Cap. 2 - Il Mago

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I primi raggi del sole illuminarono la stanza reale poco dopo che il gallo liberasse il suo primo canto. Artù si sentì toccare dal calore dei fasci di luce, destandosi dal sonno prima di quanto avesse sperato. Era riuscito a dormire bene nonostante ciò che aveva passato la notte prima. E conosceva bene il motivo. Se pur consapevole che, il giorno dopo le nozze, la sua vita da re sarebbe iniziata per davvero, il giovane non staccò gli occhi dalla splendida fanciulla che ora gli dormiva accanto. La osservò dormire profondamente, seguendo il battito regolare del suo cuore e sentendo il suo respiro pacato riempire la stanza. Ginevra dormiva come una bambina, calma e rilassata così come lo era quando era da sveglia. La sera prima, quando le ancelle l'avevano preparata e condotta nella sua camera, Artù ne era rimasto abbagliato sin da subito - conscio soprattutto dell'importanza che quell'unione avrebbe avuto per il futuro del suo regno. Era stata questa la presa di coscienza a convincerlo a chiedere la mano della ragazza al padre. Merlino stesso si era perfino complimentato con lui per quella scelta. E in modo alquanto curioso per un mago del suo calibro, sempre vigile e attento su qualsiasi decisione il giovane re avesse preso sin dalla conquista della corona. Il mago era un uomo misterioso e imprevedibile. La gente di Camelot diffidava da tempo nei confronti di tutti coloro che praticavano la magia. Merlino in primo luogo. Perfino i nobili del regno, fedeli alla volontà del re, continuavano a sospettare del suo fido consigliere. Eppure, in quella particolare occasione, Merlino aveva appoggiato sin dall'inizio la scelta di Artù nel prendere Ginevra come sposa. Ma il re era stato ben istruito sin da bambino e, perfino in quel clima di festa, sentiva aleggiare qualcosa di strano nell'aria. Certamente l'aver estratto Excalibur dalla roccia e, di seguito, l'estromissione dei Sassoni dalle coste dell'isola, avevano fatto sì che i cavalieri e i nobili del regno appoggiassero la sua causa.  Tutte cose che facevano ben sperare in un futuro migliore sia per la Britannia che per il suo regno. Ma Artù era diverso. Non erano le vittorie ad appagarlo, ma la propria sete di curiosità . Aveva bisogno di risposte a tutti i suoi interrogativi e a Camelot vi era solo una persona in grado di dargli ciò che voleva: Merlino in persona.

Tutti conoscevano Merlino per la sua infinita conoscenza, ma solo Artù sapeva la verità sulla vita del suo maestro e consigliere di corte. Da giovane, il mago aveva sviluppato delle conoscenze illimitate, che andavano ben oltre il sapere dell'uomo comune. Inoltre, era risaputo che Merlino avesse sperimentato spesso incantesimi proibiti che, più di una volta, lo avevano ridotto in condizioni estreme. Uno di questi lo aveva perfino portato più vicino alla morte di quanto potesse immaginare. Tale era stato lo sforzo che il mago che le capacità stesse del mago avevano subito una profonda trasformazione, arrivando a sfiorare il delicato confine che separava il mondo mortale da quello dei morti. Per questo, alcuni uomini della chiesa bretone- il vescovo Samson di Glastonbury in persona - diffidavano in tali forme di conoscenza. Fervi sostenitori della fede cristiana, disprezzavano Merlino e le sue conoscenze arcaiche, residui dell'antica religione celtica di quella terra. Cosa ancora più strana, circolava la voce che lo stregone fosse in grado di prevedere il futuro. Ma Artù era diffidente verso tali dicerie. Non si era mai posto interrogativi sul genere di vita condotto dal precettore prima di incontrarlo. Sapeva dei suoi viaggi in lungo e in largo, ma lasciava da parte le malelingue sul conto del suo maestro. Preferiva più ricordare l'uomo gentile e buono che lo aveva cresciuto e istruito. Più passava il tempo, più il legame fra i due si era fatto inteso tanto che Artù pensava a Merlino più a come un padre anziché solo un amico. 

I pensieri lo accompagnarono fino a quando non fu vestito di tutto punto per uscire dalla camera da letto. Guardò ancora una volta Ginevra prima di prendere Excalibur e allontanarsi. La stanza in cui avevano dormito odorava ancora dei fiori che le domestiche avevano lasciato sul pavimento durante i preparativi. I petali rossi e i bianchi gelsomini deliziavano ancora la coppia del loro dolce profumo. Erano davvero fiori magici come la nuova regina aveva constatato la sera prima entrando nella camera del re. Artù ne scostò alcuni rimasti sulle coperte del letto e altri che avevano avuto l'ardire di posarsi sui cuscini. Solo uno, forse il più audace, era riuscito a raggiungere la guancia della sua regina, ignara del suo candido bacio. Con mano delicata, il re prese il piccolo petalo di rosa e se lo avvicinò al proprio naso. L'odore che ne ricavò fu inconfondibilmente magico: il petalo aveva mantenuto la sua essenza madre, ma la fragranza profumata della moglie era rimasta impressa su di esso, dandogli un profumo nuovo, sconosciuto al più esperto dei giardinieri. Artù decise di prendere quel piccolo gioiello con se, infilandolo nel fodero che ospitava la spada. Con quel gesto, fece anche una promessa al suo cuore: ogni qual volta che avesse estratto Excalibur, sarebbe stato in nome della sua regina e del suo regno. Mai per se stesso o per i suoi desideri. Su quelle basi sarebbe sorto il nuovo regno dei Britanni e, su quelle promesse, sarebbe divenuto il re che il suo popolo aveva a lungo atteso.

Artù e Ginevra. L'amore dietro la LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora