Cap. 18 - La ferocia dell'Orso

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Scese il silenzio dopo che Gundleus ebbe parlato. Ora era chiaro che i presenti si aspettavano una riposta dal loro re. A meno che non ci fosse ancora qualcuno disposto a prendere la parola per dire la propria versione delle cose. Ma una reazione non avvenne e il sovrano rimase ammutolito come se fosse stato appena privato della parola. Nella sala cominciarono a mormorare e a chiedersi il perché Artù non replicasse. Ma il sovrano pareva come ipnotizzato e la gran parte dei lord alleati se ne accorse. Ginevra, dal canto suo, non disturbò il suo sposo se pur fosse preoccupata per la reazione da parte sua che mancava ad arrivare. Gundleus se ne stava in disparte, evidentemente consapevole di aver fatto centro e di aver zittito quel ragazzo con il solo dono della persuasione. Non era estraneo alle voci di corridoi che definivano Artù ancora troppo inesperto alla politica e alla capacità di saper far breccia nelle menti dei sudditi. Se pur avesse in testa la corona dei re britanni, rimaneva pur sempre un sedicenne al quale era stato fatto il dono della regalità senza che avesse dato prova veramente di meritarsela. Gundleus, per gelosia o per semplice riflessione razionale, non poteva negare che il ragazzo avesse fegato, ma nella sua lunga vita aveva visto diversi re sedere sul trono di Britannia. Artù era stato bravo contro i Sassoni, ma una buona dose di fortuna l'aveva di certo avuta. E forse anche qualche sortilegio da parte del suo consigliere stregone. Gundleus detestava quel vecchio druido e non avrebbe di certo negato di fronte all'evidenza che preferiva vederlo bruciato sul rogo anziché a piede libero per il regno. Da buon cristiano, seguace della dottrina di Santa Romana Chiesa impostata e voluta da papa Simmaco prima e proseguita sotto Gregorio I Magno, Gundleus disprezzava le antiche religioni e le credenze che volevano il popolo celtico ancora in sotto il controllo delle antiche caste sacerdotali. Merlino era un nemico e lui avrebbe fatto di tutto per impedire che eresie del genere continuassero a influenzare i sovrani del regno. Questa volta, di fronte alla minaccia sassone, avrebbe agito secondo i precetti della chiesa impedendo a quell'imberbe sovrano di rovinare tutti quegli anni nei quali aveva agito per accrescere il suo prestigio e riempire le proprie tasche. Il nobile guardava in direzione dello scranno reale, aspettando la risposta del re. Il silenzio calato sui presenti dopo il suo intervento era il segnale che Artù non aveva una risposta pronta. Evidente atteggiamento di un ragazzo ancora inesperto sulle capacità oratorie che facevano di un uomo un potente strumento di persuasione. 

Artù incrociò lo sguardo di Gundleus al fondo dell'accolita e per poco non fu tentato di estrarre Excalibur e piantargliela nel ventre. Quel verme vestito di verde lo aveva umiliato davanti ai suoi sudditi, in casa sua, davanti alla sua regina e ai suoi cavalieri. Quanto meno meritava di essere sbeffeggiato davanti a tutti per l'affronto e il poco rispetto verso il suo re. Ma l'intervento tempestivo di Ginevra e della sua pacata calma lo aveva rasserenato, distogliendo la mente da quel vile pensiero e tornando a concentrarsi sulla vera questione del giorno: la difesa di Camelot. Il discorso elargito dall'anziano lord era stato spregevole, ma in cuor suo il re sapeva essere sincero. In ballo c'era troppo da rischiare e, di conseguenza, da perdere. Suo padre Uther cosa avrebbe fatto in quella situazione? Cosa avrebbe consigliato di fare Merlino se fosse stato lì con lui? La voce del mago per un attimo lo aveva destato, ridandogli fiducia e coraggio. Una fiamma che la regina Ginevra con la sua vicinanza in quel momento difficile aveva alimentato con ardore. Non aveva mai sentito tanto affetto da parte di una donna. Artù aveva avuto poco tempo per frequentare fanciulle o ragazze del regno quando era stato chiamato a compiere il suo destino di re. Così come il matrimonio con Ginevra fosse stato combinato dal suo mentore senza che avesse il tempo per conoscere la sua promessa sposa. Ma adesso, in quel momento così grave, con metà corte ancora ostile nei suoi confronti e la costante paura che i Sassoni potessero giungere nella capitale in qualunque momento, sentiva il coraggio di Ginevra scendergli nelle vene, come se un fuoco vibrante di ardore si fosse impadronito di lui. Non era più la fanciulla inesperta che aveva sposato qualche mese prima, ma una donna forte e decisa così come lo erano i suoi modi di fare. Una vera regina come Merlino gli aveva predetto sarebbe diventata. E fu in quell'attimo che sentì il cuore battergli forte nel petto come un tamburo da guerra pronto a dare il ritmo in battaglia. Lo stesso sentimento che lo aveva visto estrarre la sacra spada dalla roccia anni prima e che lo aveva guidato, in seguito, verso il primo scontro con i lupi del nord. Quel coraggio che ora doveva ritrovare per respingere ancora una volta i dubbi e far sapere che Camelot e l'intero regno non erano soli e che il vero discendente del casato del drago era lì di fronte a loro, meritevole del trono paterno. 

Artù e Ginevra. L'amore dietro la LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora