Che cos'era un regno se non il suo popolo? Cos'era un re senza la sua spada o il suo coraggio? Cosa poteva esserci al di sopra di un re se non il suo stesso onore? Artù ripeteva nel suo cuore gli insegnamenti del mago mentre prendeva la via delle sue stanze personali insieme alla regina. Ginevra, rimasta a fianco del marito fino alla fine del consiglio con i Lord del regno, seguiva silenziosa i passi del re, provando ogni tanto a scrutare nei suoi occhi in attesa di scorgere un suo pensiero. Gli eventi appena accaduti nella sala grande avevano di certo dato forza e coraggio alla coppia così come avevano mostrato ai lord più restii quanto la forza del giovane figlio dell'orso nel proseguire la sua missione fosse temprata e forte. Il regno ora era nelle sue mani e l'appoggio dei nobili avrebbe permesso di proseguire la via della guerra con un appoggio garantito. Nessun bretone si sarebbe rimangiato la propria parola data al casato dei Pendragon. Era troppo importante che l'onore di un uomo venisse prima di ogni altra questione. Ogni lord del regno sentiva su di sè il peso del sacrificio - non solo economico - che il giovane sovrano aveva chiesto loro per respingere i nemici, ma Artù e Ginevra avevano chiaro in mente che ormai tutti avrebbero fatto la propria parte. Solo a guerra finita, il re avrebbe ridato loro tutti i benefici che stavano per sacrificare in quella missione suicida. Il dado era tratto come amava dire Gaius e non si poteva tornare più indietro. La Britannia era in guerra e i nobili avrebbero a breve radunato i loro eserciti sotto i vessilli alleati. Dal canto suo, Artù avrebbe marciato con i suoi uomini e l'esercito di Camelot. Ma ancora non sapeva sotto quale stemma avrebbe combattuto. Voleva essere come suo padre e difendere il casato del drago come i suoi antenati. Un onore che avrebbe volentieri abbracciato per dare continuità alla sua discendenza di sangue. Ma, nel suo animo, sentiva ancora il richiamo della contea dove era cresciuto insieme a ser Hector e a suo fratello Kay, ormai membri della guardia reale cittadina. Non aveva mai conosciuto suo padre vero e per questo sentiva di appartenere più al casato di Hector, creduto a lungo come il suo degno genitore. Non a caso, per non scordare la sua infanzia, aveva mantenuto il vessillo di guerra del suo casato adottivo, preferendo combattere sotto lo stemma dell'Orso anziché per il drago rosso, simbolo di Aurelio Ambrosio e Uther. Da qui si era guadagnato il rispetto dei suoi cavalieri più fidati i quali gli avevano affibbiato in modo scherzoso il nomignolo di "Giovane Orso". Artù ci aveva riso sopra all'inizio, poi però aveva compreso l'importanza di quel nome, sentendolo sempre più suo come una seconda pelle. Il drago rosso era uno stemma reale che solo un vero re degli uomini avrebbe meritato di portare. Cosa che Artù non sentiva ancora come sua proprietà e nemmeno voleva pensarci. Aveva accettato di essere re come Merlino diceva fosse nel suo destino. Ma il diritto e il dovere erano due cose diverse così come aveva appurato quando Excalibur lo aveva scelto facendosi estrarre dalla roccia. Il pensiero lo afflisse e lo reso di nuovo taciturno. Non si accorse nemmeno di essere ormai prossimo alle stanze della regina e che avrebbe dovuto lasciarla per pensare a cosa dire al prossimo incontro con i lord. Dal canto suo, Ginevra si accorse di essere giunta alle sue stanze quando vide il marito marciare spedito oltre la porta bianca della sua camera. Non voleva che si affliggesse ancora e pensasse a ciò che stavano per compiere. Non avrebbe atteso ancora prima di poter riavere un incontro con lui alla fine della guerra. Forse non avrebbe neppure avuto il tempo. Artù era troppo preoccupato dai suoi doveri per pensare a certe cose. Ma il cuore di una donna è pieno di desideri e, spesso, essi hanno bisogno di essere liberati. Stette per un attimo ad esitare, ma alla fine prese coraggio. Artù stava per girare l'angolo del piano che la regina invocò il suo nome, facendolo arrestare all'istante.
-Mio signore - disse
Artù si fermò di colpo e volse lo sguardo verso di lei con una rotazione del capo.
- Si, mia regina - il cuore di Ginevra prese a battere più forte.
- Non so quanto tempo passerà prima che i nostri volti possano incrociarsi di nuovo come pochi istanti fa. Ma vorrei che, prima che comincino periodi oscuri, Sua Maestà mi conceda l'onore di condividere con me un momento in solitaria come nel giorno delle nostre nozze. Un ultimo desiderio prima che il suo coraggio lo porti via da me e il mio cuore si chiuda in attesa di sapere quando potrò rivedervi - usò tutte le parole da cortesia che conosceva al fine di non lasciar uscire i suoi sentimenti così a fondo in modo che eventuali orecchie nascoste potessero udire. Ma il suo cuore si era liberato e scoperto i suoi veri sentimenti. Artù comprese quanto il dolore della separazione potesse fare male e percepì nell'animo della moglie tutta la frustrazione di chi sta per perdere l'amore della sua vita. In quel momento i pensieri volarono via e il fiato del re si fece più cauto. Il peso sul petto si alleggerì mentre si scrollava di dosso la sua espressione dura e determinata del giovane re per lasciar emergere quella del semplice uomo. Non disse nulla, ma si avvicinò di nuovo alla moglie. Ginevra percepì il battito del suo cuore farsi più inteso mentre i passi del marito si facevano più vicini. Il viso del re lasciò intravedere un sorriso e le gote di Ginevra cominciarono a colorarsi di rosso. Artù sorrise e Ginevra capì che anche lui provava una gioia immensa nel vederla divampare per la vergogna. Quando poté percepire il suo fiato sul viso, Artù le prese il mento e la fissò dritta negli occhi come nel giorno delle nozze. Ginevra contemplò il mare immenso nei suoi occhi, perdendo improvvisamente la parola. Come nel giorno della loro unione, non poté fare a meno di pensare quanto Artù fosse bello e dai modi delicati. Se pur un guerriero e un sovrano, Artù le aveva mostrato il suo lato nascosto dove i sentimenti e la dolcezza di un ragazzo potevano ancora emozionarsi al posto della durezza e della determinazione di un uomo posto a comando di un'intera nazione. Ginevra comprese quanto fosse dura per lui essere marito e re allo stesso tempo. I tempi erano maturi per compiere quello che andava fatto, ma la regina sentiva ancora di voler conoscere bene quel ragazzo che il padre le aveva scelto come marito. In questo si rallegrò pensando alle notti insonni passate a capire come e quando avrebbe potuto compiacere il nuovo signore di Camelot senza averlo mai incontrato. Ora che Artù aveva tolto la corazza del guerriero e aperto il suo cuore di marito alla donna che amava, anche Ginevra comprese quanto Dio fosse stato generoso nel concederle l'onore di incontrare un re come quello.
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Artù e Ginevra. L'amore dietro la Leggenda
FantasyBritannia, 510 d.C. Nella terra dei Britanni, a distanza di qualche anno dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, sale al trono un giovane guerriero, unico erede del defunto Uther Pendragon. Il suo nome è Artù, destinato a diventare una leggenda...