Capitolo nove

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L'appartamento era arieggiato dalle finestre aperte, le quali davano sulla strada trafficata e le voci dei passanti si amalgamavano in una polifonia scomposta che giungeva affievolita fra le stanze solitarie, accompagnata dal suono sibilante del vento che quel giorno soffiava su Miami più forte del solito.

Camila era in piedi davanti alla finestra, i capelli ondulati al vento si sollevavano sulle spalle, per poi ricadere scarmigliati. Osservava, senza uno scopo preciso, la fiumana di persone che rigurgitava verso lo spiaggia. Alcune fra queste attiravano maggiormente la sua attenzione, allettandola con irrilevanti particolari.

La prima persona su cui aveva fissato lo sguardo era stata una donna sulla cinquantina. Indossava un pareo rosso, portato a mo' di scialle per ripararsi dalle raffiche improvviso di vento. Solo che quando la folata si abbatteva proditoria sulla folla, quel pareo svolazzava da tutte le parti, gonfiandosi esageratamente. A Camila, per un istante, aveva rassomigliato il vestito di Marilyn Monroe. Certo, l'abito appartenuto alla nota donna era bianco, ma il movimento del pareo le aveva richiamato quell'immagine. Un ragazzo aveva fatto cadere maldestramente la birra. Aveva imprecato, poi si era curvato per raccogliere i vetri sparsi sul marciapiede e intanto nella ressa si era creata una falla. Ora tutti, sopraggiunti nel punto in cui la bevanda alcolica chiazzava l'asfalto in una pozzanghera liquida frammista a schegge verdi, aggiravano l'ostacolo, dividendosi in due corsie come se stessero scansando un orifizio del terreno. L'ultima cosa che aveva registrato il suo sguardo era stato il cappello verde di una signora anziana. Lo teneva con il braccio gracile ancorato alla testa, ma il vento lo aveva scalzato con prepotenza e ora lo trascinava lontano, prima facendolo volteggiare in aria, poi sospingendolo una volta caduto.

Poi si era andata a cambiare in camera e aveva trovato Lauren distesa sul letto, intenta a denigrare frasi di libri che trovava sconvenienti o del tutto insensate. Aveva la schiena appoggiata contro lo schienale bianco, le gambe allungate e incrociate, brandiva un bicchiere di vino in mano e lo sguardo era fossilizzato sulle pagine. Camila si era unita a lei, così Lauren aveva letto per lei le peggiori frasi che riuscisse a rintracciare fra le righe. 

«Senti questa..» Aveva ridacchiato Lauren, distesa sul letto, sopra la coperta arabesca che aveva scovato dentro l'armadio, apparentemente immacolata «"E quando tu cammini, ancheggi come un fenicottero"» Scoppiò a ridere, premurandosi di tenere il bicchiere saldamente impugnato nella mano per non macchiare di vino rosso il nuovo accessorio.

«Perché i fenicotteri ancheggiano? Chi è il cretino che ha scritto questa cazzata?» Girò il tomo fra le dita, reclinò la testa e lesse il nome dell'autore sulla costola del volume «Pure il nome fa ridere.» Scosse la testa, avvicinando le labbra al bicchiere e ne ingollò un sorso.

«È il mio turno.» Avvisò Camila, la quale si era impegnata arduamente per competere con l'abilità affinata di Lauren nel disseppellire cadaveri che gli autori disseminavano qua e là fra le pagine.

«Il signor...» Controllò il nome sul frontespizio, poi alzò le sopracciglia e con tono baritonale (perché così risuonava nella sua mente) disse «Yegel. Ci lascia questa perla.» Si schiarì la voce e lasciò intercorrere dei secondi silenzio per promuovere suspence in Lauren che sembrava assorta nel gioco con indecifrabile concentrazione.

«"E così alzai il fucile e sparai. Il pennuto stramazzò al suolo. Quando mi accostai al suo esile corpo esanime, pensai a come sarebbe stata felice mia moglie di spennarlo e mangiarlo."» Camila arricciò le labbra con disgusto e con tono ammonitore si rivolse al libro come se fosse il signor Yegel in persona «Lei è una persona molta macabra, lo sa?»

Lauren rise, sia per la pessima fattura della frase, sia per il modo buffo con il quale Camila redarguiva un volume credendo che il suo proprio autore potesse origliare attraverso la rilegatura.

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