Change 6

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''Lo cercherai ancora,
inutile negarlo.
E in mezzo alla gente
avrai l'ansia di incontrarlo,
come la prima volta che l'hai visto.
E l'ultima volta che l'hai perso.''
-On tumblr


La sveglia suonò ed io avevo passato la notte in bianco.

Avevo guardato il cielo schiarirsi gradualmente dai fori delle persiane abbassate. Per rassicurarmi che la notte stava del tutto passando, mi concentravo nel sentire ogni rumore che stava prendendo forma, come il cinguettio degli uccelli o le prime auto che sfrecciavano sull'asfalto umido, sentivo il rumore della loro scia scomparire pian piano ad ogni metro di distanza.

Alle sei del mattino mi alzai di malavoglia e sentii il freddo entrarmi nelle ossa.

I miei pensieri ritornarono a Valerio anche mentre mi lavavo i denti e mi spazzolavo i capelli.

Dopo di lui, c'era stato il vuoto. Non avevo provato più nulla. Neanche verso Christian.

Perché avevo scelto lui? Forse perché era la strada più facile? O perché eravamo cresciuti insieme?

Eppure non avevo nessuna risposta pronta a nessuno dei miei dubbi. Avrei voluto che i problemi fossero come i nodi dei capelli che, ogni volta che li spazzolavi, bastava creare leggermente più pressione sul nodo cosicché sarebbe scomparso fra i denti del pettine.

Valerio, proprio come un boccone rimasto sulla bocca dello stomaco, risaliva a galla quando meno me l'aspettavo ed era in grado di ferirmi sempre come la prima volta che l'avevo perso.

Ripensai a quando, in classe, durante le lezioni, mi prendevi la mano e la racchiudevi fra le tue, la guardavi attentamente, la studiavi e la rigiravi come se fosse fatta di porcellana, attento a non romperla.

Ci lasciavi sempre un bacio sopra.

Non te l'ho mai detto, quanto amavo quando lo facevi.

Lo ritenevo un gesto di adorazione, d'amore.

E tu, rosso sulle guance, scoprivi in me sentimenti che non provavi da anni.

Mi baciavi sempre la mano, mi sorridevi e poi scappavi con la faccia impaurita per ciò che facevi.

Avevi perso la testa, per me.

Ed io per te.

Avevi iniziato a studiare, lo facevi per rendermi orgogliosa ed io ti aiutavo.

Dicevi che ero l'unica ad interessarsi a ciò che facevi, che ero l'unica che voleva che non perdessi un altro anno.

Era vero. Avevo capito che tu potevi farcela, avevi solo bisogno di sapere che potevi contare su qualcuno.

Valerio, per te ho incassato tutti i colpi possibili, pur di evitarteli.

Ho incassato anche i colpi che partivano da me stessa.

Ti ho fatto da scudo su ogni dolore e tu ti eri innamorato leggermente della pace perpetua che provavi quando stavi con me. Ti sentivi come se fossi un terreno che per la prima volta non veniva preso d'assalto dalle bombe, un terreno che non vedeva la guerra da qualche mese e che, pian piano, stava ri-iniziando e germogliare.

Eravamo insieme all'interrogazione di italiano, l'uno di fronte all'altro.

«Parlami di Verga» domandò la Professoressa. Ma io non parlai. Lei seguì la direzione del mio sguardo e i suoi occhi saettavano fra te e me.

«Scusatemi Prof, ma non riesco a parlare se mi fissa così» ammisi, balbettando.

I tuoi occhi vitrei erano così profondi e incompresi.

Come fiori sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora