Change 7

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"Vi sono delle terribili sensazioni per soccombere alle quali ci vuole forza - forza e coraggio.
Rischiare tutta la vita su una posta - poco importa se quella posta sia il potere o il piacere-
non è di un animo debole.
Vi è là un orribile, un terribile coraggio. "
-Oscar Wilde

Respira.

Respira.

Respira.

Chiusi gli occhi, cacciando indietro le lacrime. Ero nel bagno del negozio, situato in fondo a tutto rispetto alle casse e all'entrata dove ora c'erano tutti quelli dello staff.

Provavo a calmare la marea di tristezza che si era impadronita di me fin quando avevo aperto gli occhi.

E il cielo piangeva con me.

Ero appoggiata al legno duro della porta tremendamente fredda. Mi calmai lentamente da quel piccolo momento di disperazione e mi guardai allo specchio.

Okay, era tutto okay.

Appena aprii la porta, vidi Daniel con la giacca nera fra le mani, il viso pallido e gli occhi fissi nei miei.

Non dissi nulla, come avevo capito di dover fare.

Abbassai lo sguardo e me ne andai in negozio, mentre lo sentivo tossire forte dal bagno.

Mi odiavo.

A volte bisogna capire che il peggior male per noi stessi non siamo altro che noi.

Iniziai a sistemare, con Lidia e Gioele, gli assorbenti del reparto praticamente vuoto.

Scoprii così che Lidia era una ragazza divertente e tra lei e Gioele non sapevo chi mi facesse ridere di più. Gioele continuò per tutto il tempo a fare battute spinte sugli assorbenti con le ali, mentre Lidia continuava a lanciargli qualsiasi cosa contro per disperazione.

«Raga, noi mangiamo qua un panino, se volete unirvi, ci fa comodo.»

Cesare sbucò fuori dal corridoio, ridendo quando vide i pannolini grandi per le donne dopo il parto o per le anziane con incontinenza. Erano davvero enormi.

«Va bene, io ci sono. Voi?»

Io e Gioele annuimmo all'unisono e scegliemmo il gusto dei panini.

L'ora di pranzo venne presto e ci ritrovammo tutti seduti fuori, come lucertole in cerca di sole.

Gioele rollava una canna in terrazzo. Lidia giocava con il cellulare e Cesare e Daniel giocavano con un pallone.

Io ero accanto a Gioele mentre guardavo in silenzio la partita.

«Ehi, Chris.»

Cesare urlò il nome di Christian e io mi voltai giusto in tempo per vederlo entrare dalla porta che conduceva alle scale.

Non sapevo venisse.

«Ciao ragazzi» disse entrando, guardò Daniel e Gioele, presentandosi in modo educato e poi venne verso di me, sorridendomi e baciandomi.

Mi sentii a disagio.

«Come stai, piccola?» chiese guardandomi, non riuscivo a vederlo bene per il troppo sole, ma gli dissi di star bene.

Che grande cazzata.

Il pomeriggio volò, Daniel non c'era stato perché aveva aiutato Amelia in ufficio con alcune faccende.

Lo vidi giusto prima di ritornare a casa. Entrai nella macchina aziendale assieme agli altri e il mio cuore sprofondò quando Daniel sbagliò, per l'ennesima volta, strada.

Come fiori sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora