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"Gli erano entrate negli occhi, quelle due immagini, come l’istantanea percezione di una felicità assoluta e incondizionata.
Se le sarebbe portate dietro per sempre. Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l’anima addormentata e ti semina dentro un’immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand’è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell’immagine, da quel suono, da quell’odore. Alla deriva."

Claudio

Si volta e Mattia è ancora lì. Cammina dietro di lui, lo segue in silenzio. Claudio rallenta il passo e rallenta anche lui. Si ferma davanti alla porta di casa. E si ferma anche lui.
"Questa è casa tua?" Gli chiede l'altro, rivolgendogli un sorriso. E se fino a pochi minuti prima Claudio ha considerato quel sorriso bello, ora gli dà solo la nausea. Ora vorrebbe solo non vederlo più. Così non risponde. Entra in casa e anche Mattia entra. Segue i suoi movimenti e ora sembra quasi imbarazzato da quel silenzio. Resta in piedi, fermo, mentre Claudio si siede sul divano. Non lo invita a fare lo stesso, è confuso, non riesce più a capire cosa ci faccia quell'estraneo a casa sua.
"Ti ho notato subito questa sera. Ma immagino che a questo tu sia abituato." Gli dice Mattia, rompendo quel silenzio imbarazzante.
"A cosa?" Chiede Claudio, che sembra finalmente risvegliarsi da quello stato di apatia in cui era caduto.
"Ai complimenti. Ad essere guardato." Risponde l'altro, come se fosse la cosa più semplice del mondo. Claudio lo osserva per un attimo, osserva quegli occhi troppo chiari, prima di abbassare ancora lo sguardo. E poi accade tutto in fretta, senza che neppure riesca a rendersene conto. Mattia si abbassa sulle ginocchia, è troppo vicino, Claudio sente quel profumo troppo forte, troppo sgradevole, nauseante. Alza lo sguardo e se lo ritrova lì, a pochi centimetri di distanza. E non fa nulla per impedirglielo. Per impedirgli di accarezzargli una guancia, per impedirgli di avvicinarsi ancora. Si lascia toccare, aspettando di sentire qualcosa. Un'emozione, un desiderio, qualcosa che non sia semplice disgusto. Ma è inutile. Si sente svuotato, incapace di provare qualsiasi emozione positiva. Si lascia spingere sul divano, lascia che Mattia si stenda su di lui, che lo accarezzi, che gli lasci baci sul collo, sulla guancia, sul petto. Lascia che spinga il suo corpo contro il suo. E poi gli tornano alla mente due immagini. Si guarda intorno e se ne rende conto. Lì, su quello stesso divano, lui e Mario hanno guardato un film senza neppure comprenderne la trama, perché stringersi era più importante. A pochi metri, in cucina, hanno cucinato insieme, si sono distratti tra un bacio e l'altro, hanno lasciato che la cena si carbonizzasse. Poi hanno ordinato una pizza. Claudio ha avuto rari momenti di felicità in questi anni. Ma tutti, tutti quanti sono collegati a quegli ultimi mesi con Mario. E magari è troppo tardi, se ne sta accorgendo troppo tardi. Magari è tutto perduto. Ma quando Mattia si avvicina alle sue labbra, gli viene quasi spontaneo spingerlo via. Forse in modo troppo brusco.
"Scusa, io non...mi dispiace, ma devi andartene via." Gli riesce soltanto a dire, mentre l'altro lo osserva come se fosse pazzo.
"Credevo che lo volessi anche tu." Esclama con tono sorpreso. Ma non sembra arrabbiato. Forse, in fondo lo ha capito.
"Non ci riesco. Sono innamorato di un'altra persona. Non ci riesco, mi dispiace." E ora gli sembra così facile dirlo. Gli sembra così ovvio, quasi scontato. Non lo aveva mai detto prima, non lo aveva mai sentito. Mattia annuisce, poi va via senza aggiungere altro. E Claudio ora sa ciò che deve fare. È stanco di scappare, è stanco di non volersela meritare la felicità. E vuole andarsela a riprendere, ora lo sa.
Così la mattina dopo si sveglia con questa consapevolezza. Ed è spaventato. Ed è felice. Ha tutta l'intenzione di rimettere a posto tutti i pezzi della sua vita. Ha tutta l'intenzione di riprendersi la sua felicità, prima di ogni cosa. E così si fa una doccia, si guarda allo specchio e si ritrova per la prima volta dopo settimane il sorriso stampato in volto. Fa colazione e si prende la mattina libera a lavoro. E poi aspetta. Sa che Mario sta lavorando, quindi aspetta l'ora di chiusura del suo studio, prima di andare da lui. Ed è emozionato, euforico e quando esce da casa e va da lui ha paura. Ha una paura assurda di quello che sta per fare. Ma l'idea di tornare indietro non lo sfiora neppure per un secondo, non questa volta. È come se fosse rinato, si sente nuovo, perché finalmente sa ciò che vuole. E sa di meritarselo.
Lui e Mario si incrociano all'ingresso dello studio. Mario ha appena aperto la porta, sta andando via prima del previsto, solo pochi secondi di ritardo e non si sarebbero incrociati. E Claudio sorride perché ancora una volta il destino ha avuto la meglio su tutto il resto. Ma il sorriso gli muore in volto. Perché Mario è sfinito, non ha nulla del Mario della sera prima. I capelli che gli vanno in tutte le direzioni, le occhiaie profonde, gli stessi vestiti della sera prima, l'aria triste. E quando alza lo sguardo e incrocia il suo, persino i suoi occhi sembrano diversi. Spenti, arrabbiati, delusi, sorpresi. E mai, mai Claudio li aveva visti così.
"Ehi" Gli dice con un filo di voce e un sorriso. Ma Mario non accenna un saluto, né ricambia quel sorriso. Rimane serio, freddo, con quegli occhi spenti. E poi dice due parole. Che fanno più male di qualsiasi altra cosa. E Claudio non se le sarebbe mai aspettate, non dopo ieri sera, non dopo quel bacio, non dopo i suoi messaggi in quelle settimane.
"Vattene Clà." Gli risponde così, duro, freddo. E all'improvviso tutte le certezze di Claudio si sgretolano.
"Mario, mi... Mi dispiace per ieri sera. Sono scappato via, lo so, ma ora io voglio..."
"Non me ne frega un cazzo di quello che vuoi, Claudio. Per una volta ti dirò quello che voglio io. Ed io ora voglio che tu te ne vada e che non ti faccia più vedere." La sua voce è leggermente incrinata, Mario sembra sul punto di piangere. Ma non abbandona quella freddezza, quell'espressione decisa.
"Ti ho detto che mi dispiace!" Esclama Claudio sorpreso da quella reazione e lo urla, senza neppure accorgersene. Perché ora è arrabbiato, non capisce Mario, non capisce quel comportamento così diverso da quello della sera prima.
"E io ti ho detto che non me ne frega un cazzo." Gli urla in risposta Mario, e poi sta per allontanarsi. Ha chiuso la porta e sta per andare via. E in strada non c'è nessuno e Claudio si ritrova a ringraziare il cielo per questa cosa quando urla quelle due parole, perché lo deve fermare, perché non può lasciarlo andare via.
"Ti amo." Lo dice e si sente finalmente libero. E Mario si ferma. Si ferma, ma non si volta. Continua a rivolgergli le spalle.
"Dovevi capirlo prima di scoparti un altro." Sussurra Mario. Ma quelle parole gli arrivano fin troppo chiare. E ora capisce finalmente tutto. Il motivo di quella freddezza, della rabbia. Mario stanco, con gli stessi vestiti del giorno prima. Lui ha visto Mattia. Claudio gli corre incontro per annullare quella poca distanza e continuare a guardarlo negli occhi.
"Cosa? No no no, Mario io non ho fatto niente, non è come..."
L'altro si volta e lo guarda con disprezzo, non lasciandolo neppure finire.
"Non è come penso? Eh Claudio?" Gli chiede, ridendo quasi.
"È questo che vuoi dirmi? Che non è come penso?"
"Si, io...non ho fatto un cazzo, tu devi credermi però!" E Claudio non ricorda più l'ultima volta che ha pianto, è passato troppo tempo. Per questo si accorge delle lacrime solo quando si ritrova ad avere la vista offuscata e a chiedersene il motivo. Sta piangendo. Per la rabbia, per Mario, per Luca, per tutto ciò che gli è capitato, per quello che ora sta perdendo, questa volta per sempre. Non ne rimarrà nulla, questo lo sa.
"Perché dovrei crederti Clà? Perché? In fondo io non ti conosco, credevo di sì, ma no, non so un cazzo di te. Perché il Claudio che credevo di conoscere non si sarebbe arreso così, portandosi a casa un perfetto sconosciuto per scoparselo. Credevo di conoscerti, ma non è così. E non mi interessa neppure sapere se te lo sei scopato, Claudio. Quello che mi basta sapere è che lo hai portato a casa tua, dove siamo stati noi due, insieme. Lo hai portato a casa tua alla nostra prima difficoltà, dopo la nostra prima lite. Come faccio a fidarmi di uno del genere, di uno che si comporta così? Come faccio a fidarmi di te? Non basta un ti amo a buffo per cambiare le cose, per cambiare ciò che hai fatto. E io credo di meritare di più, credo di meritare di meglio. Quindi ora ti chiedo un favore, solo uno. Ho sempre rispettato le tue decisioni, me lo devi. Lasciami in pace, Clà." Smette di parlare e ha appena il tempo di riprendere fiato, prima di scoppiare a piangere anche lui. E Claudio sa che ha ragione. Così non lo ferma più.
"Non piangere, mi fa male vederti così." Gli dice alla fine Mario. Nonostante stia piangendo anche lui. Nonostante tutto. Nonostante la rabbia. E Claudio lo sa che quella è un po' la risposta al suo 'ti amo'. Perché nonostante tutto, Mario non vuole vederlo soffrire. Gli rivolge un ultimo sorriso triste, poi va via. E Claudio non lo ferma.
Quando trovi la felicità non te accorgi. Lo scopri solo dopo, quando è troppo tardi, questo ora Claudio lo sa.

Avevo trovato la felicità e non ho avuto il coraggio di tenermela stretta.

Sarò quel vento che ti porti dentroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora