Il mio ricovero in Infermeria durò quattro giorni che si alternarono tra noia e straziante dolore.
Le costole rotte si erano ricomposte velocemente, mentre la gamba aveva dato molti più problemi.
Il Bolide aveva colpito sia il polpaccio che il femore, creando due belle fratture scomposte.
Entrambe avevano dato da fare alla pozione Ossofast e mi avevano ridotta ad uno straccio per colpa delle fitte di dolore.
Alla fine, Madama Wiston mi aveva assicurato che ne sarei uscita come nuova.
Mi aveva solo obbligata a non sforzarmi troppo per qualche settimana e mi aveva fatto promettere di tornare se avessi avuto dolori.
Per una ipocondriaca d'adozione come me quello era un bel sacrificio, ma poteva andarmi molto peggio.
Così, dopo due settimana dalle mie dimissioni, mi ritrovavo ancora a zoppicare per i corridoi della scuola con la borsa a tracolla e gridando internamente delle imprecazioni.
Avevo preferito ignorare il consiglio di non sforzarmi e di tornare dal medico in caso di dolore, sia per la paura che per la speranza di poter guarire da sola.
Non potevo giocare a Quidditch almeno fino a febbraio, perciò passavo i miei pomeriggi a studiare da sola in biblioteca, mentre i miei amici si allenavano.
Quel giorno avevo passato il mio tempo studiando per il compito di Erbologia del lunedì successivo, per lo meno i miei voti erano molto migliorati grazie all'infortunio.
L'ora di pranzo era arrivata molto lentamente e decisi di raggiungere la Sala Grande da sola.
Le ore non passavano mai per colpa della noia.
Mi accompagnava da giorni come un'ombra, niente riusciva a dissiparla adeguatamente durante le mie giornate, soprattutto quando i miei amici si allenavano.
Ero andata a vederli giocare qualche volta, ma non facevo che stare peggio.
Non sopportavo di stare seduta con le mani in mano, mentre gli altri si divertivano senza di me.
Così avevo smesso anche di fare quello, restando in compagnia di me stessa per la maggior parte del tempo.
Fortunatamente, ogni tanto anche potevo contare sui miei cugini per divertirmi un po', il che non era un male dato la loro bravura nel trovare passatempi più o meno costruttivi.
Scesi le scale diretta alla Sala Grande con lentezza, iniziavo ad odiare quella situazione, ma non c'era altra soluzione per me.
O tenevo il dolore o continuavo a prendere l'Ossofast e, onestamente, avrei preferito la fustigazione.
E non era garantito che la pozione potesse aiutarmi poi molto, dato che le mie ossa si dovevano solo rinsaldare, quindi quella poteva essere una tortura inutile.
Raggiunsi l'ingresso della Sala sempre con più difficoltà nel muovermi, ma quando arrivai alla porta incontrai James e Fred.«Rosie, hai una cera orribile» disse il primo facendosi avanti con un sorriso scherzoso sul volto.
Strizzai gli occhi fulminandolo. «Oh, davvero galante da parte tua farmelo notare» commentai ironica.
«Tralasciando gli scherzi» si aggiunse Fred prendendomi la borsa e caricandosela sulle spalle «Sicura di stare bene?» domandò preoccupato.
Se anche lui era arrivato a notare il mio malessere dovevo essere davvero uno straccio.
Fred aveva la sfera emotiva di un cucchiaino e non era certo uno dei padri della psicologia, perciò non sarei riuscita a nascondere il dolore ancora per molto ed alla fine decisi di essere sincera.
Sapevo di potermi fidare di loro e che mi avrebbero aiutato, infondo alla loro età avevano già giocato ai mondiali e quindi erano molto più abituati ai contrasti e ai dolori rispetto a me.«Non sto bene per niente» rivelai «Le ossa mi fanno male ad ogni minimo sforzo e sono incazzata per colpa di questo infortunio» mi sfogai bloccandomi a pochi metri dal portone di legno.
James mi mise una mano sulla spalla cercando di essermi di supporto.
Nessuno, più di loro poteva conprendermi.
Avevamo lo stesso carattere bisognoso di sfogare le energie in qualche modo e solo il pensiero di non poterlo fare doveva farli rabbrividire.«Per il dolore dovresti consultarti con Madama Winston e sentire cosa dice» iniziò «Per il resto pensala come una pausa, puoi riposarti e far fare il lavoro sporco agli altri» concluse James sorridendomi.
«Riprenderai il tuo posto in tempo per la finale contro di noi, in forze e più in forma che mai» aggiunse Fred «Chissà, magari per una volta ci batterete».
Gli diedi un schiaffo sul braccio muscoloso. «Noi vi battiamo sempre, con o senza riposo» affermai orgogliosa, alzando il mento.
Scoppiarono a ridere, poi tutti insieme ci avviammo verso la Sala.
Fred mi accompagnò al mio tavolo, lo ringraziai e ripresi la borsa dopo essermi seduta davanti ai miei amici.«Hai di nuovo male?» chiese Sam preoccupata sporgendosi verso di me e parlando a bassa voce.
Non avevo rivelato a tutti del male che provavo se mi sforzavo troppo, non volevo farli preoccupare, ma sicuramente dopo averlo rivelato a Fred e James non sarebbe passato molto prima che la notizia facesse il giro della famiglia.
Noi eravamo Weasley eravamo così, ci preoccupavamo gli uni degli altri ed aver caricato un fardello del genere sulle spalle dei miei cugini significava dirlo a tutti.
Non mi piaceva l'idea di farlo sapere i giro, perché sapevo che mi avrebbero trascinata di forza ad una visita e non volevo farlo.
Le uniche con cui ero stata onesta erano Joe e Sam, convivevamo e non era certo facile nascondersi dei segreti.«Sì» sussurrai con gli occhi bassi.
Madama Wiston mi aveva promesso che il dolore sarebbe passato entro pochi giorno ed, invece, sembrava essere deciso a restare con me molto a lungo.
Avevo paura che potesse essere qualcosa di più grave di quanto potessi pensare, per questo avevo esitato prima di rivolgermi nuovamente alla dottoressa.«Credo tu debba parlarne con l'inferm...» Joe venne interrotta da qualcuno che si stava schiarendo la voce.
Alla sua sinistra Albus si sporse alzando un sopracciglio con fare serio. Le guance erano arrossate, mentre gli occhi verdi erano delle saette mortali, peggio di un Avada Kedavra.
Doveva aver sentito quello che stavamo dicendo e probabilmente non l'aveva presa molto bene.
Gli avevo promesso di dirgli se non stavo bene ed invece non l'avevo fatto.«Perché devi parlare con Madama Wiston, Rose?» chiese digrignando i denti.
Beccata. Quello fu il mio primo pensiero.
Albus era visibilmente arrabbiato, avevo omesso più volte il problema alla gamba quando mi aveva chiesto se come stavo ed ora avevo il terrore di vederlo trascinarmi al San Mungo.«Per caso c'è qualcosa che vuoi dirmi?» chiese sporgendosi verso di me con fare innocente «Magari vuoi spiegarmi il motivo per cui Fred ti ha portato la borsa o forse il perché continui a fingere di stare bene, scegli tu» concluse.
Alla fine la notizia era venuta fuori nel peggiore dei modi, ero consapevole di doverglielo dire e speravo di farlo in una maniera migliore di quella in cui l'avevo fatto.
Così, decisi di dire tutta la verità sul mio problema.
Anche Stefan e Scorpius sembrarono sconvolti e preoccupati dalla vagonata d'informazioni che stavo gettando loro addosso.«Perché non ci hai detto niente?» chiese il biondo con voce calma e posata.
Feci una smorfia insicura. «Non lo so...Sam e Joe lo sanno perché si sono rese conto da sole del mio problema, onestamente speravo di dover aspettare di guarire» rivelai abbassando la testa.
Al si alzò in piedi come un fulmine afferrando la sua roba, lo guardai fare quei movimenti senza sapere cosa fare. Era sconvolto e deluso, aveva ragione ad esserlo, lo sarei stata anche io al suo posto.
«Dove vai?» chiese Sam fissandolo alla mia stessa maniera.
«Vado a scrivere a zia Hermione, deve saperlo e magari potrà contattare un medimago» disse «Dovrebbe essere guarita e bisogna che qualcuno faccia qualcosa» concluse lanciandomi un'occhiataccia.
Bene, le cose erano andate peggio di quanto potessi immaginare.
In inghilterra quando vogliamo augurare buona fortuna a qualcuno diciamo "rompiti una gamba", ma nel mio caso la gamba rotta non aveva funzionato.
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Attenta
Фанфик!!! REVISIONATO FINO AL CAPITOLO 11!!! Questa è la mia prima storia e spero non sia troppo deludente. Rosalie Minerva Weasley, diciassette anni ed un passato abbastanza traumatico alle spalle, è all'apparenza una ragazza qualsiasi, se non fosse per...