CAPITOLO 4

1.2K 73 17
                                    

Mi faceva male la testa e sentivo il mio corpo pesante, così pesante che mi era impossibile qualsiasi movimento; mani e piedi mi formicolavano.

"Non pensavo che un mio bacio potesse farti quest'effetto. Sono davvero così bello per te?" Mi stuzzicò lui.

Nonostante io, ancora stordita, fossi stesa sul letto e Leith si trovasse in penombra, nell'angolo della camera, riuscii ugualmente a notare, stampato sul suo volto, il ghigno che lo contraddistingueva. Un verso gutturale uscì dalla mia gola mentre cercavo di rimettermi seduta, facendo forza sull'avambraccio.

"Cosa mi hai fatto?"

La voce mi uscii inaspettatamente roca.

"È un contratto."

Tagliò corto lui, iniziando a vagare per la camera, mentre sposava lo sguardo vacuo qua e là.

"Così sarò sicuro del tuo silenzio." Aggiunse poi, tornando a concentrare la sua attenzione su di me.

Maledetto. Era davvero uno stupido se credeva di potermi mettere a tacere così. Nonostante non mi fossi ancora ripresa del tutto, mi alzai per uscire dalla camera. La mossa però, fu così improvvisa e frettolosa che le vertigini ebbero la meglio, facendomi perdere l'equilibrio. Strizzai gli occhi e mi strinsi nelle spalle, preparandomi all'impatto con il suolo, ma proprio in quel momento sentii un braccio tenermi con forza la schiena, mentre un altro mi afferrava il polso. Riaprii gli occhi, incrociando il mio sguardo con quello di Leith, in cui brillava uno strano luccichio. Quei pochi secondi di contatto così ravvicinato e, in un certo senso, intimo, furono sufficienti per iniziare un'inaspettata combustione nel mio cuore, che prese a battere con la stessa velocità di un maratoneta dopo la gara. Colta impreparata da quell'imprevedibile sensazione, strattonai il braccio e mi liberai dalla sua presa. A quel mio comportamento Leith non ebbe nessuna reazione particolare, ma lasciò semplicemente che mi rimettessi in piedi, standomi vicino come se fossi un bambino ai suoi primi passi.

"Non dovresti muoverti così." Disse allontanandosi di qualche centimetro dopo essersi assicurato la mia stabilità.

"Perché tutta questa preoccupazione all'improvviso?"

Ero fredda e diffidente mentre cercavo di evitare il suo sguardo, temendo che, guardandolo negli occhi, tutte le mie difese sarebbero crollate.

"Perché ora sei di mia proprietà e io sono geloso delle mie cose."

Quelle parole furono come la scintilla che fece scaturire nuovamente un incendio nel cuore, ma che, tuttavia, si dileguò presto: mi bastò incrociare il suo sguardo con la coda dell'occhio per rivedere il suo oramai proverbiale ghigno. Mi maledissi: stavo quasi per cascarci.

"Io non appartengo a nessuno." Dissi allontanandolo freddamente, ora più convinta che mai.

E di nuovo, gli angoli delle sue labbra puntarono in alto.

"Ti sbagli." Mi strinse le mani attorno agli avambracci e mi avvicinò allo specchio.

"Guarda." Con un gesto così lieve da farmi venire la pelle d'oca, scostò una ciocca di capelli scoprendomi il collo.

"Questo è il mio marchio." Sulla clavicola sinistra era comparso un sole piccolo e nero.

"Ti sta meglio di quanto pensassi." Disse sfiorandomi nuovamente il collo con una delicatezza inaspettata, mentre si avvicinava sempre di più. Ora però era troppo vicino: mi sfiorò il collo con la punta del naso e il suo respiro caldo mi provocò lunghi brividi finché non sentii la pelle bruciare.

"Ah!" Gridai spaventata toccandomi il collo nel punto in cui aveva preso a bruciare. Leith indietreggiò velocemente e mi guardò, spaventato. I suoi occhi spalancati erano accesi di ametista e le sue pupille lampeggiarono passando da un sottile ovale ad un piccolo cerchio scuro; le narici si muovevano ritmicamente con lo sterno, la mascella serrata, il respiro irregolare e affannoso. Lo fissai per qualche secondo, che sembrò interminabile, finché non sentii un leggero pizzicore a gli occhi, seguito da un tepore umido sulla guancia. Mi asciugai in fretta la lacrima con il palmo della mano e corsi fuori casa, sbattendo rumorosamente l'uscio. Fu allora che le mie gambe cedettero e mi lasciai scivolare contro il legno. Fu solo allora che mi abbandonai al pianto, con il volto nascosto tra le ginocchia. Non capivo più nulla, ero spaventata e non sapevo cos'altro fare se non aspettare l'arrivo dei nonni per raccontargli tutto. 

The Death Of Shadows |The Otherworldly's Saga|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora