quindici

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Sono andata su delle giostre chiamate Corinne una volta

Sono andata su delle giostre chiamate Corinne una volta

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Il ristorante sembra essere accogliente. Sembra ispirare normalità con tutte le sue pareti colorate e con il suo essere costretto a contenere tutte queste persone affamate. Non esiste nessuno lì dentro che non stia morendo di fame al sol pensiero che, dentro la cucina accanto alla sala principale, ci sia qualcuno che sta lavorando per i loro piatti.
Il posto non è molto lontano da casa di Diana e per questo motivo - si spera - ha deciso di venirci.

È stato tutto improvviso, a dire il vero. Non si aspettava che Corinne le chiedesse di vedersi fuori da quel squallido negozio. Eppure sono qua entrambe a guardarsi negli occhi e leggere quelle espressioni di dolore che solo loro hanno dovuto sopportare per così tanto tempo.
Dovete sapere che la loro storia è complicata. È costruita per far sì che possano essere delle anime attratte da tutto ciò che tutti odiano. È formata da una catena che non possiamo star qua a raccontare perché il tempo è poco e ci serve per raccontare la malattia che colpisce la ragazza poco coinvolta in tutta questa felicità.

Il cameriere porta la loro cena. Il loro bel piatto di pasta con la salsa e con quel tocco italiano che non serve a nulla se non a peggiorare il tentativo di imitarli. Di solito Corinne appena vede del cibo ha sempre quei ricordi che la spingono a diventare di nuovo quella che era o che è.
Prima esamina il cibo e le potenziali calorie che possono esserci. Successivamente vi è la prima smorfia di disgusto, di paura verso il suo corpo che sta per ricevere un'altra mazzata da vomitare un'ora dopo. E poi c'è quella magnifica sensazione di benessere che porta guardarsi allo specchio e farsi più schifo di prima. Trovare quella figura eretta che guarda fissa nei tuoi stessi occhi come se fosse un'altra persona che giudica quello che è sempre abituata a compiere. L'evento più importante è guardala e convincersi che è quella la vera persona a cui aspirare, quella con le costole in evidenza, con gli zigomi annunciati alla loro massima forma come se fossero una bella notizia, le ginocchia che ti salutano come se fosse dei bambini dell'asilo, che vedono il loro nuovo giocattolo da distruggere e quel sorriso spaventoso che ti ricorda quanto hai vomitato stamattina e quanto ancora devi vomitare.

Questa volta, però, non c'è nessun esame e nessuna sensazione da appendere in vetrina, solo la fame incredibilmente incontrollabile e la voglia di dimostrare di essere diversa. Diana non se la beve, comunque. Lo vede dai suoi occhi i numeri che le balzano da un neurone all'altro. Lo sente come sta ragionando per smaltirli, ma fa finta di niente e si bea il cambiamento.

"Ho saputo che stai di nuovo con Lucien." Spara il cannone tanto per iniziare al meglio la guerra dei cuori infranti.

"Chi ti ha raccontato questa stronzata?" Risponde lei con la bocca piena e con del formaggio tra le pieghe delle labbra.

"C'è una signora che viene da te a lavoro e dice che lo ha visto baciarti." Le racconta tutta la verità mica ha qualcosa da perdere. Nessuno ha mai saputo quale lavoro onesto fa la nostra Diana, non perché si vergogni, ma perché è davvero stressante per lei raccontare di essere la badante della nonna pazza di Lucien e dare la soddisfazione agli altri di accusare il ragazzo di essere come la sua parente. Impiego del tutto diverso da quello che vuole fare lei nella vita, ma non leva nessuno il privilegio di ascoltare la lettura di un buon libro.

"Questa signora dovrebbe farsi i cazzi suoi." Continua con la finezza da fame famelica e con la sua voglia di far passare una bella giornata alle signore della casa di riposo. "Non è perché scambio due parole con lui allora sono follemente innamorata." Conclude seccata e, a causa di ciò, si dimentica di pulirsi per bene prima di guardarla male. Corinne istintivamente si mette a ridere e poi annuisce per darle ragione. È un atto normale quello di pulire le sue labbra al suo posto, è un gesto che era normale tempo fa. Le chiede scusa con gli occhi e si fa perdonare dandole la pasta in più che ha nel piatto.

Il pomeriggio passa come il vento tra i capelli di Diana: veloce, insensibile e credente di ferirla. Le passeggiate non vengono considerate più un tabù e quella mano presa di sfuggita è ancora qualcosa di impercettibile agli occhi dei passanti. Non che voglia fare la guastafeste, ma tra le due c'è qualcuno che ha una doppia vita che tiene al polso. C'è qualcuno che non dovrebbe stare lì perché il proprio ragazzo non è uno che dimentica facilmente e deve esserci un motivo se lo chiamano l'abile strambo, deve esserci una ragione per cui passa troppo tempo in quel luogo tanto visitato quanto mai visto.
Nessuna delle due dovrebbe camminare per le strade quando il sole cala, poiché per strada ci sono tante persone che hanno un cuore pronto da usare come mitragliatrice.

Non nascondo, però, che tra le due ci siano state delle giostre chiamate occhiate e dei sorridi chiamati inganni. Non fingo nemmeno che dietro alle loro spalle c'è sempre qualcuno pronto a trascrivere tutte le parole sussurrate alle cicatrici.

𝐃 𝐢 𝐚 𝐧 𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora