CAPITOLO 1

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Delle braci. Una scintilla. Fuoco.
Non riuscivo a respirare. A ogni boccata d'aria i miei polmoni si riempivano di polvere e di fumo. Tossivo, soffocavo, annaspavo e di nuovo, da capo. La vista era offuscata dal calore del fumo e dalle lacrime, mentre la testa si faceva sempre più pesante. Cercavo di urlare, ma nessun suono usciva dalla mia bocca; cercavo di muovermi, ma nessun arto rispondeva ai miei comandi. Ero sola e disperata. Immobile, con un piede incastrato sotto un'asse di legno, perdevo, pian piano, forze e speranza. Costante era il rumore di legno che, ardendo, si spezzava. Dopo il buio.

Mi svegliai di soprassalto e, respirando affannosamente, mi allontanai i capelli appiccicati alle tempie e al collo. Con un gesto svogliato, scostai completamente le lenzuola e scesi dal letto per andare a prendere una boccata d'aria sulla veranda. Mentre la luce della luna si rifletteva sul lago e faceva brillare le cime innevate delle montagne, una tiepida brezza notturna, che odorava di muschio e terra, mi accarezzò la pelle facendomi rabbrividire. Questo locus amoenus era il mio rifugio fin dall'infanzia: il ranch dei nonni, dove fin da sempre passavo le vacanze estive, era come la mia seconda casa e il luogo che preferivo in assoluto.


Ancora quel sogno, pensai. Quando smetterà di tormentarmi?


Quell'incubo, una cicatrice sulla caviglia e la mia fobia per il fuoco erano le uniche memorie che avevo di quel momento. I nonni mi avevano spiegato che, durante una tempesta, un fulmine aveva colpito il fienile procurando un incendio e io ero riuscita a salvarmi solo per miracolo. Nonostante le spiegazioni però, c'era ancora qualcosa che non mi tornava, come ad esempio cosa ci facessi nel fienile. Tuttavia finivo sempre per ignorare quelle domande poiché infondo si trattava di ricordi confusi dalla mia infanzia ed ero ben consapevole che continuare a rimuginare non mi avrebbe di certo aiutato a dimenticare. Ero ancora immersa nei miei pensieri quando un rumore proveniente dal bosco mi fece sussultare: un forte tonfo, poi rami spezzati e un verso gutturale. Mi si gelò il sangue nelle vene. La cosa più razionale che mi venne da fare in quel momento fu quella di svegliare il nonno, ma poi mi feci coraggio pensando di non essere più una bambina, ma una ragazza di 17 anni e che non era raro sentire degli animali nel bosco, soprattutto la notte. Scesi i gradini della veranda e mi avviai cautamente verso il bosco. Il buio, rotto qua e là dalla fioca luce della luna che filtrava tra i rami, era quasi opprimente e io non avevo con me nessun oggetto con cui farmi luce, cosi dovetti affidarmi unicamente all'udito. Nessun fruscio, ramo spezzato o verso gutturale. Nessun suono animale... niente, solo il battere del mio cuore. Dovevo essermelo immaginato; era tardi ed ero stanca. Fu allora che mi accorsi di aver smesso di respirare e con un gemito svuotai i polmoni. Mi girai e presi a camminare verso il ranch, ma fu allora che sentii nuovamente quel fruscio. Un animale? No, troppo rumoroso eppure cosa poteva essere se non quello? Lentamente mi girai di nuovo verso il bosco facendomi coraggio ad avanzare qualche passo, appoggiando le mani ai tronchi per non inciampare. Cautamente, mettevo un piede avanti all'altro finché non urtai qualcosa. La luce era poca, ma mi stavo abituando al buio, così mi bastò strizzare gli occhi per vederlo: ai miei piedi, sulla terra umida e con il volto nascosto tra le braccia, giaceva un corpo di un ragazzo ferito. La mano destra era chiusa in un pugno, mentre il braccio, pieno di graffi, sembrava rotto. Ma ciò che più trovai raccapricciante furono quei due lunghi tagli, ancora sanguinanti, che gli sfregiavano la schiena all'altezza delle scapole. A quella visione il mio corpo reagì da solo e, in pochi secondi, mi ritrovai per terra, terrorizzata, mentre mi spingevo lontana strusciando i piedi sul suolo umido, finendo inevitabilmente con il battere dolorosamente la schiena contro un albero. Riuscii a rialzarmi, aiutandomi con le mani per farmi forza, e, inciampando un paio di volte, iniziai a correre verso il ranch.

"Tu, mi hai visto?"

Mi fermai di scatto. Rompeva il silenzio solo il rimbombare assordante del mio cuore che sembrava volesse uscire dal petto. Deglutii rumorosamente. Avevo la gola secca.

"Mi hai visto!"

Senza voltarmi presi nuovamente a correre, ma qualcosa mi afferrò, bloccandomi: due braccia muscolose mi avvolgevano da dietro impedendomi qualsiasi movimento. Un braccio mi stringeva la vita, mentre l'altro, sotto il mio mento, mi soffocava. Provai a liberarmi scuotendomi e, con un movimento fortuito, ma involontario del gomito, riuscii ad allontanare il ragazzo che allentò la presa. Provai a voltarmi verso di lui, per guardarlo, ma una mano mi coprì gli occhi. Come poteva avere tutta quella forza pur essendo ferito e con un braccio in quelle pessime condizioni?

"Maledizione!" disse.

Poi nulla. Il buio. Il vuoto.

The Death Of Shadows |The Otherworldly's Saga|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora