Da quando era terminato l'incontro con gli altri cavalieri, Artù aveva passato il resto della mattinata riverso nei suoi pensieri. L'incontro era stato positivo e i suoi devoti compagni d'arme avevano dato il benvenuto alla loro regina. Di questo il re ne era compiaciuto e, di conseguenza, appagato. Se pur fosse ancora un giovane sovrano - a parte il successo ottenuto in battaglia grazie al quale aveva conquistato il rispetto e l'appoggio dei lord del regno - Artù era fin troppo sicuro che non tutti a corte accettavano quel matrimonio. Specialmente quelle persone che lo consideravano ancora un ragazzo e che ritenevano impossibile la sua parentela con il grande Pendragon. Era vero che Artù veniva da una modesta famiglia e suo padre Hector e suo fratello Kay non erano cavalieri di sangue come altri nobili del regno. Hector era stato a lungo nelle fila dell'esercito romano durante il regno dell'imperatore Costantino III - ultimo sovrano di Britannia prima della fine di Roma - distinguendosi come cavaliere prima di passare dalla parte dei ribelli. Kay, dal canto suo, non aveva mai visto una battaglia vera ma era riuscito ad ottenere la carica vincendo a diversi tornei contro altri cavalieri più esperti. Meravigliato da quel coraggio e dalla sua straordinaria dote di guerriero, l'usurpatore Vortigern lo aveva nominato cavaliere prima del suo diciassettesimo compleanno, destando l'ammirazione di tutti i suoi cavalieri. Dalla caduta di quest'ultimo, Kay non era ancora riuscito a mostrare ancora il suo valore in un vero scontro militare, rimanendo un poco all'ombra del padre prima fino all'avvento di Artù sul trono. Da allora, come molti altri giovani, faceva da guardia personale al re aspettando il suo momento per dimostrare che fosse degno di far parte di quel gruppo. Artù gli era molto legato così come solo un fratello potrebbe fare. Ammirava il suo fratello maggiore, anche se ormai era risaputo che non fossero veramente parenti. Lo stesso provava per Hector anche dopo aver scoperto l'identità del suo vero padre. Per lui rimaneva l'uomo migliore che avesse mai conosciuto e benediceva ogni giorno il suo maestro Merlino per averlo portato alla porta di quell'uomo così buono e saggio al quale doveva tutto ciò che era. Persino quando tutti avevano dubitato della sua origine, Hector gli era stato più vicino sempre, incoraggiandolo a vedere il mondo con altri occhi e ad accettare con coraggio il compito al quale era destinato. Persino nei primi giorni in cui imparava a maneggiare Excalibur, Artù sentiva le grida di incoraggiamento di suo padre mentre con Kay cercava di imparare a controllare meglio la sacra spada. La stessa arma stava ora appoggiata sul suo fianco fino a toccare con la punta il pavimento della sala del trono. Excalibur brillava di una luce magica, degna di sedere a fianco di un grande uomo. Artù non si compiaceva ancora di essere il degno possessore di un gioiello simile e si chiedeva spesso se anche il suo vero padre - Uther - avesse provato una simile sensazione quando l'aveva impugnata per la prima volta. Secondo le voci che circolavano sul suo conto, Excalibur era antica quanto il mondo e il suo grido di guerra aveva a lungo tenuto lontani i nemici dalla Britannia. I romani - i grandi conquistatori del mondo antico - avevano spesso incrociato il suo filo in battaglia e, quasi sempre, i Celti avevano ottenuto vittorie importanti. Solo quando le tribù avevano deciso di dividersi e lasciar andare il mito di quella spada - come per molto tempo era stata considerata - la Britannia aveva subito parecchie perdite. Lo stesso spirito guerriero della sua gente era servito come cane da guardia alle forze romane per più di tre secoli. Solo con l'avvento di Uther e della sua famiglia i romani avevano ricominciato a temere quelle coste così come avevano iniziato a temere un possibile ritorno della spada. Era stato ancora una volta Merlino, insieme agli ultimi druidi rimasti, a mettere in giro le voci su un possibile ritorno di Excalibur così come la venuta di un grande re che avrebbe fatto rinascere le loro terre. All'inizio si pensava fosse suo padre il salvatore che avrebbe liberato il regno, ma con la venuta di Vortigern e l'approdo dei Sassoni sulle loro coste, il vento era cambiato e la sua gente aveva cominciato a dubitare che sia il re che quella spada potessero fare qualcosa per davvero. Per questo Merlino aveva preparato Artù: prima bisognava far sì che la gente lo appoggiasse e lo riconoscesse come erede di Uther, poi grazie ad Excalibur avrebbe ribadito il suo ineguagliabile diritto a regnare come sovrano fino ad assumere i pieni poteri grazie all'influenza - e a una non poca dose di paura - che il mago incuteva nelle menti delle persone più superstiziose. Ma Artù era diverso dagli altri. Non credeva ancora perfettamente di essere l'impavido eroe tanto osannato dai Britanni ma, al contempo, non riteneva Merlino un pazzo irresponsabile che agiva solo per i propri interessi. Tutto il contrario. Aveva avuto più di una volta la dimostrazione che il mago fosse investito da incredibili poteri, coniati da una raffinata intelligenza e uno spiccato senso dell'umorismo. Rise pensando a quell'ultima cosa. Ma era tutto vero. Merlino era, senza dubbio, il più grande uomo del suo tempo e le sue arti magiche erano fini e precise. Difficilmente sbagliava quando si trattava di questioni delicate e nessuno, nemmeno lui che era il re, poteva dire il contrario. Sin dal momento in cui era stato acclamato re dall'esercito, Merlino non si era mai sbagliato di niente e lo aveva guidato con precisione e saggezza, seguendolo nella presa di qualsiasi scelta fosse da ritenersi necessaria per il bene del regno. Eppure Artù non era così sicuro ancora di se stesso come invece lasciava credere ai suoi uomini e a tutta la corte. Se pure il suo diritto a regnare fosse ormai riconosciuto - eccetto ancora pochi focolai che affermavano il contrario - il giovane re non si sentiva al sicuro e temeva per la sua vita quanto per quella di sua moglie. Da giorni Merlino si comportava in modo insolito e le sue continue assenze al consiglio lasciavano pensare che il mago stesse nascondendo qualcosa. Merlino non era mia stato un tipo di molte parole e i suoi continui viaggi al di fuori delle mura di Camelot confermavano che c'era qualcosa sotto. Qualcosa che il druido non volesse far sapere a nessuno. Perfino al suo re. E Artù, dal canto suo, aveva incominciato a dubitare della sua posizione. Il mago lo aveva rassicurato più di una volta delle sue capacità. Perfino quando erano sul campo di battaglia ad affrontare i Sassoni per la prima volta, Merlino gli era stato accanto e lo aveva rassicurato più volte, incitandolo all'azione senza paura. Le parole del mentore risuonavano ancora nelle orecchie di Artù come se la battaglia stesse ancora incombendo su di loro.
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Artù e Ginevra. L'amore dietro la Leggenda
FantasyBritannia, 510 d.C. Nella terra dei Britanni, a distanza di qualche anno dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, sale al trono un giovane guerriero, unico erede del defunto Uther Pendragon. Il suo nome è Artù, destinato a diventare una leggenda...