CAPITOLO 23

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"Qual è il prezzo per le ali?" Lo vidi irrigidirsi e serrare la mascella.

"Niente di speciale." Era evasivo.

Ancora.

"Leith."

Il mio tono non era né severo, né minaccioso, ma il mio sguardo era intenso, fisso nel suo. In fine cedette, e abbassò gli occhi.

"...vite..." Disse in un sussurro quasi impercettibile.

"Di ogni genere..." Aveva la testa china e non osava guardami negli occhi.

"Quella settimana, dopo il mio compleanno, è di questo che ti sei occupato?" Annuì senza alzare la testa.

"E a breve dovrai rifarlo..." Dissi facendo riferimento al volo per arrivare fino a casa sua.

Annuì nuovamente.

"Quanti umani hai ucciso finora?"

"Alexa non ti semb-" Cercò di abbozzare un sorriso amaro sollevando un angolo della bocca.

"Quanti?!" Lo interruppi.

Cercai di rimanere impassibile, ma mi si era formato un groppone in gola e la voce mi si stava spezzando.

"Sei" Con un nervoso gesto della mano mi raccolsi i capelli allontanandoli dal viso. Il mio sguardo era fisso sul divano.

"Alexa...io-" Mi sentii toccare il braccio.

"Che tipi di uomini erano?"

"Assassini principalmente, ma anche criminali come ladri o carcerati. Il Sottomondo mi ha chiesto di ucciderli perché vuole averli tra le mani il prima possibile, in modo da trasformarli in perfetti demoni e sfruttarli."

"Quali sono gli...altri tipi di vite?" Sentivo il mio cuore accelerare.

"Demoni che non sono più utili al Sottomondo."

"Cosa intendi per utili?"

"Chi ha fatto in un qualche modo un torto al Sottomondo, o i traditori. E sono considerati tali tutti coloro che si rifiutano di seguire gli ordini."

"Perché dei demoni dovrebbero rifiutare degli ordini?" Le labbra di Leith si sollevarono in un sorriso amaro.

"Perché si pentono. Non vogliono essere demoni, invidiano la vita degli umani e si rifiutano di ucciderli. Questo succede però solo con chi è demone di nascita. Per chi lo è diventato la situazione è diversa: hanno perso qualsiasi memoria di quando erano umani, e con essa anche la ragione. Quelli che una volta erano umani sono i demoni più spietati, che non conoscono la compassione."

"Il Sottomondo non ti ha ancora ucciso perché...gli sei utile? Perché gli porti le anime che vuole?" Annuì debolmente.

Mi si strinse in cuore, ora capivo perché Leith non voleva dirmi niente, ma lo biasimavo ugualmente per avermelo tenuto nascosto. Mi sentii ancora peggio quando realizzai che finora aveva dovuto usare le ali per me. Nella mia testa vorticavano immagini terrificanti e mi si strinse lo stomaco.

"Tutto bene?" La voce di Leith mi aveva nuovamente potato alla realtà.

"Bene non è esattamente la parola giusta." Un sorriso amaro mi segnò il volto.

"Capisco perché hai provato a tenermelo nascosto, ma non avresti dovuto. Non posso cancellare ciò che è stato, ma promettimi che non lo rifarai mai più, se non in caso di vita o di morte." Lo sguardo spento di Leith si accese di speranza.

"Ho un'ultima domanda." Dissi senza più un filo di esitazione.

"Uccidi anche gli angeli?" Vidi il suo sguardo farsi nuovamente buio e temetti il peggio.

"No, per il momento no. Uccidere un angelo sarebbe come dichiarare guerra."

"Ma se mai dovessero chiedertelo..." Leith annuì.

"Dovrò ucciderlo." Senza pronunciare più nessun altra parola mi alzai è andai a letto.

Chiudendo la porta alle mie spalle mi gettai sul letto, raggomitolandomi intorno al cuscino. Un singhiozzo ruppe il silenzio della stanza e lo soffocai nel cuscino. Non potevo permettermi di piangere. I singhiozzi si fermarono ma nulla impedì alle silenziose lacrime di rigare le mie guance. Leith stava vivendo ogni giorno nel costante pericolo, diventando un sicario, anche se costretto. Cercai di tranquillizzarmi, provando a convincermi che, dato che tutti i demoni uccidono, Leith non stesse facendo niente di diverso da quello che avrebbe dovuto. I demoni uccidono, gli angeli difendono; è così che funziona no? Con uno svogliato gesto della mano mi asciugai le lacrime e rimasi a lungo rannicchiata in quella posizione. Più tardi mi alzai dal letto e, aprendo la porta di camera, mi diressi verso il salotto. Più mi avvicinavo al soggiorno e più sentivo odore di ferro e sangue. Dei versi simili a un animale echeggiavano nella stanza. L'orrore allo stato puro mi colse quando vidi Leith nella sua forma demoniaca. Spostò i suoi occhi infernali su di me. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata e in testa iniziarono a vorticarmi idee di ogni tipo, creando un unico pensiero confuso e irregolare.

"Va via!" Ruggì.

Avevo il cuore in gola e i palmi sudati, ma avanzai qualche passo.

"Vattene!" La sua voce aveva perso qualsiasi traccia di umano.

Continuai ad avanzare, molto lentamente e con passo incerto.

"Hai detto che sai controllarti." Dissi per cercare di farlo tornare alle sua forma umana.

Cercai di apparire sicura, ma la mia voce tremante mi tradì.

Vidi il corpo di Leith piegarsi sempre di più, la schiena ricurvarsi verso il pavimento e gli artigli graffiare il parquet.

"il primo... cassetto!" La sua voce si alternava da mostruosa a umana.

Rimasi qualche istante bloccata, poi mi diressi in cucina.

"Il pugnale!"

Aprii il cassetto con così tanta forza che le posate rimbalzarono, urtandosi tra loro e producendo un rumore ferroso. Riconobbi l'arma dalla lama trasparente e dall'impugnatura dorata, la stessa che aveva usato Reuel per calmarlo, e la impugnai. Nonostante fosse piccola pesava più di una comune spada in ferro battuto e mi aiutai a sorreggerla con entrambe le mani. Mi avvicinai a Leith.

"Colpiscimi!" Strinsi saldamente il pugnale e lo rivolsi verso il corpo di Leith che si stava ancora contorcendo per terra.

Abbassai velocemente la lama ma mi fermai a pochi millimetri dal corpo.

"Muoviti!"

"Non ci riesco!"

Tremavo così tanto che impugnare l'arma con entrambe le mani non era sufficiente. Leith mi tirò a se prendendomi dal polso e facendomi cadere sul suo corpo. Sentii il pugnale lacerare la carne e infilarsi nel suo addome, mentre una sostanza calda mi ricopriva la mano: il suo sangue. Sentii i suoi muscoli abbandonarsi e con un tonfo la mano di Leith cadde sul parquet. Mi sollevai dal suo corpo e rimasi a osservarlo. A differenza della volta precedente con Reuel, non stava succedendo nulla. Le corna, i capelli bianchi e gli artigli, non stavano scomparendo e Leith non riapriva gli occhi. Presa dal panico iniziai a scuoterlo per svegliarlo.

Niente.

Le sue labbra erano violacee e il suo corpo freddo. Non respirava. Appoggiai la testa sul suo petto, ma il suo cuore non batteva. Il mio sguardo ricadde sulle mie mani sporche di sangue.

Lo avevo ucciso.




The Death Of Shadows |The Otherworldly's Saga|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora