XXII - VOR WUT SCHNAUBEN

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Vor wut schnauben significa "Fremere di rabbia" in tedesco.

ALEXANDER

Camminavo molto velocemente, cercando di seminare la fastidiosa presenza alle mie spalle.
Decisi di intraprendere lo stretto sentiero del bosco, ma spesso e volentieri tagliavo corto in pezzi di strada in cui gli alberi erano più fitti, ed era semplice perdermi di vista.
Nonostante questo, però, Hanya tenne duro e riuscì a starmi col fiato sul collo per tutto il tragitto.

<<Puoi rallentare per favore?>> Chiese con il fiatone.

<<No.>> Risposi secco, senza troppi convenevoli.

Lei sbuffò e continuò a camminare velocemente nel buio della notte.
Tutto era calmo.
Il silenzio regnava sovrano, solo una leggera brezza fredda ci circondava, ma non abbastanza forte da infastidirci.

Non appena sentii un colpo che ruppe il meraviglioso silenzio che pareva rilassarmi i muscoli, mi voltai velocemente per capire cosa fosse successo.
Hanya si rialzò velocemente da terra, ripulendosi i jeans chiari dal marrone della terra umida e imprecando rumorosamente.

<<Che femminilità.>> Ironizzai, riprendendo a camminare.

<<Ma sta' zitto.>> Borbottò, aumentando il passo e bloccandomi il passaggio.

<<Levati.>>

<<No.>> Incrociò le braccia e sollevò lo sguardo verso di me.
Anche con la pallida luce della luna riuscivo a scorgere i suoi grandi occhi da cerbiatto e le lunga ciglia che sembravano sfiorare le palpebre.

Quegli occhi iniziavano, con il passare dei giorni e man mano che li fissavo, a trasmettermi qualcosa di diverso dall'intera sua persona.
Era una tosta, dovevo ammetterlo, e riusciva a tenermi testa come nessuno aveva mai fatto. Mi irritava, mi rispondeva male e mi mandava a quel paese, facendomi perdere spesso la pazienza.
Nonostante tutto, i suoi occhi sembravano non appartenerle.
Trasmettevano dolcezza, voglia di amare e tristezza.
Nulla in confronto alla sua lingua biforcuta, al suo corpo addestrato a colpire e alle sue labbra sempre serrate in un ghigno nervoso.

Ero andato via da casa con i nervi a mille per colpa sua.
Le parole di Taylor continuavano a ronzarmi nella mente, e un forte dubbio iniziava a impossessarsi del mio corpo.
Non ero ancora riuscito a sottometterla, ma farla mia era tutto un altro discorso.
Avrei giurato fosse facile, e quando Taylor mi aveva detto, a parole sue, che non sarebbe stata mia così facilmente, la mia testa aveva assorbito quelle parole come una sorta di sfida.

Mi ero avvicinato a lei, l'avevo stretta a me con una mano e avevo ignorato i brividi che quel gesto mi aveva provocato.
Le avevo sussurrato qualcosa all'orecchio, in modo caldo e dolce, e mi era anche sembrato di avvertire un tentennamento da parte sua.
Ero già convinto di potercela fare, e solo il suo sciogliersi a quel gesto mi avrebbe dimostrato che non c'era sfida, che Taylor non aveva ragione e che nonostante non riuscissi a sottometterla a parole, me la sarei potuta portare a letto in qualunque momento avessi voluto.

Hanya, d'altro canto, non mi era sembrata della stessa opinione, soprattutto quando mi aveva minacciato di tirarmi una gomitata sui denti se non mi fossi spostato da lei.
Quando aveva aggiunto anche che non era interessata alle mie "Performance", la mia testa aveva riformulato la sfida.
Non avevo mai avuto alcun tipo di problema con le donne, ma lei sembrava crearmene uno nuovo ogni giorno.
Ancora ribollivo di rabbia per il suo rifiuto, e per di più non riuscivo a togliermela dai piedi.

<<Che cosa vuoi da me?>> Ringhiai, fingendo che i suoi occhi non mi facessero effetto.
Non la sopportavo ma la trovavo, mio malgrado, straordinariamente bella, coraggiosa e forte.

Werewolf Hanya- L'Alfa dei lupi solitari.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora