Artù aveva lasciato la stanza di Merlino poco prima che il suono delle campane destasse l'intera Camelot dal sonno. Il colloquio col suo mentore lo aveva lasciato con la mente piena di interrogativi sul suo futuro e su quello del suo regno. Il mago era stato pronto a rispondere ad ogni sua domanda, ma il re non ne era pienamente sicuro delle sue risposte così razionali. Merlino non si era mai sbagliato su nulla da quando lo conosceva, eppure questa volta Artù non era certo della sincerità del suo consigliere. Aveva bisogno di più tempo per riflettere. Ma a questo avrebbe pensato più tardi. Nonostante le nozze si fossero celebrate solo il giorno precedente, era già ora di tornare ad occuparsi di faccende più gravi. Già in mattinata avrebbe incontrato i nobili del regno nella sala del trono, alla presenza di tutti i cavalieri e dei lord che lo avevano supportato nella battaglia contro i Sassoni. La vittoria era stata condotta in maniera magistrale, grazie anche all'abilità con la quale il giovane re aveva guidato le truppe sul campo. Eppure la questione non era stata risolta del tutto. Nuovi raid da parte degli invasori erano stati accertati a nord e piccole flotte di navi da guerra a detta degli informatori stavano per salpare dalla Scandinavia per un nuovo assalto alle coste della Britannia. O a quel che ne restava. Artù era consapevole che avrebbe dovuto osare di più questa volta, cercando di convincere anche la stessa Chiesa a finanziare i suoi investimenti al fine di difendere il proprio regno da quei barbari invasori. E stavolta, il motivo non era solo legato alla sopravvivenza politica e sociale del suo popolo. Ora aveva anche una moglie a cui badare e - sempre che Dio o gli antichi dei celti fossero consenzienti- forse un erede a cui lasciare quella pesante eredità. Non era certo sul fatto che, dopo la prima notte di nozze, il grembo di Ginevra fosse già stato benedetto per donare la vita ad un futuro re, ma ad Artù l'idea stessa di essere finalmente responsabile per qualcuno lo rendeva felice. E nervoso oltre ogni immaginazione possibile. Non aveva mai conosciuto suo padre, re Uther, e questo lo aveva reso impreparato al compito per il quale Merlino lo aveva preparato per tutta la durata della sua infanzia. Ogni giorno, ogni ora, ogni misero granello di secondo in cui si trovavano faccia a faccia, il mago gli ripeteva che avrebbe dovuto essere pronto sempre. Non doveva essere un re come suo padre. Ma molto, molto più grande. Da anni, da quando gli eserciti di Roma avevano lasciato quella terra e, contemporaneamente, i seguaci del Cristo bianco avevano iniziato a diffondere il loro credo in lungo e in largo sull'isola, il regno era sempre stato solo un posto pieno di guai e confusione. Nessuno più confidava negli antichi dei della terra e, come inevitabile di conseguenza di quegli eventi, chiunque fosse colto a praticare la magia era stato per molto tempo perseguitato e torturato fino alla morte. Merlino aveva visto la violenza con la quale i monaci fanatici e i ciarlatani del mondo si fossero accaniti contro la sua gente. E lui, sulla sua pelle, aveva sentito fin nelle viscere cosa volesse dire essere un prigioniero nelle mani della Chiesa cristiana. Ma alla fine era giunto Uther, un giovane testardo e assetato di potere, ma meno feroce rispetto ai sovrani precedenti. Uther era un uomo scaltro e sapeva bene che, a parte il diffondersi di un nuovo credo, non bisognava mai abbandonare la fede dei propri Padri. Per questo, aveva modificato la legge imposta anzitempo dall'imperatore Costantino il Grande - il primo imperatore romano a scegliere quel credo, insolito e fanatico, come religione ufficiale per tutto l'impero, abolendo la persecuzione contro i seguaci dei vecchi dei e lasciando che entrambe le due religioni coesistessero in quella terra. Secondo alcuni saggi, Merlino fu la vera mente dietro quella scelta insolita da parte di Uther, ma non completamente estranea visti i precedenti - molto segreti e sconosciuti a tutti - che si diceva fossero trascorsi fra il mago e il sovrano di Cornovaglia. E ad Artù, come c'era da aspettarsi, il maestro non aveva mai rivelato nulla sul contenuto di quegli incontri. Artù aveva imparato a conoscere suo padre dai racconti di Merlino e dalle storie del vecchio Gaius, lo scrivano di corte. Costui però affermava di essere stato, in una vita precedente, il medico personale di suo padre e di averlo servito fino alla sua morte. Gaius era anziano già quando Artù era bambino, ma sentiva ancora dentro di se una linfa vitale molto più forte di quanto il nuovo re potesse dire di aver visto in altre persone. Era stato fra i suoi primi sostenitori, riconoscendo in lui la stessa tempra che diceva possedesse Uther quando era salito al trono. Grazie alle sue doti di speziale e alle sue eccellenti abilità di studioso, Artù era andato contro ogni aspettativa, tenendolo con sé, nonostante Merlino diffidasse di lui per i suoi orientamenti verso i cristiani. Ripensò che essere re volesse dire anche prendere delle decisioni da solo. E pagarne il prezzo giusto se queste si fossero rivelate sbagliate. Merlino aveva approvato il suo desiderio di sfidare la sorte e prendere in mano il suo destino come un vero cavaliere. Pensò a lungo a quei ricordi, mentre si accingeva a raggiungere la sala del trono di Camelot.
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Artù e Ginevra. L'amore dietro la Leggenda
FantasyBritannia, 510 d.C. Nella terra dei Britanni, a distanza di qualche anno dalla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, sale al trono un giovane guerriero, unico erede del defunto Uther Pendragon. Il suo nome è Artù, destinato a diventare una leggenda...