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Mario

Quelle labbra grandi che si posano su ogni centimetro della sua pelle nuda. Mario rabbrividisce ad ogni tocco, si sente bruciare, geme senza controllo. Quegli occhi verdi in cui si sente affondare, come se fosse nel mare in tempesta, completamente alla deriva. Quel sorriso bellissimo. Il ragazzo gli sorride, compiaciuto per le reazioni del suo corpo, prima di buttarsi con forza sulle sue labbra. È un bacio caldo, le loro lingue si muovono frenetiche. Il ragazzo sopra di lui comincia a strusciarsi con prepotenza sulla sua erezione, succhiando e mordendo un punto preciso sul suo collo.
"Ti voglio dentro di me." Gli mormora all'orecchio, mordendo e lasciando un bacio umido sul lobo. Mario ansima più forte, allacciando le gambe alla sua schiena e spingendo le loro erezioni ad entrare ancora più in contatto. Non ce la fa più, deve averlo.
"Ora però devo andare." Gli dice il ragazzo, con sguardo improvvisamente serio.
"Co...cosa?" Balbetta Mario confuso, prima di sentire un trillo insistente che gli martella i timpani.
Sobbalza. Il suono fastidioso della sveglia gli fa pulsare le tempie. La afferra distratto alla cieca, con il volto premuto sul cuscino, spegnendola. Si alza confuso. Di nuovo quel sogno. Quello che lo tormenta da un mese ormai. Non ne capisce il motivo, non capisce perché ha preso a sognare quel ragazzo che ha incontrato a una festa cinque anni prima, quello con cui c'è stato a malapena un bacio. Non se ne ricorda neppure il nome. Ha cercato di riportarlo alla mente, di sforzarsi, ma nulla. Riesce solo a ricordare quel viso bellissimo, quelle labbra carnose, quegli occhi verdissimi. Si porta una mano alle labbra, sfiorandole appena. Ricorda la sensazione di quelle mani calde e grandi a percorrere ogni più piccolo millimetro della sua pelle, di quella bocca calda e umida su di lui e una sensazione di calore in tutto il corpo lo pervade. Ha bisogno di una doccia fredda, ne ha assoluto bisogno. Si volta verso l'altra parte del letto. È vuota e fredda, come ogni mattina. Sbuffa contrariato, afferrando una maglietta pulita e dirigendosi verso il bagno.
Riesce a scendere di sotto solo dopo un'abbondante mezz'ora passata sotto la doccia a scacciare i ricordi di quel sogno che lo tormenta.
"Buongiorno." Esclama atono, afferrando distrattamente un biscotto. Alessandro solleva lo sguardo dal giornale, portandosi la tazzina di caffè alle labbra.
"Buongiorno." Risponde, riportando gli occhi al giornale. Ed è sempre così, ogni mattina, da mesi ormai.
Ha conosciuto Alessandro durante il terzo anno di università. Stanno insieme da più di due anni ormai. Si sono piaciuti subito. All'inizio era tutto bello, tutto perfetto. Alessandro è dolce, sensibile, è riuscito a farlo sentire amato. Ma da un po' di tempo a questa parte Mario sente che manca qualcosa. È come se fosse tutto piatto, privo di emozioni. La loro relazione è una routine che entrambi ormai sopportano poco. Stanno insieme per abitudine, perché ormai sono abituati così. E Mario ha provato spesso a parlarne con Alessandro in questi mesi, a trovare una soluzione. Ma lui sembra sempre voler cambiare argomento. È come se avesse paura di lasciarlo andare. E Mario non insiste. Semplicemente perché in fondo ormai gli vuole bene e gli dispiace metterlo in difficoltà. Così si limitano a portare avanti quella convivenza, come due estranei. Mario abbassa lo sguardo a disagio, tossicchiando subito dopo.
"Ale, io vado a lavoro. Ci vediamo stasera." Gli dice, avviandosi a grandi passi verso la porta di casa. Alessandro alza lo sguardo, osservandolo.
"Non mi saluti?" Gli chiede, con una punta di rabbia nel tono di voce. Mario si blocca, tornando poi sui suoi passi.
"Si certo." Gli risponde, prima di posargli un leggero bacio sulle labbra e rivolgergli un sorriso tirato.
Quella giornata sembra non passare mai. Ha ricevuto diversi pazienti e ora sente la testa scoppiare.
Una donna in crisi con il marito, un ragazzo che sta male per la separazione dei genitori, un uomo che non riesce a superare la sua paura degli spazi aperti. È stanco. Lui ama il suo lavoro, ama aiutare attraverso delle semplici parole o attraverso l'ascolto le altre persone. Eppure a volte è tutto tremendamente stancante, si sente quasi soffocare sotto il peso di tutti quei problemi, di tutto quel dolore a cui a volte non sa proprio come porre rimedio. La mente umana è incredibilmente strana. Ti porta a ricordare ciò che vorresti solo dimenticare, tutti i problemi, le sofferenze, le paure, il dolore. A non riuscire a superarlo. Le cose belle invece...quelle dopo un po' inspiegabilmente le dimentichi. Una bella giornata, un'alba che ti toglie il fiato, il bacio più bello della tua vita, il nome di chi te lo ha dato. Il nome di chi ti ha sconvolto tanto da popolare tutti i tuoi sogni.
È lì che pensa e ripensa a quelle labbra che ormai sono un tormento, ed è talmente tanto immerso in quel sogno ad occhi aperti che quasi non si rende conto che qualcuno ha appena bussato alla porta. Sobbalza, guardando sulla sua agenda. Ecco, è l'ultimo paziente della giornata. È la loro prima seduta. Osserva quel nome che gli sembra tanto familiare.
Claudio Sona.
Ma la mente è strana. Mario sa di aver già sentito quel nome. Ma non riesce a ricordare dove né quando.
"Avanti." Esclama. La porta si apre. Ed è un attimo. Quegli occhi. Quelli che si è sentito addosso tutta la notte. Quelli che lo hanno scrutato, che hanno bruciato la sua pelle durante i suoi sogni. Quelle labbra calde che ha baciato e morso. Cinque anni prima e ogni notte nell'ultimo mese. Quel ciuffo folto in cui ha immerso le dita e che ha tirato gemendo. Lui.
Mario ora ricorda tutto. Claudio Sona, ecco il nome dell'uomo che lo tormenta ogni notte.
"Ma...ma noi...noi non ci conosciamo?" Balbetta. Ha la gola secca. È incredibile. Lo ha sognato qualche ora prima. E ora è lì, proprio davanti a lui. L'altro sgrana gli occhi sorpreso e Mario ne è sicuro. Anche lui lo ha riconosciuto. Abbassa lo sguardo per un attimo, per poi portare di nuovo quegli occhi limpidi e verdi nel nero dei suoi. E Mario lo vede. Claudio è diverso. Dimagrito. Spento. Il dolore e la rabbia negli occhi. Non è l'uomo che ha conosciuto anni prima. Non è quello che ha sognato. Sembra un'altra persona. Perché il dolore ti cambia. Ti sconvolge. Ti logora dentro. E questo Mario lo sa. Lo vede ogni giorno. Lo sta vedendo anche in lui adesso. E cazzo se fa male. È incredibile. Quel ragazzo per lui è praticamente uno sconosciuto. Eppure sente il suo dolore arrivare dritto a lui e colpirlo in pieno. È come essere sferzato da una folata di vento fortissima. Di quelle che sembrano colpirti con tante piccole lame. Lo sente dentro quel vento di dolore. Quello che si legge negli occhi di Claudio. È empatia. È essere già inevitabilmente collegati da un filo invisibile senza neppure conoscersi. È magia.
Claudio parla dopo interminabili minuti.
"No." Secco. Deciso. E fa male. Perché Mario non capisce. Eppure gli è sembrato che quando lo ha visto anche lui si sia ricordato. Mario è sicuro di aver visto una scintilla nei suoi occhi. La stessa che lo aveva catturato cinque anni fa.
"No, noi ci conosciamo. Non ti ricordi? Ci siano conosciuti a una festa all'università. Io ero al primo anno e tu mi hai offerto una birra. Come fai a non ricordare che..." Claudio lo osserva freddo, interrompendo quel flusso di parole.
"Non so di che cosa tu stia parlando. Mi stai confondendo con qualcun altro."
Mario ora sorride, con una punta di delusione dentro. Ma cerca di non darlo a vedere.
"Beh abbiamo ballato insieme e ci siamo baciati. Poi un tuo amico ti ha chiamato e..."
"Smettila!" Claudio urla. Mario sgrana gli occhi sorpreso e preoccupato.
"Non ero io." Continua poi, abbassando improvvisamente la voce e lo sguardo. Mario vede i suoi occhi diventare appena più lucidi. E allora capisce. Capisce che c'è qualcosa di enorme dietro quel dolore, qualcosa che tormenta Claudio da anni. Si alza in piedi e sta per parlare, decidendo di assumere finalmente un'aria professionale e capire cosa ci sia dietro a tanta sofferenza. Ma Claudio lo osserva di nuovo. Questa volta impaurito. Riapre la porta che ha chiuso solo qualche minuto prima.
"Aspetta!" Esclama Mario. Ma è troppo tardi. È già scappato via.

Sarò quel vento che ti porti dentroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora