CAPITOLO 11

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"Nonna, nonno, sono tornata!" dissi chiudendo la porta di casa alle mie spalle.

Salii le scale ed andai in camera mia.

"Leith?" domandai nel silenzio della camera.

"Sempre presente." rispose una voce che saliva dalla finestra.

Leith entrò in camera mia e mi salutò con un tiepido bacio sulla fronte.

"Oggi sei riuscito a controllarti?" chiesi.

"Non esattamente: l'acqua ha attutito il calore" disse un po' amareggiato.

"Ma ora raccontami di te" continuò.

"Ma io non ho vissuto niente di speciale."

"È proprio il fatto che tu abbia vissuto una vita comune che mi rende curioso, io non so cosa sia il tuo comune. Voglio sapere tutto dal principio!"

"Sono 17 anni molto lunghi" scherzai.

"24/7" mi ricordò.

"Ok ok. Sono nata il 14 agosto di 17 anni fa..." iniziai, credendo che mi avrebbe interrotta, ma invece era lì, che mi osservava con gli occhi pieni di curiosità.

"Vuoi...vuoi davvero sapere tutto?" chiesi stupita.

"Tutto." rispose.

"Proprio tutto? Anche i ricordi che già sai da quando abbiamo fatto il contratto?"

"Tutto." disse con tanta decisione da farmi sciogliere il cuore.

Così gli raccontai tutto della mia comune vita: della mamma, del ranch, dei nonni, dei miei amici, delle mie passioni più grandi, della mia paura più grande.

"E tuo padre?" chiese dopo che ebbi finito.

"Non l'ho mai conosciuto. Mia madre mi ha detto che è morto poco dopo la mia nascita, in un incidente. L'ho visto solo in una foto sbiadita che mamma tiene sul comodino. Tutti dicono che io somigli molto a mia madre, che da mio padre non abbia preso nulla se non..."

"Gli occhi." concluse Leith al mio posto.

"Come fai a saperlo?"

"Il contratto." mi ricordò.

"Ora è tardi! Su, su, a letto. Che ne sarà del tuo bel faccino senza il sonnellino di bellezza?" mi stuzzicò.

Poi mi sollevò in stile nuziale lasciandomi improvvisamente cadere sul letto. I capelli scuri mi si sparsero sul cuscino, creando un contrasto di chiaro scuro, scoprendomi tutta la lunghezza del collo, e mettendo ben in mostra il sole nero sulla clavicola. Leith lasciò cadere il suo sguardo per qualche secondo, quanto bastò per far irrigidire la sua mascella e far brillare i suoi occhi di ametista.

Deglutì evidentemente e distolse timidamente lo sguardo passandosi una mano tra i capelli, mentre si avviava verso la finestra.

"Io rimango qua, ora dormi."
Le sue parole, efficaci come una ninna nanna, furono l'ultima cosa che sentii prima di addormentarmi.

Mi svegliai a causa della forte luce estiva, dopo non pochi lamenti e smorfie. Guardai subito verso la finestra. Lui non c'era, ma sapevo che sarebbe tornato. Con calma mi alzai e, dopo essermi preparata, raggiunsi i nonni in cucina.

"Auguri Alexa!!" mi urlarono in coro.

Ero così sorpresa! Tra una cosa e l'altra...e Leith, me ne ero completamente dimenticata.

"Apri il tuo regalo." mi dissero porgendo una piccola scatola infiocchettata.

La aprii. Era una collana con un piccolo ciondolo raffigurante una fenice il quale cuore era indicato da un piccolo frammento di ambra. Poco dopo che mia nonna ebbe finito di legarmi la catenina al collo sentii la porta bussare.

"Apro io." dissi avviandomi a passo svelto verso la porta immaginando già chi avrei trovato.

"Buon Giorno Alexa, Signori." mia nonna mi scacciò da casa con un rapido gesto della mano.

"Ragazzo." ci fermò mio nonno.

"A casa prima di cena." concluse guardandolo con diffidenza.

Leith rispose con un breve cenno del capo e poi uscimmo.

"Ho una sorpresa anche io." disse con gli occhi che gli brillavano.

"Seguimi." mi tirò per mano.

Camminammo a lungo per un sentiero di montagna, ma ad un certo punto deviammo uscendo dal percorso. Dopo vari slalom e inciampi raggiungemmo un dirupo che dava sul lago.

"Sarebbe stato più bello e romantico al tramonto ma devo riportarti a casa per cena e ora è il momento della giornata meno pericoloso per farlo." disse togliendosi la maglia e appoggiandola su un ramo.

Il suo corpo così chiaro e scultoreo era molto lontano dall'essere simile a quello di un umano. I raggi del sole si riflettevano sulla pelle, enfatizzando ogni muscolo, rilassato o contratto che fosse.

"Vieni." mi tese le braccia.

Mi avvicinai timidamente lasciandomi avvolgere dalla sua presa.

"È nuova?" mi chiese indicando il ciondolo.

"Si, è il regalo dei nonni." risposi chiudendo la mano attorno alla fenice.

"Si abbina ai tuoi occhi." disse sorridendo, facendo riferimento all'ambra incastonata.

"Ma ora basta" mi strinse con più forza a se e si gettò nel dirupo.

Spaventata chiusi gli occhi e mi strinsi nelle sue braccia. Sentii il suo petto sollevarsi al ritmo di una risata.

"Tranquilla, apri gli occhi." la sua voce risuonava melodiosa nell'aria.

Stavamo volando.

La brezza mi soffiava tra i capelli, il sole si rifletteva luminoso sul lago e gli alberi verdeggiavano in lontananza. Alzai lo sguardo verso Leith e, cingendogli il collo, lo abbracciai. Sentii la sua guancia sollevarsi in un sorriso. Da quella posizione vidi le sue ali. Così belle e innaturali da sembrare un miraggio, immense e nere. Ma no, non erano semplicemente nere, le sue ali infatti brillavano di venature blu quando venivano colpite dalla luce. Non resistetti, e come sotto ipnosi tesi la mano e lasciai che le mie dita vennero solleticate da qualche morbida piuma.

"No! Non tocc-" Leith perse l'equilibrio e un'improvviso vuoto al cuore mi fece capire che stavamo cadendo.

Mi strinsi più forte a lui e anche lui rafforzò la presa. Sentii tutti i suoi muscoli irrigidirsi; eravamo sopra al lago, se fossimo caduti saremmo finiti nel Regno Intermedio. Precipitavamo in un modo irregolare, avviluppandoci nell'aria, roteando la posizione dei nostri corpi più e più volte, e ritrovandoci spesso con la testa lì, dove fino a poco prima c'erano le gambe. La caduta era così precipitosa che l'aria era quasi irrespirabile. Quando fui in grado di specchiarmi nella superfice del lago nascosi la testa tra le braccia di Leith, strizzando gli occhi e irrigidendomi, per prepararmi all'impatto con l'acqua. Impatto che non arrivò mai. Leith riuscì a riprendere quota in tempo.

"Non farlo più." mi disse affannato, ma così dolcemente da non risuonare come un rimprovero.

"Cosa è successo?"

"Le ali sono molto..." cercò la parola esatta.

"...sensibili." batteva e stringeva più volte le palpebre cercando di far tornare i suoi occhi, ora viola intenso, al loro colore naturale.

Solo allora capii il significato delle sue parole e arrossii.

"Scusami." dissi con un filo di voce.

"Tranquilla." mi scompigliò i capelli.

"Ora torniamo indietro."




The Death Of Shadows |The Otherworldly's Saga|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora