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"Che stupidi che siamo... Quanti inviti respinti, quanti... quante frasi non dette, quanti sguardi non ricambiati... Molte volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno."

Claudio

Spezzato. Ecco come si sente Claudio da cinque anni. Incompleto, mai felice abbastanza. Ha perso una parte importante di sé, la  più importante. Non riesce mai a dormire bene, i suoi sogni sono tormentati dai ricordi di quella notte. Quella notte che ha spezzato tutto. Ripercorre ogni minimo istante, ogni momento. Rimpiange ogni sua scelta, ogni parola, ogni gesto compiuto quella notte. Rimpiange il momento in cui ha deciso di rivolgere la parola a quel ragazzo bellissimo che si è ritrovato accanto. Se solo non si fossero conosciuti, se solo lui per una sera avesse deciso di tenerselo nei pantaloni e passare il suo tempo con il suo migliore amico. Claudio lo sa. Non riuscirà mai a perdonarsi.
Si guarda intorno distratto, osservando la gente che gli cammina accanto. Ha appena staccato dal suo turno al bar e sta tornando a casa. Un bambino gli passa accanto. Gli accarezza delicatamente la testa, sorridendo quando il piccolo punta i suoi occhioni blu e limpidi su di lui. Ha sempre amato i bambini, la loro purezza, la loro ingenuità. Fa ancora qualche passo, prima di trovarsi Paolo a pochi metri di distanza. Alza gli occhi al cielo perché no, non ha voglia di affrontare di nuovo quel discorso. L'amico gli corre incontro.
"Che vuoi Pà?" Gli chiede scocciato. Ma tanto la risposta la sa già.
"Devi tornarci Claudio. Per favore." L'amico ha lo sguardo stanco e triste. E Claudio si odia un po' di più per aver trascinato anche lui in quel baratro.
"Ne abbiamo già parlato, Paolo. Io non me la sento." Mormora in risposta, portandosi una mano alle tempie.
"Ma perché? Insomma, ti eri convinto! Eri riuscito ad andarci, cazzo! Cosa è capitato là dentro?"
E come glielo spiega? Che là dentro lui ha trovato uno dei motivi per cui quella notte Luca se ne è andato? Come glielo spiega che non potrà mai guardare il suo psicologo senza che un moto di rabbia e vergogna lo pervada? Come può spiegare tutto questo? Semplicemente non può. Non può trascinare Paolo anche in tutto questo. Non può dirgli che quegli occhi neri che lo tormentano da anni sono stati ciò che lo ha portato ad abbandonare il loro migliore amico. Che quella notte lui Luca lo ha lasciato solo perché aveva trovato l'ennesimo bel faccino da scopare. Non può. Perché lo perderebbe. E perdere anche Paolo lo ucciderebbe. Perciò si limita ad annuire appena.
"D'accordo, ci tornerò." Dice sconfitto, guadagnandosi un sorrisone e un abbraccio caloroso dell'amico. E se questo è ciò che avrà in cambio, l'affetto di Paolo che è orgoglioso di lui...beh allora ne varrà sempre la pena.
Così si ritrova di nuovo di fronte a quella porta il giorno dopo. Paolo gli ha fissato un nuovo appuntamento. E questa volta è diverso. Questa volta Claudio sa che dietro quella porta c'è il suo passato, con cui dovrà finalmente fare i conti. E questo fa paura da morire.
Quando, dopo interminabili minuti, riesce ad aprire quella porta cercando di controllare il tremore che si impossessa di lui, se lo ritrova finalmente di nuovo davanti. Il suo passato. In tutta la sua crudele spietatezza. Crudele e bellissima. Perché Mario è ancor più bello di cinque anni prima, ancora di più della settimana prima. E Claudio non riesce proprio a togliergli gli occhi di dosso. E poi Mario lo fa. Sorride. Ed è un sorriso malinconico. Bellissimo e sincero. E gli dà nuova aria da respirare, aria nuova, fresca, pulita. 
"Claudio, è un piacere rivederti. Accomodati!" Esclama, prendendo posto su una poltrona e invitandolo a sedersi sul divanetto di pelle nera di fronte ad essa. Claudio si avvia a passi incerti, visibilmente sorpreso. Mario sta facendo come se niente fosse, come se non si conoscessero. Come se avesse dimenticato il loro incontro di qualche giorno prima. Lo sta trattando come un semplice paziente. E Claudio lo sa che lo sta facendo di proposito, perché non vuole che lui scappi via. Così si limita ad annuire, prendendo posto su quel divano.
"Come stai?" È questa la prima domanda di Mario. E Claudio non riesce proprio a ricordare quale sia stata l'ultima volta che qualcuno, a parte Paolo, glielo abbia chiesto con tanto interesse. Scrolla le spalle, senza dargli alcuna risposta. Mario lo scruta attentamente con quei due fari neri. Osserva il piccolo taccuino che ha poggiato sulle gambe e vi scrive velocemente qualcosa. E poi lo chiede, diretto, senza mezzi termini.
"Perché sei qui?" Claudio solleva lo sguardo su di lui, sorpreso e spaventato. E poi si arrabbia. È rabbia verso se stesso e verso Mario. Rabbia verso quelle domande a cui sa che non avrà mai il coraggio di rispondere. Così abbassa ancora la testa e resta immobile a fissare i propri pugni chiusi.
"Claudio...io voglio solo aiutarti." Gli dice l'altro. E la voce è quasi spezzata. Ritorna a puntare gli occhi su di lui. Affonda nel nero, ci si perde, non riesce quasi a respirare. E l'altro gli sembra di nuovo il Mario di cinque anni prima, quello che in pochi secondi gli aveva tolto la facoltà di pensare, di ragionare in modo lucido.
"Ti piace psicanalizzare la gente?"
"No, in realtà mi piace aiutarla." Così gli aveva detto. Lo ricorda ancora come fosse ieri. Ritorna a quel giorno anche lui. E per un attimo, un solo attimo, è di nuovo quel Claudio. Un po' più arrabbiato, un po' più ferito. Un po' più rotto.
"Ci sono persone che non puoi aiutare, Mario Serpa." Lo dice piano, a voce bassissima, scadendo lentamente ogni singola parola. E vede Mario sorpreso di quella confidenza, del fatto che ora Claudio sembra voler ricordare che loro due si sono già conosciuti. Che hanno passato insieme una serata bellissima, l'ultima prima dell'incubo.
Mario posa il taccuino sul piccolo tavolo vicino alla sua poltrona, e ritorna a scrutarlo. E Claudio si sente nudo, in balìa delle onde e del vento caldo, non riesce a sopportare l'intensità di quello sguardo, di quel momento. Una scarica di elettricità e adrenalina si impossessa di lui e lo rende di nuovo, per un breve attimo, vivo.
"Fammi provare, Claudio." È Mario a interrompere quel momento silenzioso e colmo di parole. Claudio sembra ridestarsi, muovendosi a disagio su quel divano.
"Cosa?" Gli chiede, non riuscendo a capire a cosa l'altro si riferisca.
"Fammi provare ad aiutarti." Specifica Mario, rivolgendogli l'ennesimo sorriso dolce.
"Perché sei qui?" Continua poi, insistendo con quella domanda. E Claudio potrebbe rispondere in mille modi, dire mille cose, dire che è stato Paolo a trascinarlo lì, che ha subito una perdita che lo ha distrutto, potrebbe parlare di Luca, di ciò che Luca era per lui. Eppure riesce a fare l'unica cosa che sa che potrebbe trascinare anche quell'uomo bellissimo nel suo stesso baratro. Perché certe volte il dolore, il senso di colpa, la paura di essere capiti, sono talmente forti da non lasciarti alcuna capacità di pensare in modo lucido. E di capire. Perché a volte il dolore è talmente tanto grande che si ha bisogno di condividerlo con qualcun altro. Anche se in modo sbagliato. Così lo dice. Anche se un po' dopo si odierà per questo. Lo dice e basta. Rivolge un sorriso triste a Mario prima di parlare.
"Sono qui perché quella notte ho conosciuto te."

Sarò quel vento che ti porti dentroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora