Capitolo 1: "Il College"

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Pioggia, nebbia, freddo.
Così era New York City il 15 gennaio 2024, nonché giorno dell'inaugurazione del nuovo college in periferia della città, fatta costruire dal sindaco in persona. Tre quarti d'ora di bus e cinque minuti a piedi dalla "casa" in cui vivevo. Questo college era molto, molto speciale. Non ospitava ragazzi ordinari, ma ragazzi affetti da "uno strano disturbo", ovvero quello di non ricordare la propria identità, come me.
Io non ho un nome, non ho un'età, non conosco la mia storia, le mie passioni. In due mesi ho scoperto poche cose di me: so che mi piace la musica e che amo leggere libri.
Questo fenomeno dei ragazzi "senza identità" si verificò prima a me, poi a molti altri. È per questo che il sindaco prese dei provvedimenti, costruendo un punto di ritrovo per queste ombre vaganti. Oggi è un giorno importante per tutti noi. Erano le 5:30 del mattino e il bus arrivò stranamente puntuale. La strada era deserta e scorsi dal finestrino, dei negozi che stavano per aprire, i lampioni che stavano per spegnersi e l'alba all'orizzonte. Però continuai a farmi la solita domanda: perché i miei ricordi sono lucidi solo da quando mi sono trovata qui a Central Park? Cosa era successo prima?
Questo magari lo saprò solo entrando in quel college. Il sindaco aveva detto chiaro e tondo: "La miglior cura della memoria è la cultura".
Non ci credetti e continuai a fissare il panorama dal finestrino.
Raggiunta la fermata dell'autobus presso il college, camminai su un marciapiede che poco dopo voltava verso sinistra, una volta aver cambiato direzione, vidi quell'enorme edificio, nascosto dagli alberi e dai palazzi che gli erano accanto. Sembrava un castello imponente. L'ingresso era stupendo: c'erano due o tre porte di vetro molto grandi, per mezzo delle quali potevo già scorgere l'interno, più in alto c'era una sorta di scritta incisa su una lastra di pietra: "Il College". Perché "Il College"? Forse perché anche questo edificio non ha una identità come noi? Più in alto ancora si vedevano delle finestre, alcune con terrazzino, magari lì c'erano delle camere o delle aule. A questa struttura, si collegavano altri edifici più piccoli, che avevo supposto fossero luoghi alternativi come la palestra, vari laboratori eccetera.
Tutto questo complesso era protetto da alte mura in cemento armato. L'unico accesso di entrata era davanti a me: un cancello in ferro ancora chiuso, perché arrivai troppo presto. Erano le 6:30, e avevo letto sul sito che la scuola apriva alle 7:30, per la presentazione della scuola da parte del sindaco in persona e dal nuovo preside: Carlos McCoy, che ha origini Venezuelane, un uomo benestante, che ha ben due lauree.
In quell'ora ero da sola e non sapevo che fare. Raccolsi con un'elastico i miei lisci capelli biondi, sistemai la mia felpa e i miei leggins che avevo indossato anche ieri, l'altro ieri, venerdì scorso, giovedì scorso...
Purtroppo ho vissuto fino ad oggi due mesi di povertà, mangiando quel che c'era e bevendo dalle fontanelle.
Passato un po' di tempo, arrivarono due ragazzi che mi guardarono più o meno stupefatti. Sembrava avessero una certa classe. Entrambi indossavano dei maglioni, quello con i capelli biondo platino raccolti in una bassa coda di cavallo ce l'aveva di colore arancione ingrigito, l'altro, con i capelli verdi, ne aveva uno nero.
Li scorsi da lontano, pensando magari che fossero passanti, invece si dirigevano proprio qui, e uno di loro, notando la mia presenza, attaccò subito bottone con me. La cosa parve strana sia a me, sia a lui, per il fatto che in teoria, se qualcuno doveva presentarsi, faceva quella famosissima domanda, che dovrebbe essere la prima domanda che una persona avrebbe dovuto fare a qualcuno che non conosceva: "Come ti chiami?".
Invece per noi presentarsi era: "Anche tu non ricordi nulla?"
Io rivolsi lo sguardo verso il ragazzo con i capelli raccolti e gli risposi con un secco "Sì".

Ci fu un momento di silenzio tra noi per la troppa emozione, *finalmente dopo così tanto tempo, potrò trovare delle risposte riguardo la mia identità*pensai. L'altro ragazzo disse una frase secca, come se stesse rispondendo alla mia voce interiore: "Speriamo bene".
7:15, arrivarono molti altri ragazzi e iniziò a formarsi una folla indescrivibile.
Dopo un quarto d'ora, le porte si aprirono. Dopo la presentazione, alcuni docenti ci accompagnarono nelle nostre nuove stanze. Stanze camerali, che condividevo con una ragazza dai capelli lisci, scuri ed esageratamente lunghi, con degli occhiali da vista. Anche lei era molto timida, ma la potevo capire. Finalmente potevo fare una vita dignitosa,-e cambiare vestiti-. Durante la presentazione, era stato detto che si potevano fare dei lavori nel College, come aiutare in mensa a servire i piatti, pulire le aule, fare il barman... almeno così potevamo guadagnare qualcosa...
Q

uella prima giornata era stata grandiosa, ma ora basta parlare del passato, è ora di passare al presente.

-WHO ARE YOU?- An Italian Danganronpa fanficDove le storie prendono vita. Scoprilo ora