Revive 18

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  "Ti sento. Ti vedo. Ti riconosco.(...) Sei il mio punto."  

-Daniel Glattauer 

Nei giorni seguenti, Chris era in ferie e si era fatto sentire spesso. Mi aveva chiesto svariate volte di uscire e di raggiungere la comitiva, ma avevo sempre declinato l'invito.

Intanto, le voci giravano come foglie a vento su me e Daniel. Effettivamente era difficile da spiegare. Avevamo lasciato i nostri partner quasi nello stesso periodo e ora, non riuscivamo a staccarci, eravamo incollati l'uno all'altro come calamite e per questo, la gente solo guardandoci credeva ci fosse qualcosa di più fra noi.

Ma qualsiasi accusa, la lasciavo scivolare via e mi concentravo spesso sul lavoro perché l'idea che fra me e Daniel potesse esserci davvero qualcosa mi faceva sentire sulla cresta di un'onda piena di sentimenti sconosciuti. Un onda che poteva portarmi al riparo su una spiaggia deserta oppure inghiottirmi e incatenarmi negli abissi.

Non sapevo se era amore, perché paragonato a quello che avevo provato con Chris, era del tutto diverso. Non era lineare ma del tutto mite. Con Daniel non sapevo mai cosa aspettarmi, non sapevo mai cosa potessi provare quando si avvicinava. Smuoveva in me tasti che non avevo mai accettato di avere.

Mi conosceva meglio di chiunque altro, perfino meglio di me stessa.

E questo mi scaricava un'adrenalina irruenta. Un suo sguardo era capace di incendiarmi e tenere in me un fuoco appiccato, rendendomi incapace di diventare cenere.

Mi addormentavo spesso a telefono con lui, e quando ciò non accadeva, ascoltavo la registrazione che feci tempo prima di Iris cantata dalla sua modesta voce.

Se nello stesso tempo ero presa dall'uragano Daniel, dall'altra parte ero dispiaciuta del dolore che avevo inflitto a me e Chris. E sentirlo non mi facilitava le cose.

Avevo bisogno di capire che era tutto finito. E più che un amico, Chris a volte mi sembrava un investigatore.

Ormai non eravamo solo sotto lo stesso cielo io e Christian, ma anche nello stesso paese, pervia delle sue ferie natalizie.

E a proposito di questo, il Natale si avvicinava sempre più velocemente. Le strade erano addobbate in un modo fantasioso e milioni di luci sfavillanti brillavano sulle porte delle case, sulle ringhiere dei balconi, nelle finestre che spiavo passando per strada, sui cancelli automatici, nei negozi e nelle piazze principali dei paesi, insomma ovunque.

Non amavo particolarmente il Natale, differentemente a quando ero bambina ma insomma, dopotutto tutti i bambini adoravano quella festività. Non solo per i regali, ma anche per la magia che sentivamo dentro.

Da piccola, il venticinque dicembre, succedeva sempre qualcosa di bello per la mia salute, avevo sempre qualche miglioramento.

Ricordo ancora una notte di più di tredici anni fa, quando iniziai a camminare dopo una paralisi durata tre mesi.

Spesso, di notte, capitava che avevo una sete tremenda e che per bere avevo sempre bisogno dell'aiuto di qualcuno.

In quella notte, piansi. Piansi perché avevo maledettamente sete ma non volevo svegliare nessuno, solo che l'acqua non c'era e i miei muscoli erano rigidi come l'acciaio.

Della mia vita fino ad ora, si può dire tutto, tranne che io sia stata un approfittatore o non sia mai stata indipendente. Così quella notte mi catapultai giù dal letto con una leggera spinta. Avevo solo le gambe in paralisi quindi, mi trascinai letteralmente sulle mattonelle fredde del corridoio e arrivai in cucina, passando per il bellissimo e altissimo albero di natale in salone.

Come fiori sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora