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Mario

"Sono qui perché quella notte ho conosciuto te."
Quelle parole rimbombano nella sua mente da giorni, togliendogli la capacità di concentrarsi, di pensare ad altro. Ripercorre quel breve primo colloquio di continuo, la sua mente non ne riesce a fare a meno e un brivido lo attraversa ogni volta che ripensa a quegli occhi bellissimi e vuoti, a quell'espressione triste, a quelle labbra curvate in un sorriso amaro. Ci ripensa e non riesce proprio a capire. Cosa è successo quella notte? Cosa c'entra lui? Cosa è successo a Claudio?
Apre gli occhi ancora stordito dal sonno leggero e poco tranquillo della notte passata e si passa una mano sul volto, sbuffando sonoramente. Ripensa a quelle parole ancora e ancora. E poi riporta alla mente ciò che è avvenuto dopo.
"Sono qui perché quella notte ho conosciuto te."
Mario aveva alzato lo sguardo su di lui, sorpreso da quelle parole.
"Cosa?" Aveva chiesto perplesso, perdendosi nel verde.
"Sono qui perché quella notte ho conosciuto te." Aveva ripetuto Claudio senza battere ciglio.
Poi erano rimasti in silenzio per qualche minuto, Mario aveva avuto bisogno di assimilare quelle parole, di cercare di capirne il senso, prima di proseguire. Aveva cercato di ricomporsi, riassumendo un'aria il più professionale possibile.
"Ti va di spiegarmi meglio?" Aveva provato a chiedere, anche se la sua voce aveva tradito un po' di incertezza. Perché aveva quasi paura della risposta dell'altro. Ma Claudio aveva scosso la testa ammutolendosi. Era rimasto immobile, zitto, per il resto del tempo. Il suo sguardo a volte si era posato su Mario, provocandogli una strana sensazione per tutto il corpo. Brividi e calore insieme. Vento sulla pelle. Poi era corso via, esattamente come la volta precedente. Mario lo aveva visto correre fuori e aveva tirato un sospiro di sollievo. Aveva ripreso a respirare dopo un'ora di apnea. Ma il cuore...quello non aveva smesso di martellargli in petto.
Si alza velocemente dal letto cercando di scacciare quei pensieri e decide di farsi una doccia veloce prima di trascinarsi a lavoro. Alessandro è già uscito, ne è sicuro. La casa è troppo silenziosa. E infatti di lui non c'è traccia neppure in cucina. Mario non può fare a meno di esserne felice, non sopporterebbe l'ennesimo buongiorno freddo e impersonale. È quando si rende conto di essere in anticipo che decide di potersi permettere una veloce colazione al bar.
Così, una volta parcheggiata l'auto vicino allo studio, si dirige al bar più vicino. È un locale minuscolo e, nonostante sia a pochi passi dal suo posto di lavoro, si trova a chiedersi perché non ci abbia mai messo piede. Ed è davvero strano. È strano che non abbia mai pensato di prendere un caffè lì dentro. È strano che non abbia mai notato quel posto. Ed è strano che quando sposta gli occhi sul bancone ci ritrovi proprio Claudio. E di nuovo il battito frenetico del cuore si impossessa di tutto il suo corpo

Che cosa ci fa qui? Non ci siamo più visti per cinque anni ed ora me lo ritrovo dappertutto.

Eppure la cosa non lo infastidisce neppure un po'. Si avvia a passi incerti verso il bancone, sedendosi su uno degli sgabelli di fronte ad esso. Claudio non si è accorto della sua presenza, è voltato, intento a lavorare con la macchina del caffè. Mario resta per un attimo ipnotizzato da quelle mani grandi che si muovono esperte, da quei tatuaggi colorati che ricoprono interamente le sue braccia, da quelle spalle forti e larghe. E si ritrova a pensare a quanto sarebbe bello sfiorare tutti quei muscoli, tutti quei disegni sul suo corpo. Un brivido lo attraversa, mentre il ricordo di Claudio su di lui nei sogni che lo tormentano tutte le notti ritorna vivido. È solo quando Claudio si volta verso di lui e salta quasi in aria che si risveglia da quei pensieri. Claudio lo osserva spaventato. E Mario lo sa. Quella è la paura di chi sente di non avere via di fuga.
"Ciao Claudio, ci rivediamo! Lavori qui?" Gli chiede, rivolgendogli un sorriso.
"Cosa ti porto?" L'altro ignora la sua domanda. Mario gli sorride ancora, teso.
"Un cappuccino, grazie." Risponde. Vede Claudio annuire, prima di rivolgergli di nuovo le spalle. Lo osserva con attenzione e lo vede tremare appena. I suoi movimenti diventano incerti, mentre si lascia scivolare la busta del latte per terra.
"Cazzo!" Esclama, con gli occhi rivolti verso il basso.
"Claudio, ma che hai oggi?! Hai combinato un casino!" lo richiama un uomo più grande, che dovrebbe essere il suo capo.
"Mi scusi...io..." Mario lo vede balbettare e respirare affannosamente, in evidente difficoltà.
"È colpa mia. Siamo amici e l'ho fatto distrarre un attimo. Mi scusi." Esclama rivolgendosi all'uomo, che sembra calmarsi all'improvviso. Infatti scuote le spalle scocciato e va a portare un vassoio colmo di cornetti a un tavolo lì vicino. Mario punta di nuovo gli occhi su Claudio e lo sorprende ad osservarlo. Ed è uno sguardo talmente intenso da trafiggerlo da parte a parte. Si sente in difficoltà di fronte a quell'uomo bellissimo e triste, come non lo è mai stato in tutta la sua vita. Gli accenna un sorriso, mentre Claudio continua ad osservarlo immobile. Il forte odore di caffè bruciato sembra risvegliarlo dal suo torpore.
"Cazzo!" Esclama ancora, mettendo da parte la tazzina con quel liquido decisamente troppo nero e ripetendo l'operazione. Mario non può fare a meno di sorridere rendendosi conto che le stesse emozioni incontrollate che prova lui di fronte a Claudio sono ricambiate dall'altro. Non può fare a meno di sorridere anche se sa che è sbagliato, che Claudio è il suo paziente, che Claudio per chissà quale motivo ce l'ha con lui.
"Ecco il caffè." Esclama proprio Claudio, porgendogli la tazzina che Mario afferra prontamente. Ed è un attimo. Le loro mani si toccano appena, le loro dita si sfiorano. E mario la sente quella scossa. Quella scarica di adrenalina che lo fa sentire vivo, quel vento caldo che la pelle di Claudio a contatto con la sua ha portato in lui. Dentro di lui. Gli manca per un attimo il fiato. L'altro si scosta quasi subito, come scottato, tornando in silenzio al suo lavoro. Lo sente sospirare quasi impercettibilmente. Mario sorseggia quel caffè lentamente, prendendosi tutto il tempo che gli serve, osservando Claudio mentre prepara caffè, serve cornetti, sorride con dolcezza a un bambino che gli chiede una barretta di cioccolato, si sposta il ciuffo che gli cade scomposto davanti agli occhi. Lo osserva e si ritrova a pensare che sia bellissimo. Arrossisce appena a quel pensiero. Si schiarisce la voce una volta terminato il caffè, prima di alzarsi in piedi.
Paga alla casa, sorridendo all'uomo che poco prima ha rimproverato Claudio e che lo guarda ancora scocciato, poi torna per un attimo dall'altro, che lo osserva con aria quasi preoccupata.
"Bene, io vado. Grazie per il caffè Claudio, era davvero buonissimo." Esclama sincero, prima di lasciare quel posto. Ma viene bloccato da qualcuno. È la sua voce. Incerta e spaventata, ma Mario ne è sicuro. Claudio lo ha chiamato. E tutto inizia di nuovo ad andare troppo veloce.
"Mar...ehm...dottore?" Lo richiama, gridando quasi per sovrastare la confusione intorno a lui. Mario si volta e sono di nuovo occhi negli occhi. E di nuovo Mario si chiede come possano esistere occhi tanto belli. E di nuovo si maledice per quel pensiero, perché quello è un suo paziente, perché Claudio ha bisogno di aiuto, di qualcuno che gli rimetta a posto la vita e non che gliela incasini.
"Sì?"
"Ecco, io mi chiedevo...sai, per le prime sedute ci ha pensato un mio amico a fissare l'appuntamento, quindi non so come funzioni...ma insomma...quando...quando dovremmo rivederci?" Gli chiede incerto, torturandosi il labbro inferiore con i denti e parlando a bassa voce, quasi temesse che qualcuno li possa scoprire. Mario non può fare a meno di rivolgergli un sorriso spontaneo.
"Ci vediamo domani alle 17." Gli risponde sicuro. Poi va via, non prima di aver visto l'altro annuire.
"A domani." È un sussurro quello di Claudio. Ma Mario lo sente lo stesso. E in lui quel sussurro appena udibile fa più rumore del boato forte del vento in tempesta.

Sarò quel vento che ti porti dentroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora