Capitolo 37

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SIMON

La gente inizia a disperdersi e la musica ad abbassarsi.
Mi giro verso Gin che si trova a un paio di passi da me: "Dove stanno sparendo tutti?"

È appoggiato ad una colonna con un bicchiere in mano e senza neanche guardarmi, mi risponde: "Molti finiscono di ubriacarsi e si addormentano dove capita, altri si drogano e rimangono fuori uso per tutto il giorno, mentre i più fortunati, quelli nella cerchia più stretta, raggiungono Ian ai piani alti dove iniziano delle vere e proprie orge in stile romano."

Lo guardo perplesso: "I più fortunati eh?"

Lui sorride in modo malizioso: "Non fare il prete Simon, ti assicuro che ci si diverte ed è un'esperienza da fare. Non è che stare qui dentro ti dia molte alternative per svagarsi ed evadere. Ci si deve arrangiare. Proprio per questo adesso è il momento perfetto per agire e poi noi dobbiamo scendere, quindi non ti si bloccherà la crescita a causa di certe scene scabrose... Muoviti."

Ignoro il commento caustico e mentre andiamo verso il retro del palazzo gli chiedo: "Ci sono guardie lì sotto?"

"In questa serata di festa solo una. Dovremo farla fuori in modo silenzioso prima che dia l'allarme. Ti ricordi la piantina che ho disegnato? Io mi occupo della guardia e tu non farti vedere. Sicuramente Daniel lo hanno isolato dagli altri prigionieri e si trova in quella zona che vi ho indicato."

"Ricordo tutto, tranquillo." Poi Gin mi passa due bicchieri vuoti e mi dice: "Tieni questi un attimo. Stai sereno, poi capirai."

Scendiamo delle scale scarsamente illuminate da luci al neon di colore azzurro fosforescente che rendono l'ambiente spettrale.
Finita la prima discesa, proseguiamo verso altre scale molto più strette e scavate direttamente nella roccia. Anche qui ci sono le stesse luci e con i riflessi sulle pareti sembra di nuotare in una grotta piena d'acqua.
Proseguiamo in silenzio e poi sbuchiamo in un piccolo atrio.
Sulla sinistra c'è una specie di scrivania e una sedia. Comodamente seduto sopra c'è un ragazzo sui vent'anni, ma è difficile capire che specie di mutaforma sia. Non so come faccia Mak ad azzeccare sempre, le basta uno sguardo, ma forse fa parte delle sue capacità di Nullo.
Gin prosegue verso il ragazzo mentre io rimango nell'ombra.
Il giovane sente qualcuno avvicinarsi e si alza in fretta con in mano un coltello pronto a reagire, ma riconosce Gin e dice: "Ehi Gin, è un po' che non ti vedevo. Ti sei divertito stasera? Io purtroppo ero di turno in questa fogna." Poi fa una faccia perplessa, sembra ragionare e gli chiede: "Scusa, ma cosa ci fai qui sotto?"

Non vedo l'espressione di Gin perché  è di spalle, ma lo sento rispondere con tono divertito: "Volevo solo salutarti, dato che mi hanno detto che eri di turno qui. Tutto bene?"

Il ragazzo mette via il coltello, sorride ed abbassa la guardia. Si fida di Gin.
Sta per rispondere, ma Gin scatta in avanti, lo afferra per il collo, poi lo gira di schiena contro il suo petto e dopo aver iniziato lo strangolamento, velocizza l'operazione spezzandogli il collo.

"Gin, era necessario?"

Lui si volta: "Sì, se vogliamo avere più tempo per scappare. Passami i bicchieri."
Poi tira su da terra il ragazzo, lo rimette seduto sulla sedia e gli appoggia la testa sulla scrivania posizionandolo come se si fosse addormentato per via dell'alcol. A quel punto prende i due bicchieri e li mette vicino al giovane, uno dritto e uno rovesciato.
Con tono soddisfatto dice: "Ecco, così sembra che stia dormendo. Se tutto va bene dovremmo avere almeno fino a metà domani mattina prima che vengano a sostituirlo e che lancino l'allarme. Forza, andiamo."
Poi si dirige verso destra.

Qui non ci sono molte celle e comunque sono vuote. Il mio cuore batte come un tamburo nel petto perché temo che sia tutta una farsa e che Daniel non sia né ancora vivo né  tantomeno rinchiuso qui.
L'ansia cresce sempre di più. Percorriamo questo lungo corridoio deserto e dopo aver svoltato un angolo, proprio in fondo c'è una cella piuttosto grande rispetto alle altre. Sulla brandina giace immobile un corpo. Appare addormentato e non riesco a vedere il suo volto. Ci avviciniamo di più fino a toccare le sbarre: l'odore sembra il suo per quanto mitigato dalla puzza, dal sudore e dal sangue.

Non troppo forte dico: "Daniel, Daniel sei tu? Svegliati!"

Il corpo inizia a muoversi, così insisto: "Daniel! Forza ragazzo, svegliati, dobbiamo andare."

A quel punto si alza di scatto e ci guarda. Quasi non lo riconosco: è magro come uno scheletro, un occhio è chiuso e gonfio per via delle botte ricevute, il volto è sporco e ricoperto di sangue essiccato e di ematomi. I capelli hanno perso il loro colore originale.
"Simon?! Sei davvero tu o sto sognando?"

Sono sull'orlo delle lacrime, ma mi trattengo: "Sì Daniel, sono io. Forza è ora di andare." Intanto Gin apre la cella con le chiavi recuperate dal corpo della giovane guardia.

Daniel si alza barcollando, mamma mia come è cresciuto in altezza dall'ultima volta. Mi ha praticamente raggiunto. Malfermo e instabile sui piedi viene verso di me. Io entro di slancio e ci abbandoniamo ad un lungo abbraccio. Lui scoppia a piangere e tra un singhiozzo e l'altro: "Ma come hai fatto a trovarmi? Ormai ero rassegnato a morire qui..."

"Shhh, tranquillo, è quasi finita. Ce la fai a camminare?"

"Più o meno, sì."

Gin che è rimasto fuori dalla cella, interviene: "Non vorrei interrompere la rimpatriata, ma dobbiamo andare. Subito."

Daniel fa un passo, ma è molto instabile, così prendo il suo braccio sinistro e lo appoggio sulle mie spalle in modo da sostenere il suo peso.
Torniamo indietro sui nostri passi e risaliamo le scale in pietra.
Arrivati alle altre scale non continuiamo verso l'alto e la sala della festa, ma giriamo a sinistra. Proseguiamo per un lungo corridoio e alla fine dopo una serie di svolte apriamo una porta antipatico.
Finalmente ci troviamo all'aria aperta e questa sera si vedono anche le stelle.
Continuiamo a camminare, svoltiamo e a quel punto sento una voce familiare: "Simon, siamo qui!"

Poi sbucano dal loro nascondiglio. Mak mi vede e mi corre incontro, poi si blocca e guarda stupita Daniel dicendo: "Sei vivo, ce l'abbiamo fatta."

Lui la guarda altrettanto scioccato: "Makhaira? Cosa ci fai qui dentro?"

Mak sorride con le lacrime agli occhi: "È una storia lunga, ma ci sarà più avanti il tempo per raccontarla. Anche tu ci devi dire un po' di cose. Ora andiamo però."

Ci allontaniamo dall'edificio. L'alba arriverà tra almeno tre ore quindi dobbiamo sfruttarle tutte per allontanarci il più possibile.

The Bounty Hunter - Dead Zone (Vol. 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora