Cap. 1 L'inizio della leggenda

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La cerimonia dell' incoronazione era terminata. Artù era davvero il nuovo re. Il ricordo di quella mattinata, fredda ma intensa, lo aveva portato là dove il suo destino lo voleva. La giornata volgeva al termine e il giovane sovrano era pronto a ritirarsi nelle sue stanze. Quelle stanze dove già si trovava la sua sposa: Ginevra. Una ragazza di cui il re sapeva ancora molto poco, se non che il suo cuore già gli apparteneva, dal primo momento in cui si erano incontrati. Era stato Merlino a far sì che quell'incontro avvenisse, prima ancora che il padre di lei, ser Hubert, combinasse la loro unione. Secondo le tradizioni del suo popolo, spettava al padre della sposa scegliere il marito giusto per la figlia, seguendo quella che era l'antica tradizione bretone, ancor prima dell'invasione romana di quelle terre. Poi, dopo la conquista dell' isola da parte dell’impero, le norme erano cambiate. Ora anche lo sposo poteva dire la sua e, eventualmente, rifiutare la proposta se non riteneva la predestinata di suo gradimento. Ma Artù era stato educato bene dal grande mago. Contravvenendo ai suoi dovere di re e di capo militare, il giovane aveva lasciato che fosse la ragazza a prendere l'iniziativa, tormentando il padre al fine di conoscere l'erede di Uther Pendragon. L'uomo che avrebbe conquistato l'intera Britannia e che già aveva preso le chiavi del suo cuore. Alto, di bell'aspetto, dai capelli neri, una barba appena accennata, braccia forti e muscolose, un cuore nobile e l'animo di un grande capo. Requisiti che, di certo, avrebbero interessato tutte le fanciulle del regno. Ma, ancora di più, avevano colpito il cuore della giovane dama.

Impaziente di incontrare da solo la sua futura sposa, Artù si ritirò prima nelle proprie stanze private, situate nell'ala ovest del castello di Camelot, poco distanti da quello che era lo studio di Merlino. Era stato suo padre a scegliere la residenza reale quando ancora era in vita. Il mago parlava spesso di questo nel periodo in cui Artù era stato suo ospite nella casa nel bosco. Quando affrontava il discorso relativo al padre del ragazzo, Merlino lo descriveva come un saggio governante, ma non molto previdente su quello che andava fatto per il bene del regno. La scelta stessa di prendere per moglie la madre di Artù, Lady Igraine, duchessa di Cornovaglia, era stata una decisione impulsiva e poco previdente. E non solo per il fatto che ella fosse sposata ad un altro uomo, ma per la semplice questione che quel matrimonio era stato combinato con l'inganno e che lo stesso Merlino ne fosse stato coinvolto direttamente. Eppure il mago ripeteva a se stesso che ne era valsa la pena. Da quell'unione sacrilega, era nato il futuro della nazione ed il sovrano che avrebbe riscritto il destino del suo popolo. Ecco perché aveva scelto di educare Artù secondo i precetti del buon governante. Di questo, il giovane re se ne sarebbe ricordato in eterno.

Quando giunse alla sua stanza privata, Artù tirò un sospiro di sollievo e ringraziò Dio per avergli concesso quel momento di beata pace per rinfrescarsi. Posò il lungo mantello rosso da cerimonia sul letto senza pensarci troppo, lasciando che il drago rosso, simbolo dei Pendragon, lo guardasse negli occhi. Il giovane fissò dritto negli occhi la creatura serpentina come si guarda ad un mostro uscito dalle fiamme dell'Inferno. Era come se quell'essere fosse stato imprigionato nel lino in attesa di essere liberato. Uther aveva scelto quel simbolo per la sua storia e il suo prestigio, compreso il fatto che il drago era di norma una creatura pericolosa. Motivo per il quale quel simbolo incuteva terrore nella mente dei suoi nemici. Era davvero un simbolo di regalità suprema e di forza inaudita. Chissà se anche suo padre avesse provato tali sensazioni il giorno in cui il mantello gli era stato portato. Si slacciò i calzari, posandoli a bordo del letto, sfilò la casacca di stoffa con il giustacuore in cuoio con molta tranquillità ed eleganza, abbandonandoli sulle lenzuola. Poi passò alla cintura in pelle dove, fiera e splendente, era allacciata la spada Excalibur, la vera ragione per cui Artù si trovava là in quel momento. Tutto era partito da là Da una roccia, un'incudine ed una spada, quest'ultima conficcata al centro di un masso da tempo immemore. Prima di abbandonarla, Artù la estrasse dal fodero e la fissò in un tempo che parve infinito. Excalibur era un simbolo di forza e di potere supremo. Era l'idea stessa di ciò che si intendeva necessario per governare un popolo ed una terra come quella dei Britanni. Un tesoro ed un peso troppo grande da sostenere perfino per lo stesso re. Artù la rigirò fra le mani due volte, sentendo il sibilo del metallo che scuoteva l'aria. Era un suono che profetizzava la morte e la furia di chiunque fosse stato in grado di brandirla. Artù le avrebbe dato un nuovo volto ed uno scopo più nobile di quello. Là avrebbe resa il simbolo del suo potere, ma anche il metro di giudizio con cui avrebbe agito saggiamente grazie agli insegnamenti di Merlino. Contemplò la spada da cima a fondo, guardando il suo manico dorato e sgargiante, tempestato di simboli e segni antichi. In cima a quest'ultimo, era stato inciso un drago con le ali aperte, fiero e sicuro di sé come sempre. Proprio come doveva essere il re incaricato di portare quella spada. Il filo emanava uno scintillio accesso, specialmente quando si trovava sotto la luce della luna. Secondo la leggenda, quel prodigio era stato reso possibile dalla grande intuizione del suo fabbro capace di intingere il filo nel sangue di un leone. Un antico rituale pagano ritenuto fondamentale per imprimere la forza e l'audacia dell’animale nelle armi. Artù ne era consapevole ormai. Quella spada era stata la sua grande fortuna, ma che non lo avrebbe protetto per sempre. Quando sarebbe giunto il momento, Excalibur lo avrebbe abbandonato. Solo allora avrebbe compreso il significato stesso della vita alla quale era stato destinato fin dalla sua nascita. Improvvisamente, si rese conto di aver ammorbidito la presa sull'elsa della spada e che Excalibur si fosse fatta più leggera. Pensò che la spada fosse ormai legata al suo destino più di chiunque altro. Un destino che, a breve, avrebbe condiviso anche con la moglie Ginevra.

Artù e Ginevra. L'amore dietro la LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora