Prologo

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Non era stato affatto facile crescere in una famiglia distrutta.

Nessuno si sarebbe mai aspettato il disfacimento del rapporto tra i miei genitori, i tradimenti ed il divorzio difficile in serbo per loro.
Ma diciamocelo, il destino è un gran burlone ed ama prendersi gioco di noi, donandoci ciò che non vorremmo quando meno lo vorremmo, ma con me ha proprio esagerato.     

Onestamente credo di essere esilarante o semplicemente uno dei suoi passatempi preferiti, almeno lo spero, altrimenti tutto questo accanimento non avrebbe senso.

Chi si sarebbe mai immaginato il prode Ronald Weasley abbandonare moglie e figli per spassarsela con una ragazza più giovane di lui  dopo l'altra?.

Nessuno, certo.

Eppure era successo e non c'era stato niente che avessi potuto fare per evitarlo.
Ero solo una bambina quando accadde la prima volta, ma già sapevo di essere diventata il passatempo preferito di qualche entità superiore.

Perché non era bastato crescere cercando di compiacere un padre pedante, sempre sbracciando e lottando per essere come lui mi voleva o per guadagnarmi un po' della sua attenzione.                                            

Ovviamente ci doveva essere la fregatura più grande di sempre. 

In qualche maniera dovevo restare vittima di un tipo di problema di proporzioni giganti, altrimenti che divertimento ci sarebbe potuto essere a vedermi vivere una vita normale?.

Per questo, solo Merlino sa perché, la mia famiglia si era sgretolata come un vaso di ceramica sbattuto a contatto con il terreno.                                 

Mio padre era semplicemente sparito dalla mia vita, senza mai voltarsi indietro, quando avevo solo dieci anni ed Hugo ne aveva appena otto.

Non importava se avevo passato parte della mia infanzia cercando di rispecchiare la figlia da mio padre tanto desiderata.

La perfetta, piccola Rosalie Minerva Weasley non era bastata.

La bambina vivace, gentile, coraggiosa, leale e molto perspicace ci si aspettava nascesse dalla loro unione, la fusione completa tra Ronald ed Hermione, era semplicemente e meravigliosamente inutile.

Ironico a livelli cosmici, una sceneggiatura da Oscar, soprattutto se si pensa alla mia convinzione di non poter essere diversa da quel mio ruolo.

Nulla era mai stato abbastanza, non andavo mai bene a sufficienza, nonostante ci provassi con tutte le mie forze, la mia parte mi stava stretta e sicuramente non era adatta a me; poi quando i miei genitori divorziarono tutto cambiò radicalmente.

Io cambiai.      

Con l'allontanamento di mio padre non dovevo più lottare per essere il più vicina possibile al suo ideale, ma potevo diventare me stessa, chiunque io fossi.   

Ci speravo veramente, fino a quando non mi ricordai di essere come marchiata e che per me non sarebbe stata facile come speravo.                       

Non avevo proprio idea di quale fosse la vera me, ero cresciuta indossando maschere, alla fine si sarebbero attaccate talmente tanto alla mia pelle da non lasciarmi via di scampo.

Infatti, senza rendermene conto ero stata rinchiusa in una gabbia d'oro, privata della mia libertà e quando la porticina era stata aperta tutto quello che avevo trovato era un canarino con ali troppo deboli per volare, per affrontare il mondo.

Indifesa venni travolta dall'onda del dolore di mia madre e dalle chiacchiere della gente; rischiai di finire a fondo molte volte e poi il fardello sulle mie spalle divenne più leggero.

Ogni mattoncino, che avevo dovuto trasportare fino lì, andò a formare un muro tra me ed il mondo esterno.

Il mio scudo personale, un riparo dai tiri mancini che il destino conservava per me, grazie alle sue barriere sarei stata al sicuro da tutto il male.

Divenni indipendente, mi feci forza con l'ironia e con il sarcasmo, diventai sempre più spavalda ed anche le mie ambizioni iniziarono ad essere sempre più grandi.

Sapevo di poter fare cose incredibili, della povera e debole bambina che ero non rimase quasi più niente, se non qualche piccola paura.

Come una fenice ero riuscita a risorgere dalle mie ceneri, a tornare forte e sicura di me stessa.               

Per questo nel mio primo giorno ad Hogwarts, non fu una sorpresa ritrovarmi tra le Serpi con mio cugino Albus Severus Potter.

Per qualcuno quello poteva essere l'ennesimo scherzo del destino, ma per me non fu affatto così. Per la prima volta riuscivo a sentirmi a casa e feci di quella che per la vecchia me sarebbe stata una sventura, una delle mie più grandi fortune.

Albus era stato il mio sostegno più grande, era indispensabile: solo per merito suo avevo acquisito la forza necessaria per ricostruirmi, era uno dei pochi di cui avessi veramente bisogno, di cui mi fidassi ciecamente.

Una delle poche persone che non avevo paura di perdere, era più di un cugino o un migliore amico, era mio fratello.              

Lui la mia spalla ed io la sua, come era sempre stato e come sarebbe stato fino alla fine, questo ci eravamo promessi da bambini.

Ma anche quando credevo di poter essere finalmente serena, la realtà torno a prendermi a bastonate in faccia con una violenza inaudita.

Era bastata una lettera di mia madre per infrangere una parte della mia felicità.

Una pergamena in cui diceva che Hugo, il mio fratellino, aveva preferito andare a vivere da papà.
Ronald Weasley si era rivelato bendisposto ad accoglierlo, perché voleva tenerlo lontano da quella vergogna di una sorella Serpeverde che si ritrovava.

Sapevo che in Hugo i pregiudizi di un passato lontano erano ben radicati grazie alla propaganda di nostro padre, ma credevo che quel ragazzino dai capelli rossi come i miei e dal sorriso simpatico sarebbe restato al mio fianco nonostante tutto.         

Invece si era allontanato, scappando dai miei nuovi colori, come se la mia Casata potesse cambiare qualcosa tra noi, come se potessi fargli del male.                 

Solo allora le mie paure tornarono a perseguitarmi, peggiorando sempre di più, mi chiusi a riccio preferendo restare indifferente e difendendomi con gli aculei del mio carattere difficile, continuando a vivere come più preferivo. 

Conoscevo gente, ma solo poca era mia amica, frequentavo i miei cugini, partecipavo alla vita sociale, giocavo a Quidditch ma niente di tutto ciò mi scalfiva, non l'avrei mai permesso di nuovo.

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