“Louis non fare il bambino, porca puttana!” sbatto il pugno contro il tavolo dopo l’ennesima volta che esce dalla nostra cazzo di camera da letto e non mi degna neanche di una parola. Sono passati appena dieci giorni dal suo trasloco effettivo, se così si può chiamare portare qui tutti i vestiti, qualche fotografia e parecchi libri, e dopo un periodo di tranquillità, tenerezze e sesso spinto, è arrivato il momento di scontrarmi con la dura realtà: Liam è un santo “siediti e fai il cazzo di adulto per una volta”
“Sottolinei sempre la mia cazzo di età come se ci separassero 30 anni” si accende una sigaretta ed esce in terrazza solo con una maglietta a mezze maniche addosso visto che i pantaloni sono diventati ufficialmente un optional ma per quanto sia fine Aprile due settimane fa nevicava e porca puttana, è un bambino testardo che mi sta facendo uscire di testa
“Vuoi metterti qualcosa addosso?” lo seguo porgendogli una mia felpa che lui mi strappa prontamente dalle mani “Dio, ogni tanto non mi sento il tuo fidanzato ma tua madre”
“Oh bella persona da mettere in mezzo in questo momento” mi lancia uno sguardo pieno d’odio prima di tornare a guardare la città al tramonto, che spettacolo che stiamo sprecando per un castello fatto d’aria, ma lo spettacolo che invece sta chiudendo battenti è quello di fronte a me, che ha smesso improvvisamente di esistere in favore di vecchi tendoni di un circo itinerante
“Era un modo di dire okay?” mi butto le mani in faccia per poi passarmele tra i capelli e tirar loro leggermente, per ritrovare un minimo di calma “Mi spieghi per quale assurdo motivo stiamo litigando?”
“Voglio fare la mia parte” ripete come un disco rotto per la ventesima volta da questa mattina che non era neanche iniziata tanto male: ci siamo svegliati accoccolati, abbiamo fatto la doccia insieme, abbiamo scherzato su quanto volessi una settimana di domeniche mattina dopo un risveglio del genere e poi mentre facevamo colazione se n’è uscito con questa frase alla quale la prima volta ho risposto ridendo, la seconda tranquillamente, la terza ho tagliato corto e lui si è richiuso in camera.
“La fai già Lou” cerco di spiegare per l’ennesima volta “hai fatto la spesa, cucini quasi sempre tu…”
“Soldi, voglio mettere la mia parte di soldi” esclama buttando le braccia in aria e facendole cadere subito dopo sui fianchi
“Sai che mi piace molto di più un pasto caldo di 10 dollari?” ribatto leggermente scontroso ma la gente che non vuole scendere a patti mi fa imbestialire perché i rapporti sociali sono basati sui punti di incontro che si trovano, che si vogliono trovare, io non posso cercare compromessi quando lui si impone su ogni decisione come se ne andasse la sua vita “Non voglio litigare”
“È quello che stiamo facendo da stamattina se vuoi saperlo” mi informa dispettoso, buttando la cenere per terra e beccandosi uno sguardo di rimprovero
“Non fare i dispetti Lou” lo imploro prendendo una sigaretta dal suo pacco e accendendola, credo che questo diventerà un pessimo vizio, litigare e fumare fino a che uno dei due non si arrenderà, e noi tutti sappiamo che sarò io a farlo, ma non questa volta, non può davvero pretendere che mi prenda dei soldi
“non sto facendo i dispetti, capisci che così mi sento un peso?” urla voltandosi verso di me e guardandomi per la prima volta dal momento nel quale ha fatto uscire questo maledetto discorso “come se mi fossi messo con te solo per i tuoi dannati soldi”
“Louis non lo pensa nessuno, non lo penserà nessuno” spiego digrignando i denti per mantenere la calma “ti sei messo con me..”
“Perché sei una testa di cazzo!” Mi interrompe con rabbia
“La simpatia l’hai lasciata in camera da letto o sotto la doccia?” ribatto io con un tono al vetriolo, che gli fa inclinare la testa e alzare le sopracciglia
“No no” nega con il solito sorrisetto bastardo “l’ho mandata nello stesso posso in cui sto per mandare te” fa un tiro rabbioso alla sigaretta che dà alla frase ancora più enfasi prima di concludere “cioè a fanculo!”
“Louis ragiona con me” lo prego, prendendo dei respiri profondi che fanno calmare anche il mio battito cardiaco “noi ci stiamo rovinando questa giornata di relax perché tu vuoi pagare l’affitto in una casa in cui non lo pago?”
“Sì testa di cazzo” io lo guardo alzando le sopracciglia sottolineando l’ovvietà della cosa e lui chiude gli occhi e sospira “e non guardarmi con quella faccia da culo, perché tu l’hai fatta sembrare una cazzata”
“Oh neanche quando litighiamo ti sfugge il mio nome per intero” faccio notare con una risata isterica, e perché mi escono queste cose quando sono incazzato?
“Non ti attaccare a queste puttanate, per la miseria” alza gli occhi al cielo e sbuffa ancora, dandomi di nuovo le spalle “Giuro che il cervello sta bene su tutto, puoi indossarlo anche con i tuoi dannati completi Gucci, non stona”
“Sei tu che sei irragionevole” lo accuso incazzato, volendo allo stesso tempo finire questa insulsa perdita di tempo il prima possibile “mi guardi dannazione?” cerco di voltarlo verso di me ma lui si scansa come schifato ed io mi sento impietrito.
“Non toccarmi” gli occhi alienati, di nuovo vuoti, di nuovo spenti, che mi fanno arretrare e tremare le ossa, cosa sta succedendo?
“Amore spiegami davvero qual è il problema” prendo un respiro profondo e tutto torna al posto giusto, perché quegli occhi così vuoti, così spenti, mi hanno fatto tornare con i piedi per terra, e non vale più la rabbia, la voglia di prevalere, perché quello che ho davanti adesso è solo un sacco di pelle ed ossa, svuotato da ogni tipo di emozione, ed io non posso accettarlo, non posso vedere mesi di impegno, da entrambe le parti, sfumare in questa maniera come se nulla fosse, perché poi? Cosa sta davvero succedendo?
“Amore vai a chiamare quello con cui vai a fare colazione domani mattina” sibila rabbioso a denti stretti, ed adesso è tutto chiaro
“Tutto questo casino perché sei fottutamente geloso?” ridacchio e mi passo le mani sul viso come per svegliarmi da un brutto sogno “Non ci credo, Dio Lou quanto sei carino!”
“Non chiamarmi Lou, non sono carino e non sono geloso!!” ribatte questa volta furioso stringendo i pugni con rabbia “Spariresti dalla mia vista?”
“Anche gentile noto” lo punzecchio, anche se mi sembra impossibile che sia solo una scenata di gelosia
“Non hai davvero capito con chi hai a che fare” mi minaccia con un dito contro il petto “io non ti avveleno solo tutte le mele, Snow white, faccio in modo che non crescano più mele buone per chilometri”
“Louis io amo te e quello di domani è lavoro” spiego con calma senza lasciare per un secondo i suoi occhi che si lasciano sfiorare ma mai afferrare, in una danza magnetica ma allo stesso tempo difensiva “ti lasci abbracciare?”
“No” fa letteralmente un salto all’indietro che mi lascia ancora basito e confuso ma sorrido, non mi sembrava un tipo da scenate di gelosia ma soprattutto mi sorprende che abbia trovato un pretesto, sebbene così stupido come quello di partecipare alle spese domestiche, per dirmi qualcosa che non gli andava bene. E mi ritrovo a sorridere di fronte a lui che vuole discutere, in maniera quasi infantile direi, ma con una nota di fermezza, sono una parte della coppia sembra urlare, nonostante i miei problemi legati al passato, alla fiducia, al relazionarsi, voglio superare tutto quello che mi è stato imposto e che mi sono imposto, per te, per noi. Sta prendendo questa convivenza sul serio, questa relazione sul serio e soprattutto vuole costruire qualcosa di solido, che ai miei occhi e a quelli del mondo non possa neanche lontanamente sembrare una cosa per soldi, fama, sfizio, lui è venuto a convivere con me perché mi ama e lo vuole dimostrare litigando come una vecchia coppia sposata
"Non mi interessa sinceramente quello che esce da quella fogna di bocca" mi offende ancora tirando però dalla mia bocca un sorriso
“Non mi tocchi” esclamo con fare superiore “so che sono i nervi a farti parlare” lo prendo in giro entrando alla ricerca di qualcosa da bere “vuoi una birra?”
“Fanculo” sbotta rabbioso seguendomi e camminando per la camera come un ossesso “domani ho l’esame con quella stronza e tu mi proponi la birra che mi gonfia la pancia"
“Louis hai degli addominali da paura e questa birra non potrebbe farti che bene” gliela porgo mentre lui si siede sul bancone della cucina e alza gli occhi al cielo “non farlo” lo prego ed i suoi occhi mi trafiggono
“Cos'altro ti da fastidio, mio padrone?” Mi sbeffeggia offensivo “vuoi che mi inchini ogni volta che il tuo sguardo si posa su di me? O vuoi che le dia del lei?”
“Ti calmi?” Mi avvicino e gli poggio le mani sulle ginocchia e lui questa volta non si scansa anzi arriccia il naso in quel modo così adorabile che vorrei prenderlo a morsi per saziarmi della fame che sento di lui “adesso rimani qui, ti bevi questa birra o ti preparo un buon caffè, ti fumi una sigaretta, poi se mi odierai ancora vado a farmi un giro”.
“Vedi perché non volevo coinvolgerti nella mia vita?” Tira su con il naso e scansa il mio sguardo, con quali ricordi sta litigando adesso? E mi rendo conto che la nostra storia ha una costante ingombrante che è il tempo, che occupa i silenzi, che allarga l’amore, che dilata i problemi “questa è casa tua non sei tenuto ad andartene”.
“Questa è casa nostra, Lou” gli sussurro tirandogli i capelli dietro le orecchie e lasciandogli un bacio sul naso che subito dopo si arriccia in un’adorabile espressione “aspettami qui” mi allontano mentre lui dondola le gambe come un bambino sul bancone della cucina e so che c’è qualcos'altro a svuotargli gli occhi e a riempirlo di nulla, ma non capisco cosa possa essere così all'improvviso, ma riscaldo comunque l’acqua e prendo i soliti asciugamani, prendo il tavolino con le cose che potrebbero esserci utili e le sistemo a portata di mano poi rientro e lo trovo a bere la sua birra mentre io prendo la mia.
“Che stai facendo?” Mi chiede arruffato come un gomitolo di lana
“Non ti sembra ovvio?” chiedo scontato e lui sbuffa “Dov’è il tuo costume da bagno piuttosto?”
“Mi hai preparato un bagno caldo?” la sua voce è miele puro che mi fa voltare e sogghignare: sono riuscito a scalfire la superficie d’acciaio, adesso sarà tutto in discesa
“Non è la prima volta che usiamo l'idromassaggio, Lou” specifico con ovvietà, a saperlo che sarebbe bastato questo l’avrei fatto prima
“Ma la prima che lo facciamo dopo aver litigato” ribatte pignolo scendendo e versando il caffè nelle tazze
“Tu hai litigato con me” ma inizia a spogliarsi e si lascia ammirare “e se ogni litigata termina con te nudo a me va benissimo” lo informo e lui mi dedica un dito medio.
“Non abbiamo finito di litigare" specifica burbero giocando con l’elastico degli slip con una mano e con l’altra bevendo il suo caffè, la birra a metà abbandonata sul bancone.
“Non fare il trattenuto” dico sfilandomi la t-shirt ed i pantaloni della tuta “so che non vedi l’ora come me di entrare nudo nell’idromassaggio” lui alza un sopracciglio e fa cadere l’ultimo indumento che copriva il suo corpo donandomi finalmente un secondo buongiorno, sfidandomi con ogni particella del suo essere che mi fa quasi ringhiare per toccarlo ma lui mi sfugge ed in un secondo è già nell’idromassaggio, nudo che mi aspetta “Credo che questa possa diventare una splendida tradizione”. Mi calo in acqua il più vicino possibile al suo corpo che come ogni volta risponde meravigliosamente al mio, ricoprendosi di brividi “vieni qui, fatti fare un massaggio"
“Non mi va” tenta di dire, raggomitolandosi comunque tra le mie gambe spalancate ed io lo prendo come un invito muto a sciogliere i suoi nervi sotto le mie dita, lui cede completamente contro il mio petto ed io ricomincio a respirare davvero solo tra i suoi capelli, con il suo odore che rimette tutto al posto giusto, senza farmi sentire nessun tipo di pressione
“andrà tutto bene piccolo” ripeto nel suo orecchio “ci sono io qui per te” e le luci soffuse del pomeriggio si spengono presto in favore del buio, che ci avvolge come una coperta di linus e che rende la sua pelle più soffice, il suo corpo più bisognoso del mio e soprattutto la sua anima più coraggiosa, protetta dal buio si spiega e dispiega al volere della morte, fatta per accettare quello che non siamo in grado di dire alla luce del sole
“Oggi” sussurra quasi balbettante, interrompendo il susseguirsi di piccoli attimi di serenità e silenzio “oggi sono 8 anni da quando mia madre mi ha cacciato di casa” conclude con la voce più sicura, non voltandosi a guardarmi, ammirando la città e mai me.
“Perché non me l’hai detto prima?” stringo la presa intorno ai suoi fianchi e lui sospira ormai sgonfio di tutta la rabbia che lo ha fatto praticamente ribollire da stamattina, il suo petto si alza e si abbassa lentamente ed io gli gratto la cute per farlo sciogliere tra le mie braccia, per urlargli stai tranquillo, ci sono io a raccogliere i pezzi “Avremmo evitato tanto casino”.
“Perché non mi fa più male ma allo stesso tempo il ricordo mi rende suscettibile” ammette con una voce che sembra appesantita dalla vita ma non dal presente ma da quello che c’è stato un tempo, perché è una voce che finalmente si sta togliendo un peso, il peso del suo passato, del tempo che è stato e non ritorna, eppure torna tutto, il bene, il male, i ricordi e le persone, ognuno dentro di noi, ognuno siamo noi. Perché in fin dei conti non siamo altro che le persone che abbiamo conosciuto, che ci hanno lasciato, che ci hanno deluso, che ci hanno fatto sentire importanti “poi quello ci ha provato con te”.
“Louis…” gli bacio il collo lentamente “il mio bellissimo e piccolo Louis”,
“continuo a dire che piccolo chiami quello per il quale domani mattina farò colazione da solo” precisa dandomi però più spazio per venerare il suo collo.
“Sei il mio fulmine a ciel sereno Lou” sussurro guardando il cielo sopra di noi e soffermandomi a pensare a quanto fosse impossibile trovarci eppure che ce l’abbiamo fatta “quello sguardo che ci siamo scambiati sulla metro mi ha cambiato la vita e mi ha unito a te, non c’è pioggia che possa cambiare le cose”.
“Ed un arcobaleno invece?” non ci guardiamo ma entrambi sappiamo come i nostri occhi siano lucidi ed i nostri sentimenti stiano scalciando per farsi sentire, per farsi vedere, ed è così che mi sento in questa sera di primavera svuotato da tutti i sentimenti che mi riempivano per permettergli di uscire e invitare a ballare l’anima dell’altro
“Ogni sentimento che potrò mai provare per il resto della mia vita dovrà fare i conti con il primo sguardo che ci siamo scambiati su quel treno” lo informo traboccante di gioia per come questa serata si sta concludendo “tu mi smonti e mi ricomponi nel modo in cui più ti piace”.
“Non voglio cambiarti” sussurra circondando le mie mani con le sue e lasciandoci sopra un bacio “non mi serve, perché io non voglio che tu sia perfetto in base alla situazione, ai miei sbalzi d’umore, io voglio i tuoi difetti, voglio perdermi in quelli che ancora non mi hai mostrato” impalato lo osservò, osservo la curva del suo collo così simile e sinuosa alla sua voce, osservo il suo corpo che più si sfoga più brilla “ma sento come se tutti i tuoi difetti siano stati già messi in banco in un'altra vita, come se li avessi accettati, come se non fossero un problema...”, osservo come il suo corpo si adatti perfettamente al mio, rifletto su quanto la nostra vita si sia incastrata nel modo più giusto, con un po’ di sangue per smussare quegli angoli di vetro lasciati troppo a lungo scoperti per ferire e difendere, ripenso a come tutto sia cambiato da meno di un anno a questa parte, di quanta strada abbiamo fatto insieme, di come le nostre mani si siano sempre rincorse come calamite e di come si sappiano sempre comportare da schiaffo o da carezza in base al momento “e credo che l'amore sia questo, ammettere che l'altro è pieno di difetti, ma amarlo comunque, amarlo di più”.
“Ecco perché io ti amo così tanto” dico contro la sua nuca, aspirandone l’odore per imprimere questo momento con tutti i sensi a disposizione, più il cuore “perché sei un difetto che cammina” la sua testa scatta di lato e la sua bocca si spalanca mostrandomi i denti bianchi mentre gli occhi si chiudono e ride, ride di gusto, ride per gusto, ride e ama farlo, ed io amo essere il motivo di questo suono meraviglioso e poi ci blocchiamo a fissarci, non riesco a staccare gli occhi dal suo viso, voglio imprimerlo per sempre nella memoria, oggi dopo la prima lite vera della nostra vita da coppia, oggi bagnato è nudo tra le mie braccia, oggi innamorati più di ieri e meno di domani “Potrei dar fuoco alla città con quello che sento nelle ossa ogni volta che ti guardo negli occhi”.
“Non credo che agli 8 milioni e mezzo di abitanti di New York vada bene come cosa” si volta completamente tra le mia braccia portando i nostri petti vicini ed i respiri a sincronizzarsi “per il momento puoi dar fuoco a me e poi spegnermi, e poi ricominciare ancora e ancora” sospiro sulle sue labbra e lui non si fa ancora baciare “per tutta la notte, per tutta la vita.”
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Raccontami una storia.
FanfictionHarry cattura emozioni da quando è nato, ma ha la pessima abitudine di portarsi dietro pezzi di vita. Louis balla per vivere, o forse vive per ballare, questo non è così chiaro neanche a lui. Ma da quando i loro occhi si incrociano per la prima volt...