CAPITOLO 34

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Bussai alla porta, pronta a rivedere mia madre. Tuttavia non così fiduciosa nella mia capacità di nascondere le emozioni. Sarei dovuta comportarmi come se nulla fosse, perché per lei, io non mi ero mai allontanata da casa. Non appena la rividi però, quando venne ad aprirmi, ebbi un tuffo al cuore e sentii gli occhi bruciare. Quanto mi era mancata. Nel mese trascorso a casa di Leith non mi ero accorta della nostalgia che provavo, tutta colpa di quei demoni, angeli, allenamenti, inseguimenti...e Leith.

"Tutto bene?"

E ancora una volta non riuscivo a capire se si trattasse del suo sesto senso materno o della mia incapacità di nascondere le emozioni. Mi limitai ad annuire e ad accennare il sorriso più convincente che riuscii a trovare. Lasciai ricadere lo zaino ai piedi dell'attaccapanni e mi avviai verso la cucina. Avevo fatto colazione da poco e non avevo troppa fame, ma ora che ero tornata a casa nulla mi avrebbe strappato dalla mia quotidianità, che iniziava con un bel piatto di pasta. Sfortunatamente la mia routine comportava anche lo svolgimento dei compiti. Arricciai il naso e svogliatamente iniziai a sfogliare le pagine dei compiti assegnati. Ora si che avevo voglia di piangere! Ero mancata solo per poco più di tre settimane e la scuola non era iniziata da molto, ma come potevano essere così avanti? La maggior parte delle materie sarebbero state facilmente recuperabili, ma matematica e scienze... al solo pensiero ebbi l'impulso di strapparmi i capelli. Maledetti quei demoni! Che andassero pure al diavolo! Riflettei sul gioco di parole solo dopo averle pensate e, a mio malgrado, risi. Lasciai che i libri e i quaderni si sparpagliassero sul pavimento di camera mentre mi buttavo di pancia sul letto. Rimasi a stella per lunghi minuti. Non avevo fatto ancora niente ma mi sentivo stremata, sia fisicamente che mentalmente. In quel momento sentii bussare, ma, prima che potessi rispondere, la porta si aprì.

"Oggi non mi sembri tanto in forma. Sicura di stare bene?"

Mia madre si sedette sul letto e iniziò ad accarezzarmi i capelli. Mugugnai in risposta.

"Che brutta cera. Sei pallida. E guarda che occhiaie!" Mi posò la mano sulla fronte.

Mi mancavano le attenzioni di una madre.

"Non sembra che tu abbia la febbre, ma credo comunque che tu sia malata."

Fin dall'infanzia era piuttosto raro che mi ammalassi, ma mai e poi mai mi sarebbe venuta la febbre, neanche se mi fossi tuffata nuda nella neve in pieno inverno. A volte lo trovavo ingiusto. Le molle del letto cigolarono e si alleggerirono dal peso di mia madre.

"Vado a prepararti qualcosa di caldo." Non ebbi neanche la forza di annuire.

"Neanche un ora che non mi vedi e già sei così depressa?"

Il mio cuore saltò un battito e quasi non mi venne un infarto. Scattai in piedi ancora prima che potessi rendermene conto e la testa mi girò inevitabilmente. Barcollai leggermente ma due braccia forti mi stavano già sorreggendo. Non cercavo neanche più di chiedermi come Leith facesse ad entrare dalla finestra tutte le volte. Aperta o chiusa che fosse.

"Davvero, tutto bene?" La sua voce era roca e grave.

Lasciai che mi aiutasse a farmi sedere sul letto.

"Si, non ho la febbre e, al contrario di mia madre, non credo di essere malata. Penso sia solo stanchezza."

Leith si sedette al mio fianco sul letto, cingendomi le spalle con il suo braccio. Lasciai ricadere la testa sulla sua spalla.

"Se mia madre ti trova qui siamo morti. Prima tu, poi io."

"Disse la ragazza con la testa appoggiata sulla spalla di un demone."

Il modo in cui avesse sempre la risposta pronta era una delle cose che non sopportavo, ma che, allo stesso tempo, lo rendevano attraente.

"Ripasso più tardi. Ora vado, sta arrivando tua madre." Mi baciò delicatamente la fronte.

"Sei sicura di non avere la febbre?" Corrugò le sopracciglia intensificando il suo sguardo nel mio.

Annuii e lo spinsi verso la finestra.

"È impossibile che io abbia la febbre. Ora sciò, sciò."

Lo vidi alzare gli occhi al cielo e sorridere leggermente. Poi la porta si aprì nuovamente e di Leith, nessuna traccia.

"Bevi finché è caldo."

L'odore di cioccolata calda invase tutta la stanza facendomi venire l'acquolina in bocca. Allungai le mani verso la tazza fumante. Mi piacevano tè e tisane, ma cosa era meglio di una cioccolata calda? A ogni sorsata sentii il mio corpo riscaldarsi sempre di più, come se stessi bevendo del fuoco liquido. Mi venne la pelle d'oca e una volta finita la cioccolata mi raggomitolai sotto le coperte. Al diavolo i demoni e i compiti!

Mia madre mi obbligò a restare a letto tutto il giorno vietandomi anche di andare a scuola il giorno seguente e tutto questo, nonostante fossi stata chiusa in casa di Leith per settimane, non mi dispiaceva.
Riuscivo finalmente a riposarmi e rilassarmi decentemente, e più il tempo passava, più sentivo ogni fibra del mio corpo fondersi con il letto. Iniziai a preoccuparmi però quando mia madre mi portò la cena a letto. Era già un evento più unico che raro il poter saltare la scuola, ma la cena a letto era troppo. Dovevo avere davvero una cera orribile. Restai a lungo a fissare il tettuccio del baldacchino, finché non sentii le palpebre pesanti.

Ero immobile e circondata dalle fiamme. Il mio corpo non rispondeva ai comandi ed era tutto dolorante. Il fumo bollente mi annebbiava la vista e mi riempiva i polmoni facendomi tossire. Ero sola e disperata, con la gamba incastrata sotto un'asse di legno, mentre la caviglia mi pulsava dolorante. Urlavo così tanto da temere di non riuscire a parlare mai più. Poi, all'improvviso, la porta del fienile si aprì, lasciando entrare una luce accecante. Sentii qualcuno urlare il mio nome, ma nello stesso istante vidi la trave sovrastante al mio corpo spezzarsi e iniziare a cadere.

Mi svegliai di soprassalto soffocando un urlo. Il respiro affannoso. Il battito accelerato. I capelli appiccicati alla nuca sudaticcia.

"Alexa, tutto bene?!" Due occhi blu intenso mi guardavano preoccupati nel buio della camera.

"C-cosa ci fai qui?" chiesi confusa per la presenza di Leith.

"Il sigillo mi ha chiamato..."

"Scusa, non volevo. Stavo solo facendo un brutto sogno." Leith venne a sedersi accanto a me.

"Quello del fuoco?" Annuii abbassando lo sguardo.

"Questa volta è diverso però." Dissi giocherellando nervosamente con il lembo del lenzuolo.

"Non avevo mai sognato questo momento dell'incendio..." E in breve, raccontai lo svolgimento del sogno a Leith.

"Non capisco, ero certa che fosse notte, come si spiegherebbe quella luce che ho visto entrare dalla porta?" Chiesi perplessa.

"Sarà stata la luce della torcia di tuo nonno." Cercò di tranquillizzarmi Leith, accarezzandomi la testa.

"È che mi dici della trave che cadeva esattamente sopra di me? Come faccio ad essere ancora viva?"

"Forse tuo nonno ti ha salvata in tempo."

"Impossibile!" Scossi la testa ripetutamente.

"Alexa, magari non era esattamente sopra di te, forse è un dettaglio che ha aggiunto il tuo inconscio. Eri piccola, non puoi ricordare tutto alla perfezione."

Non ero convinta, c'era ancora qualcosa che non tornava. Avevo avuto quella sensazione fin dal principio e questo seguito non aveva fatto altro che insospettirmi ancora di più.

"Basta pensare e riposa." Concluse Leith facendomi stendere nuovamente.

Per quanto turbata fossi, nnon frovai la forza per opporre resistenza.Leith rimase seduto al mio fianco cercando di farmi addormentare. Si arrotolòdei ciuffi dei miei capelli intorno all'indice, mi accarezzò le guance, midisegnò piccoli cerchiolini sulle braccia. Le palpebre divennero nuovamentepesanti e lasciai che si chiudessero, sprofondando in un lungo sonno.     

The Death Of Shadows |The Otherworldly's Saga|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora