Change 1

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Giorno o notte. Luce o buio. Sole o luna.

Ormai non aveva importanza.

Niente aveva più importanza.

Si dice che chi inizia a morire non può essere salvato, che lo si fa lentamente.

Forse era così che doveva andare.

Quando ti senti un involucro di pelle che contiene solo angosce e paure, tutto diventa irrilevante e nello stesso tempo, tutto ti ferisce a morte.

Quella mattina non doveva essere diversa dalle altre eppure sono certa che lo è stata.

Perché è stato proprio in quel giorno intrinseco di nuvole e pianti silenziosi dal cielo, che il destino decise di far incontrare le nostre strade piene di massi.

Massi difficili da reggere.

Eppure erano lì, a pesare sopra al nostro cuore. Ad ostacolare tutte le vie d'uscita.

Quando apri gli occhi e qualcosa sta per cambiare, non lo puoi mai immaginare. Perché alcune cose succedono quando meno te lo aspetti.

Apri le palpebre pesanti e pensi sia un giorno come un altro, magari un po' diverso solo per un ritmo di pioggia diverso, un po' più fitta e fredda.

Ma cosa ne potevo sapere io? Forse in realtà era già cambiato tutto ed ero io a non notarlo.

Mancavo da quattro settimane dal mio paese natale situato in Sud Italia, ma per me era come se fossi stata via molto più tempo.

Ero stata a Londra per un viaggio-studio che aveva concluso i miei anni da liceale ed era ancora difficile, per me, realizzare che gli anni più lenti e angoscianti per tutti noi adolescenti siano realmente terminati.

Ora, lontana da Londra, di nuovo nel mio paese, mi sentivo diversa. Cambiata.

Forse era stato il diploma, oppure era stato il tempo trascorso lontana da casa e dagli amici o ero stata semplicemente io.

Ma vedevo tutto sotto ad una luce diversa. Di conseguenza anch'io mi vedevo cambiata, era come se un'altra persona si fosse presa la mia mente. Non mi sentivo più io o meglio: non sapevo più chi fossi.

Guardandomi allo specchio mi vedevo più brutta del solito, avevo perso radicalmente peso ancora una volta. Guardai il mio volto scavato, le fosse perenni sotto agli occhi e i capelli sfibrati e nodosi avere un colore indefinito fra il castano e il rosso.

Gli occhi stanchi erano in perfetto abbinamento con il mio volto pallido e spigoloso. Odiavo già vedermi così, ma qualcosa dentro di me mi dava la sensazione che mi dovevo abituare a quel riflesso nello specchio.

Lasciai casa scendendo le scale che mi dividevano dal piano terra, erano cinquatacinque scalini. Alti e pericolanti, eppure in diciannove anni non avevo mai preso una caduta.

Ero sempre stata in piedi.

Ero sempre sopravvissuta a qualsiasi cosa.

Anche quando non lo volevo.

L'inverno stava arrivando eppure non sentivo freddo, in poco tempo mi ero già abituata al clima gelido e imprevedibile di Londra, anzi, avevo scoperto che già mi mancava in tutto.

Tralasciai la sensazione di vuoto che provavo quando ripensavo a quella città e continuai a camminare, uscendo definitivamente dal cortile che riuniva gli enormi palazzi in cui vivevano più o meno ventiquattro famiglie; ci conoscevamo tutti da una vita, come se fossimo un'unica e grande famiglia, eppure, guardando ora quei palazzi vecchi e malridotti, che a malapena si reggevano in piedi, mi assalì la voglia di scappare da questo posto per poi non ritornarci mai più.

Come fiori sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora