Root 15

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"Certe volte, quando ti sembra che la vita ti stia rovinando i piani, magari è semplicemente perché ha in serbo qualcosa di meglio.

Ma quel meglio dipende sempre da te."

- Matteo Bussola

Rivederlo era come se qualcuno mi stesse prendendo a sassate sul cuore. Ogni suo movimento, passo e sguardo, era un colpo ben assestato.

Lui ancora non mi aveva vista, mentre ero seduta sui bancali di legno appena fuori al negozio, ma notai subito che i suoi occhi mi cercavano, mi cercavano da morire.

Quando mi vide corse letteralmente da me e mi strinse e, finalmente, potevo respirare a pieni polmoni, uscendo definitivamente dall'apnea in cui ero caduta da quando se n'era andato.

A quel contatto il mio corpo sobbalzò e quasi mi venne voglia di respingerlo. Ero arrabbiata, furiosa, incazzata, triste, ero tutto ed ero pronta a scoppiare come un temporale ma appena le sue braccia mi circondarono, diventai pioggia leggera.

«Mi sei mancata» sospirò fra i miei capelli, rilassando i tratti del suo viso. Nei dettagli di una persona ci si perde spesso, nei suoi io mi ci ritrovo.

«Le volte che mi sei mancato, credimi, non le saprai mai» dissi riluttante, prima di riservargli uno sguardo truce e andare via.

Lui provò ad afferrarmi la mano ma io la ritirai, maldestra.

«Sunny, dobbiamo parlare» mi urlò dietro, ma io feci finta di non sentirlo e corsi lontano.

Lo odiavo, lo odiavo maledettamente perché non sapevo esattamente cosa fosse successo, ma improvvisamente il mio mondo aveva iniziato ad intrecciarsi con il suo e nello stesso istante mi ritrovavo con le mani legate di fronte alle emozioni che provavo. E guardandomi allo specchio notavo che dentro ai miei occhi non c'era più il solito blu. Era insensato, ma c'era lui.

Passai tutta la mattinata ad evitarlo accuratamente, a nascondermi dai suoi occhi inquisitori e da ciò che provavo. Ma senza sapere come, alla chiusura del negozio, mi ritrovai accoccolata sul transpallet mentre lui lo muoveva per far entrare tutte le pedane al coperto.

Parlavamo e per un attimo avevamo fatto finta di nulla su tutto, stavamo semplicemente chiacchierando perché ci era costata una gran fatica non poterci sentire per giorni interi. Notavo come i suoi occhi volessero stare a stretto contatto con i miei, mentre io guardavo ovunque tranne che in lui.

Mi stavo perdendo.

Oppure mi stavo ritrovando, questo ancora non l'avevo capito.

Quella notte sentivo il freddo fin dentro le ossa mentre guardavo la strada deserta fuori dal negozio. Notti come quelle erano difficili da combattere, perché i ricordi più acerbi salivano a galla e sapevano di rimpianto, ma nonostante la malinconia, avere Daniel con me mi aiutava più di qualsiasi cosa. Riusciva a scrollarmi via le paure con un gesto e poi rimaneva a fissarmi nella penombra come se fossi una creatura rara pronta a scomparire davanti ai suoi occhi. Era questo il modo in cui volevo essere guardata.

«Dobbiamo parlare» annunciò, prima di scompigliarsi maldestramente i capelli neri.

«Di cosa?»

«Ieri sera io e Irene ci siamo lasciati, insomma... Io ho fatto il mio passo. Ora... non so» disse, inserendo l'ultimo bancale all'interno del negozio e mollando il transpallet da solo lì, con me accovacciata sopra. Non aspettò nessuna mia risposta, se ne andò semplicemente, lasciandomi allibita. Perché aveva lasciato Irene per una che non gli aveva nemmeno confessato i suoi sentimenti?

Come fiori sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora