Capitolo dieci.

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Con il carrello della spesa mezzo vuoto mi faccio strada per i corridoi del supermercato, fischiettando una canzone triste ascoltata probabilmente in radio ma sentendo ogni mio arto rilassato, come se ogni nodo fosse stato sciolto, come se adesso andasse tutto bene, ed in fin dei conti è così. Nonostante siano le undici ed io abbia appena finito di lavorare, nonostante sia stato costretto a venire a fare la spesa a quest’ora perché probabilmente in casa non mi è rimasta che l’acqua, la chiamata di due giorni fa ha spazzato via ogni nuvola all'orizzonte, perché prima percepivo la presenza di queste note leggiadre e pure, ma non riuscivo davvero ad ascoltarle, perché i problemi erano bassi nelle casse, erano musica da discoteca, erano rumore che mi distraevano dal mio vero fine: ritrovarlo. Perché la sensazione che spingeva era sempre quella che ho provato il primo giorno in treno, quel senso di ritrovata tranquillità, di rinnovata congiunzione, il ritorno di una sensazione amplificata contro ogni limite umano, ogni concezione umana, perché l’ho provata sempre circondato dai miei amici, dalla mia famiglia, dai miei libri, perché ringraziando ogni presenza divina sono stati pochi i momenti in cui mi sono lasciato sopraffare dai pensieri negativi, eppure con lui era tutto di più, un gradino più in alto, un urlo più acuto, era un pensiero fisso, è una sensazione continua: guardami, non sarai mai solo.
E al momento vorrei solo averlo fra le mie braccia e baciarlo fino a convincerlo di investirci la vita in questa sensazione, di perderci il sonno su questo sogno, di dimenticarsi che sapore abbia l’aria pur di respirare il mio profumo, e come al solito senza fare nulla di troppo eclatante, ecco che vengo ascoltato: è qui.
È qui che mi dà le spalle mentre cerca di arrivare allo scaffale più alto alzandosi sulle punte, è qui con una sigaretta dietro l’orecchio ed i capelli tirati indietro, è qui dentro un jeans troppo aderente e una felpa nera, il giubbotto abbandonato nel cestino per terra, è qui ed io faccio aderire la sua schiena contro il mio petto e prima che possa dire o fare qualsiasi cosa gli sussurro bloccandolo dai fianchi “Le posso essere d’aiuto?” e lui si volta fra le mie braccia in un secondo, una frazione di secondo in cui si spezza il paradosso del tempo, va tutto troppo veloce e troppo lento allo stesso tempo, ci mette poco a prendermi il viso fra le mani ma percepisco perfettamente ogni singolo polpastrello farsi strada sulla mia pelle, spinge velocemente il suo bacino sul mio per invertire le posizioni e spingermi contro un muretto a pochi passi da noi, ma riesco a riconoscere ogni dannata fragranza che insieme diventa il suo profumo, solo il suo, quel misto di tabacco, cocco e l’aleggiare costante di caffè, e poi quella fragranza tutta sua che non riesco ad associare a nulla, è veloce ad azzerare la distanza fra i nostri visi ma non tanto da non farmi notare come fa incontrare i nostri nasi ed i nostri occhi, con quanta impazienza il suo azzurro cielo si scontra con ogni curva del mio viso, con quanta bramosa attenzione studia le mie labbra prima di avventarsi su di loro con voracità. È un secondo che potrebbe durare in eterno, è una storia raccontata con un soffio. Le lingue che si cercano, i suoni che si fanno più ovattati, il resto che sparisce mentre noi percepiamo solo l’altro, in maniera amplificata, con i gemiti che diventano parole ed i morsi che diventano promesse, e con la stessa velocità con cui è arrivato si allontana, lasciandomi con l’affanno ed una mano a sorreggergli una gamba intorno al mio bacino, con le dita a scavargli letteralmente le ossa, impudenti contro qualsiasi sguardo o rimprovero, impudente come l’amore che provo per lui. L’amore perché può essere solo quello, dopo questo bacio, dopo la chiamata, quello che provo per questo concentrato di ossa e colori può essere solo amore, anche se sono convinto che lo sia stato dal momento esatto in cui i nostri occhi si sono incontrati, perché la tranquillità che mi ha trasmesso nonostante i suoi occhi in chiaroscuro, la serenitá di sapere di aver trovato la mia strada grattandogli via dagli occhi la polvere, ed il mio cuore, il mio cuore che per la prima volta nonostante avesse davanti il soggetto perfetto ha continuato a battere tranquillo come a dirmi non preoccuparti avrai tanto tempo per ammirarlo
“Hai cambiato faccia” ansima, sfiorandosi le labbra e guardando il mio viso con una tale intensità da farmi sentire per la prima volta la pelle aderire alle ossa, la bocca tirare sotto ogni respiro pesante, gli occhi pizzicare per ogni battito di ciglia negato
“Cosa?” chiedo confuso rendendomi conto solo adesso di quello che è appena successo in un luogo pubblico, guardandomi in giro per paura di vedere qualcuno sbucare e urlarci di prenderci una stanza
“Hai cambiato faccia, hai cambiato tutto” si arrotola un riccio fra le dita e mi scruta, perché non mi sta guardando, non mi sta osservando, mi sta studiando, sta controllando ogni centimetro della mia pelle, scandagliando nei, pori, cicatrici visibili e non
“Che stai dicendo Lou?” gli accarezzo uno zigomo e lui sorride come un gatto mordendosi subito dopo il labbro.
“Ora che sei mio” soppesa le parole per paura che possano far cambiare qualcosa nel mio volto, come se avesse paura di avere la capacità di cambiarmi i tratti, e quel terrore lo sento anche io, perché forse è così “è cambiato tutto, hai meno occhiaie, i tuoi occhi sono di un verde mela splendente e ti sei rasato perfettamente perché sapevi di incontrarmi”
“Non lo sapevo” sussurro flebile sotto la scarica di particolari che ha notato, sotto lo sguardo che sembra dedicare solo a me
“ma il tuo subconscio si, il karma mi dicesti, no?” annuisco e lui continua a venerarmi senza vergogne né paure “ogni incontro karmico ha la sua dose di problemi, ma se si superano insieme quelle due anime in questa vita o in un’altra saranno destinate a stare insieme per sempre”
“qualcosa del genere” dico sotto l’incantesimo delle sue parole “hai studiato anche tu prima di un nostro incontro, vedo” picchietto contro la sua tempia e sembra ridestarsi
“dovevo fare la mia parte anche io” mi bacia di nuovo, a labbra chiuse ed io sorrido come uno stupido “ti bacerei per ore solo per vederti sorridere” soffia sulle mie labbra accarezzandole con l’indice subito dopo “ho sempre visto il bacio come qualcosa di inutile, una perdita di tempo, ma con te” mi bacia di nuovo, questa volta con la lingua che gioca con la mia bocca dischiusa “Dio” le mani corrono intorno al mio viso, coprendomi fisicamente dalle orecchie alle guance ma idealmente fin dentro le ossa “passerei la mia vita intera sulle tue labbra”
“fallo” e quella che esce dalle mie labbra ha il sapore di una preghiera e ci baciamo ancora più castamente, come due adolescenti davanti ai cereali al miele “ma andiamo a casa”
“Si” sorride e capisco che non me l’ha data vita per davvero, nemmeno stavolta “anche a me andrebbe un caffè”
“Louis ho detto andiamo a casa” gli accarezzo le borse sotto gli occhi per poi baciargliele e ringrazio che nessuno abbia avuto la nostre stessa brillante idea di venire a fare la spesa a quest’ora della notte “sei stanco, da quanto tempo non dormi?”
“Da Niall dici?” inclina la testa come un bambino e poi si picchietta il mento con l’indice, come per pensarci, come se non stesse facendo tutto da solo “Sì, ottima idea!” mi bacia ancora come per premiarmi “ecco perché sei il mio preferito”.
“Perchè quanta scelta hai?” gli pizzico un fianco proprio mentre un ragazzo annoiato attraversa il corridoio per andare sicuramente nel reparto alcolici.
“Non dovresti offrire tu” mi scompiglia i capelli con quel gesto che ormai urla abitudine da ogni poro “ma se proprio insisti”
“Andiamo a prendere questo dannato caffè” cedo, andando a recuperare entrambi i cestini della spesa, superandolo dirigendomi verso la cassa, e non importa se io non ho acquistato nulla, se non del latte e del caffè
“A quest'ora?” si puntella una mano sul fianco e scuote la testa, mi fermo a guardarlo da oltre la spalla attonito “Dio, sei proprio una pessima influenza”
“Louis!” lo richiamo esasperato ma allo stesso tempo divertito e lui scoppia a ridere, soffocando subito dopo la risata contro il mio petto e mi rendo conto che pur di ascoltare questa risata attraverserei intere galassie senza un minimo di esitazione.

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