CAPITOLO 8

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Cosa mi era saltato in mente? Così facendo non avrei fatto altro che allontanarlo. Mi maledissi da sola.

Dopo quella mia azione imprudente il sonno mi era passato del tutto, sostituito da un forte battito nel petto, e tornare a letto era fuori questione. In ogni caso non avevo più modo di rientrare in casa così, per scaricare la tensione e distrarmi, mi diressi verso le stalle. Fin da piccola il nonno mi aveva insegnato a cavalcare ed ora mi era del tutto naturale. Sellai il cavallo e mi diressi verso il lago. Adoravo quel posto, particolarmente di notte: solo lì potevo immergermi nella luna e nelle stelle. Da piccola ero solita andarci con il nonno a campeggiare, era lui che mi aveva fatto conoscere la piacevole tranquillità di un bagno alla luce della luna, quella stessa luna che ora illuminava il mio sentiero. Mentre galoppavo il silenzio era rotto solo dallo zoccolare del cavallo e la brezza calda infilava le sue dita tra i miei capelli, che rimbalzavano lunghi sulla schiena a ritmo del passo dell'animale. Arrivai presto al lago e smontai dalla sella, legai le briglie ad un ramo robusto, lasciai l'animale brucare, ricompensandolo con una lenta carezza, e mi diressi verso le sponde del lago. Tolsi gli stivali che avevo recuperato all'ultimo dalle stalle e immersi i piedi nell'acqua. Un brivido di piacere mi attraversò la schiena quando i miei piedi si appoggiarono sui sassi del fondale, mentre procedevo allontanandomi sempre di più dalla riva. Man mano che avanzavo, la leggera vestaglia si sollevava, galleggiando sull'acqua, e aprendosi come i petali di un orchidea. Fermai il mio avanzare solo quando l'acqua non raggiunse le mie braccia. Con una leggera spinta delle gambe sollevai il petto, seguito dal bacino, sul velo dell'acqua, lasciandomi galleggiare. Man mano che l'acqua ricopriva il mio corpo, questo si distendeva, facendo rilassare ogni muscolo o nervo teso. Mi lasciai soggiogare da quella piacevole sensazione e chiusi gli occhi, mentre il lento movimento delle acque mi cullava come fosse una madre con il proprio bambino.
Presi una grossa boccata d'aria, ma i miei polmoni iniziarono a bruciare. Aprii gli occhi di scatto: ero sott'acqua e qualcosa mi stava trascinando verso il buio fondale. Venni colta dal panico mentre, con la vista sempre più sfocata, annaspavo e agitavo le braccia verso la superficie. Ma ogni mio tentativo fu inutile: ero troppo in profondità e le mie urla venivano ovattate dall'acqua. Con una morsa al cuore mi arresi all'idea che nessuno mi avrebbe sentita e salvata, ma proprio in quel mio momento di disperazione mi ricordai del sigillo e lo premetti con la mano, cercando di attivarlo: niente. Ci provai più volte al limite della disperazione, ma invano. Continuai a dimenarmi cercando di liberarmi, ma la mancanza di ossigeno stava prendendo il sopravvento: sentii la testa pesante, mentre le braccia venivano divorate dai crampi e le gambe perdevano del tutto la loro mobilità, finché il mio intero corpo non rispose più ai comandi. Svenni.

Quando mi risvegliai ero in un morbido letto, ma non il mio. Mi trovavo in una stanza pentagonale con le pareti in vetro, dalle quali si potevano vedere i pesci nuotare attorno: era come essere in un sottomarino.

"Ben sveglia, Alexa." Una voce profonda mi fece sussultare.

Un uomo, sulla sessantina, con i capelli scuri, ma brizzolati sulle tempie, con la carnagione chiara e gli occhi rossi, era entrato nella camera dove mi trovavo.

"Come conosci il mio nome?" Chiesi preoccupata, ancora seduta sul letto.

"Seguimi." Mi ignorò, allontanandosi senza neanche accertarsi che lo seguissi.

Anche se riluttante ubbidii e mi alzai dal letto. Quando i piedi scalzi toccarono il pavimento freddo, rabbrividii.

"Questo è uno dei rari Regni Intermedi."

"Regni Intermedi?" Gli feci eco.

"Tra la terra e il Mondo Ultraterreno." Riprese lui con tono seccato, come se queste fossero conoscenze scontate.

"Perché sono qui?"

"Un demone di Rango T stava per mangiarti, ti ho salvata. Devi essermi riconoscente." L'uomo mi guardò, ma nei suoi occhi non riuscii a distinguer nessuna emozione.

"Rango?" Chiesi nuovamente, sempre più confusa, sperando di non irritarlo.

"Il tuo Possessore non ti ha spiegato proprio nulla?" Sbruffò.


"I Ranghi suddividono i demoni in base alla loro potenza e ferocia. I meno temibili sono i demoni di Rango Z,V e T. I più pericolosi sono quelli di Rango B e A. Tuttavia c'è una classe speciale di demoni, così infidi e oscuri, da non rientrare in nessun Rango. Loro vengono definiti di Classe S." Concluse con un ghigno.

Mi si gelò il sangue nelle vene e mi irrigidii appiattendo ancora di più i piedi scalzi al pavimento freddo.

"Vedo che il tuo Possessore non tiene a te." Quella affermazione così a bruciapelo fu come una pugnalata al cuore, soprattutto dopo quello che era appena successo tra me e Leith.

La mia apparente sicurezza crollò del tutto, con la stessa velocità e facilità con la quale sarebbe crollato un castello di carte al primo soffio di vento.

"C-cosa intendi?"

"Sarebbe venuto subito a salvarti." Disse toccandosi la clavicola per indicare il sigillo. "E ora non ti troveresti qui, con uno sconosciuto."

Fu come se mi si fosse aperto un varco nero sotto i piedi: era per colpa di Leith se ora mi trovavo in balia di demoni e creature disumane; e come se non bastasse, era anche stato così sfacciato da lasciarmi sola dopo avermi assicurato la sua protezione. Mi sentivo una stupida per essermi lasciata fidata, lasciandomi ingannare.

"Tieni." Disse l'uomo ponendomi un ciondolo, strappandomi ai miei pensieri e riportandomi ad una realtà che avrei preferito fosse solo un brutto sogno.

"E come se facessi un contratto con me, ma potrà essere annullato in qualsiasi momento. Nel mentre saprò sempre dove ti trovi e ti aiuterò in caso di pericolo."

"Io...la ringrazio ma..."

"Non sai se puoi fidarti?" Annuii debolmente.

"Non hai molta scelta. Cosa c'è di peggio che essere lasciata sola nelle grinfie dei demoni?" Ero riluttante e non capivo perché volesse aiutarmi, ma lo aveva già fatto portandomi nel Regno Intermedio e in ogni caso aveva ragione: sola non sarei mai sopravvissuta. Allungai la mano e accettai il ciondolo.

"Vieni, ti accompagno verso l'uscita." Disse facendomi cenno con un braccio.

Proseguimmo per un lungo corridoio finché non raggiungemmo ciò che lui definì un portale. Seguendo le indicazioni del mio nuovo protettore, lo varcai, attraversando una parete d'acqua e ritrovandomi in riva. Non appena fui in superficie, rividi subito il cavallo che continuava a brucare ma, con mia sorpresa, affianco a lui, si trovava anche Leith. Non appena percepì la mia presenza alzò lo sguardo, incrociando il mio, e mi corse in contro. Mi raccolse il volto tra le mani e mi fissò intensamente, con il respiro affannoso come dopo una corsa. Le sue iridi erano chiare come la luna e le sue pupille strette come quelle di un gatto.

"Dov'eri?!" La sua voce echeggiò nel silenzio della notte.

Questa volta però, non mi lasciai condizionare dalla sua apparente preoccupazione e mi staccai dalla sua presa, indietreggiando di qualche passo.

"Ho percepito che eri in pericolo, ma il sigillo mi ha portato qua. Quando ho provato ad entrare nel lago una barriera mi ha fermato. Ho provato ad oppormi ma è stato tutto inutile! Cosa è successo?" Per un momento fui titubante e stavo quasi per cedere, ma alla fine mi feci forza e iniziai a slegare il cavallo.

"Alexa?" Mi chiamò con la voce sottile, ma lo ignorai e salii a cavallo.

"Cosa è succ-"

Con una forte speronata feci partire il cavallo e, con l'alba allespalle, galoppai verso casa.

The Death Of Shadows |The Otherworldly's Saga|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora