Cap. 15 La via della guerra

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Le polene sassoni erano comparse dalla coltre di nubi che si profilava all'orizzonte. Nessuno aveva previsto che la furia di quei feroci predoni del mare si abbattesse come una tempesta su un pacifico villaggio della costa così come le loro asce avessero così tanta fame di sangue innocente. Appena toccato terra, gli ordini dell'enorme orso guerriero che comandava l'esercito erano stati uditi da tutti, perfino da coloro che non conoscevano la lingua germanica del nord. I più giovani che mai avevano conosciuto tanto odio furono sopraffatti per primi di fronte a quell'orda di demoni malvagi. Sotto i loro occhi, i genitori o chiunque fosse incaricato di proteggerli non aveva potuto nulla contro l'orda di guerrieri venuti dal nulla. Brutus, figlio di Jols, il fabbro del villaggio, era stato fortunato a nascondersi prima che i Sassoni bruciassero la sua casa. I suoi genitori - così come la bottega del padre e il loro mulo - non erano stati altrettanto fortunati. I Sassoni avevano fatto scempio del corpo di suo padre, mutilandolo, per poi concentrare le loro orride attenzioni su sua madre, ormai rimasta sola a difendere il figlio di fronte a cinque di quei mostri. Le sue urla strazianti dovute allo stupro di gruppo echeggiavano ancora nelle orecchie del figlio. Solo il colpo di spada del più grosso di quei bruti aveva posto fine alle sue sofferenze. Ora era solo e con nulla al mondo per sopravvivere. Solo un'idea lo convinceva ad andare avanti: Camelot. Doveva raggiungere la capitale del regno e avvisare il grande re Artù di quello che era accaduto. Ma come? Non sapeva cavalcare - anzi non poteva nemmeno permettersi un cavallo - non conosceva le strade reali e quindi non avrebbe potuto raggiungere il cuore del regno. Inoltre, i Sassoni erano ormai entrati nel reame e dilagavano liberamente nella piana come locuste affamate. Di fronte a sé, Brutus aveva solo un'immensa distesa verde insieme a quanto restava ancora di libero dopo l'arrivo dei lupi nordici. In mano la sua bisaccia e un bastone di legno con il quale si reggeva in piedi, affrontando le foreste vicine per paura dei predatori. Umani e animali che fossero tanto ormai non importava più fare differenze. Non sapeva maneggiare di certo una spada e la sua statura gli impediva perfino di indossare un'armatura che fosse in grado di reggere uno scontro. Per un bambino era impossibile vivere a quel mondo. Specialmente da quando quest'ultimo era stato cancellato dalla guerra. Era così dunque il destino degli uomini giovani. Combattere fino alla fine e vivere come animali. Sempre pronti ad azzuffarsi fra pari per un tozzo di pane, sperando che il giorno dopo ci fossero meno pretendenti. Ma ogni volta la storia si ripeteva e altri predatori tornavano, sempre più affamati e con la voglia di distruggere sempre tutto. I Sassoni alla fine erano tornati e il destino della Britannia era di nuovo appeso a un filo. Brutus non credeva negli dei - così come i suoi genitori - ma aveva sentito di sacerdoti speciali che parlavano di come un certo Dio perdonasse coloro che facevano del male ad altri uomini. Ne aveva sentito parlare dai mercanti del mare che, ogni tanto, risalivano il fiume e incrociavano il suo villaggio. Da quando l'impero degli invasori era terminato, diverse notizie venivano dal mondo e ognuna con storie sempre nuove. Si sentiva parlare di nuovi regni che emergevano a nord del mondo, sia in Italia che in Oriente. Aveva udito di un nuovo imperatore, Giustiniano, autore di una grande battaglia in Italia e in Oriente contro Ostrogoti e Persiani nel tentativo di ripristinare l'antico impero italico. I mercanti dicevano che costui era grande e potente tanto da rivendicare l'appellativo di Magnus in memoria dei suoi antenati di Roma. Altre notizie venivano da nord dove, di fronte all'invasione sassone, altri regni emergevano a contrastare la minaccia. In quel territorio che i mercanti latini chiamavano Francia stava nascendo una nuova dinastia con a capo un uomo di nome Pipino. Costui, da poco divenuto re dei Franchi, stava ponendo le basi per un regno solido e massiccio, stringendo alleanze solide con il capo della chiesa cristiana di Roma. Un patto che, a detta dei commercianti venuti dal mare, avrebbe posto le basi per un nuovo mondo, con a capo lo stesso sovrano dei Franchi da una parte e il papa dall'altra. Brutus era affascinato da questi racconti e sperava sempre che qualche notizia sempre nuova giungesse sulle rive della Britannia. Ma il fato questa volta gli era stato avverso e dal mare era piovuta una pesante sciagura. Due lacrime gli solcarono il viso ripensando agli orrori che aveva visto nei giorni precedenti e di come il male potesse avere volti sempre nuovi. Ora, nella sua mente di bambino di campagna, c'era il viso dell'enorme uomo-orso che aveva trucidato la sua famiglia e la sua vita. L'immagine dello jarl che guidava le truppe norrene dimorava nei suoi pensieri giornalieri quanto nelle notti più buie, passate a sgattaiolare di nascosto nei boschi per sfuggire alle pattuglie nemiche che lo cercavano. Erano già due giorni di marcia che lo separavano dalla costa dove si trovava prima il suo villaggio e altrettanti passi da fare per raggiungere la capitale. Lì poi avrebbe chiesto al re di essere ricevuto per comunicare quanto aveva visto. Non lo aveva mai visto, ma sapeva che quel giovane sovrano era molto amato dalla sua gente e che mai si era tirato indietro di fronte al pericolo. E poi era da molto tempo che voleva seguire suo padre per vedere la grande Camelot, la città dei Pendragon. Reggendosi al suo bastone, imboccò una via che conduceva verso il fitto del bosco, mosso solo dalla sua voglia di vivere e dalla sua volontà di raggiungere al più presto quel luogo sconosciuto dal quale avrebbe trovato giubilo e risposte. In cuor suo però a farsi strada era ormai un altro sentimento: la vendetta. 

Artù e Ginevra. L'amore dietro la LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora