana il corpo si fredda e voglio tornare a urlargli contro il dolore che mi ha fatto.
“Non puoi continuare a scegliere tu” la mia voce è di nuovo fredda, come il contatto termina svanisce la magia, forse perché è lui la mia parte magica e andandosene ha distrutto anche il mio lieto fine, ma questo non è il momento per pensare a me, deve rimettersi sulle sue gambe, deve accettare il fatto di non essere un diavolo, deve semplicemente perdonarsi, perché solo amando prima se stesso può davvero amare qualcun altro, e se quel qualcuno sono io non lo so, forse domani sarà più facile, forse quando farà pace con la sua anima lo vedrò di nuovo splendere ma oggi no, oggi non posso “scegli quando andartene, quando tornare, quando abbracciarmi, quando non farlo, adesso addirittura quando posso parlare?” prendo ancora una volta un respiro profondo ponendo le dita intorno alle tempie e usando gli zigomi come appoggio “andiamo fuori” io arretro senza mai staccargli gli occhi di dosso, si muove ancora in casa come se fosse la sua, era casa sua, è casa sua? Abbasso lo sguardo ma con la coda dell’occhio lo vedo pescare dalle tasche due sigarette e appena siamo fuori ne lascia cadere una tra le mie labbra semiaperte, senza nessun gesto meccanico, senza nessun tipo di imbarazzo, come se non se ne fosse mai andato… una folata di vento spegne la fiammella dell’accendino ed anche il mio sogno ad occhi aperti in cui lui dopo una brutta giornata aveva preso l’abitudine di darmi una sigaretta e di massaggiarmi le spalle, come se non fosse mia andato via. Mi passa l’accendino forse avendo notato il mio sguardo troppo serio e vengo ancora una volta schiaffeggiato dal ricordo di lui che ammirava i miei occhi ogni volta che lo disideravo ardentemente, ogni volta che eravamo sul punto di fare l’amore lui aveva bisogno di alcuni attimi per guardare i miei occhi, sosteneva fossero più liquidi del solito, che vibrassero e soprattutto che rubassero un po' del famoso nero dai suoi.
“Sono stato male Louis, male fisicamente ed emotivamente” sospiro il fumo senza pensare alle parole che scivolano dalle mie labbra e colpiscono lui come vetri acuminati e lui mi guarda cercando di impietosirmi, di farmi arretrare ma non riesco a bloccare il flusso di parole che escono e si infrangono su di lui come onde sulla battigia “ ogni giorno mi dicevo di star meglio, ogni giorno dicevo agli altri di star meglio ma non è mai passato, il dolore al centro del petto è diventato solo più silenzioso ma non ha mai smesso di pulsare” mi tocco il suo punto sul collo e sento come se proprio da lì quel dolore mi stesse richiamando, come se da lì stiano fluendo maleodoranti come pus queste accuse contro un corpo morto “voglio che tu sappia quante volte ho dormito di fianco cercando di immaginare le tue gambe tra le mie e le tue mani contro lo stomaco” si spegne ad ogni parola e perde colori: il blu dei suoi occhi è già andato via, facendo posto al grigio “voglio che tu sappia che visto solo 3 film da quando te ne sei andato perché mi mancavano le tue mani fredde  ed i tuoi commenti odiosi su ogni attore, su ogni scelta di parole" il rosa delle sue gote ha lasciato il posto ad un pallido giallognolo "voglio che tu sappia che ho ascoltato le canzoni sul tuo maledetto walkman fin quando ho imparato ogni attacco, ogni nota, ogni respiro" il rosso delle sue labbra si è tramutato in un viola malato dovuto ai morsi "voglio che tu sappia che ho conosciuto decine di persone, ho stretto centinaia di mani che avevano l’unica colpa di non essere te” il suo corpo tempio di peccato è diventato un insieme di organi interni e ossa “voglio che tu sappia che ti ho cercato in ogni dannato tramonto, in ogni alba, in ogni stella ma devi diventare la tua priorità, devi perdonarti, perché per quanto profondo sia stato il tuo amore nei miei confronti se non accetti te stesso non potrai mai credere davvero alle mie parole” mi guarda ed annuisce “non potrai mai davvero credere a tutto quello che vedo in te, al sole che sei nonostante la pioggia nel tuo cuore, alle parole che non dici e che dicono tutto, amati Louis” lo imploro e lui ha lo sguardo oltre la mia figura, assente, trasparente, come sbiadito “non lasciarti rovinare la vita da coloro che non hanno mai fatto nulla per te, amati e non dimenticare mai di amarmi” il fumo brucia meno delle parole “voglio che tu prenda tutte le strade che conosci, anche quelle sbagliate, voglio che tu perda il sonno alla ricerca del tuo eroe e della tua cattiva preferita, voglio che tu ti possa rendere conto che le cose brutte succedono e non sempre alle brutte persone, e quando sarà arrivato il momento giusto, quando capirai che tutti meritano la felicità ma che tu te la sei letteralmente guadagnato, imbocca l’ultimo sentiero, ti starò aspettando lì” mi guarda, un lungo sguardo che mi fa rivivere ogni momento insieme, mi guarda con una mano sulla bocca ed i sentimenti in bella vista, mi guarda e lo giura, lo giura con gli occhi, con le mani, con il cuore, lo giura prima di lasciare la sigaretta accesa nel posacenere, girarmi le spalle e sparire. La storia che si chiude, si dice che lentamente ma inesorabilmente tutto torna dove è nato e così sembra per noi due, la prima volta che ci siamo visti mi ha lasciato contro un muretto, più confuso ed eccitato di quanto potessi mai aspettarmi, oggi mi lascia qui, su una terrazza che non mi è mai sembrata così immensa, malinconico ma finalmente non arrabbiato, perché i tasselli ora sono al posto giusto, le parole sono state dette, gli abbracci fatti, gli sguardi hanno legato e liberato. Ora non mi resta che pensare a come anche sapendo come sarebbe finita non vorrei mai cambiare una singola virgola del nostro rapporto e che anche oggi, con la voce ammaccata di rabbia e dolore, c'è stato il momento, quel momento così magico e nostro, per raccontare e finire l'ultima storia: la nostra.


Buonasera persone!
Oddio non ricordo neanche quanto tempo sia passato dall'ultimo aggiornamento, non so neanche se è rimasto qualcuno a leggermi ma sicuramente sono cambiate tantissime cose, e tra lavoro, secondo lavoro, nipotina e casini vari ecco qui il capitolo,  non avrei mai potuto lasciarla a metà.
L'epilogo arriverà prima, lo giuro, non vi farò aspettare così tanto di nuovo.
Dedico il capitolo a Fede che ogni tanto mentre parlavamo d'altro mi ricordava il dovere, in fin dei conti ci conosciamo anche grazie a questa storia, a Charlotta che ora mi sopporta meno ma lo ha fatto per un bel periodo e che ha letto questo capitolo in anteprima ed è stata la sua reazione a convincermi a pubblicare ed infine ad Anna, che mi sopporta, supporta e crede in me più di quanto io possa mai fare.
Vi prego di dirmi cosa ne pensate, cosa ve ne pare e se poco poco ne è valsa la pena aspettare tutto questo tempo.
Grazie.

Antonella

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