Capitolo diciassette

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La mattina dopo, Camila si destò infastidita dal lucore solare che le contundeva la faccia.

Strizzò gli occhi, stirò gli arti. Era l'inizio di un giorno nuovo, di un pomeriggio fecondo, di una fertile sera. Adesso quando si svegliava non aveva più il timore di schiudere le palpebre e vedere le tendine azzurrognole, non paventava più di inalare l'odore acre del disinfettante che inebriava i dottori ligi alla loro professione, ma indispettiva i pazienti cronici.

Adesso, appena sgranchiva le braccia, l'odore del caffè le solleticava le narici e la promessa prematura di un cornetto caldo la spronava ad alzarsi e attraversare la pianura siderale qual era il parquet, era una rogna sopportabile se premiata con una colazione sublime.

Camila trotterellò verso il piano cottura, dove Lauren stava sorseggiando il suo immancabile caffè. Le diede il buongiorno con un rapido cenno del capo, mugugnando qualcosa sottovoce, poi tornò a bagnarsi le labbra con la bevanda calda.

Lauren se la mattina non assorbiva la sua quantità di caffè non riusciva a spicciare parola. Ormai Camila lo sapeva.

Non c'era nessuna brioche, purtroppo, ma scovò in un armadietto delle merendine abbondante chissà da quanto tempo. Controllò la scadenza. Ancora due anni prima che divenissero immangiabili. Ne estrasse una, la scartò dal cellofan colorato e si sedette di fronte a Lauren, mordendo la pasta morbida ricoperta di cioccolato.

La corvina, appena ebbe terminato di bere la sua dose quotidiana, avvicinò il periodico con un gesto lesto, vivificata dall'effetto che la caffeina trasfondeva alle sue cellule apparentemente assopite.

Gli diede una veloce scorsa, mentre Camila riapriva il bicchiere con del succo alla mela. Personalmente aveva abolito quel genere di gusto dalla sua lista di preferenze, ma l'altra opzione verteva su un frutto che aborriva ancora di più: pera.

«Guarda qua.» Esordì con tono malizioso Lauren, passandole il giornale.

Camila lesse il paragrafo indicato dall'indice di Lauren. Era un articolo che pubblicizzava il matrimonio di una coppia nei pressi di Austin, appena ad un'ora e mezzo di macchina da San Antonio.

Lo sguardo della cubana si accese, le pupille dilatate fecero intuire a Lauren che aveva carpito la sua implicita asserzione.

«Stasera alle otto.» Biascicò Camila, con la bocca piena e impastata dalla mollica della merendina.

«Ti vuoi imbucare ad una cerimonia, giusto?» Sollevò un sopracciglio Lauren, assumendo l'aria da machiavellico trafficante che Camila aveva visto in Narcos, una delle tante serie tv che le tenevano compagnia durante le serate montone ed elidevano l'angoscia dell'attesa che l'ultima goccia della flebo scorresse nella cannula.

«Ci sto.» Replicò mormorando Camila, annuendo lentamente, con l'espressione incentrata ad emulare la meschinità di un criminale che si figurava nella sua immaginazione.

«Prepara l'arsenale.» L'assecondò Lauren, sforzandosi per non erompere in una risata che avrebbe spezzato la fluidità del gioco.

E Camila eseguì gli ordini. Circumnavigò il tavolo, afferrò le merendine riposte dentro l'armadietto e alzando il pollice nella direzione di Lauren si avviò verso la camera con incedere cadenzato. Solo quando scomparve dietro l'uscio, entrambe scoppiarono a ridere, scuotendo la requie delle stanze silenziose.

Il viaggio in macchina fu una tortura continua. Camila voleva ascoltare la musica, ma Lauren quel mattino non gradiva le note vocali che stordirle le orecchie. Bisticciarono fino a che non arrivarono ad Austin e la diatriba si risolse autonomamente.

Until TomorrowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora