Root 16

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  ''Il legno sembra fermo, ma è sottoposto a pressioni interne che lentamente lo spaccano.
La ceramica si rompe, fa subito mostra dei suoi cocci rotti. Il legno no, finché può nasconde, si lascia torturare ma non confessa.
Io sono di legno.''  

-Giulia Carcasi 

Per una come me, amare era semplice. Ma essere amata era difficile.

Mi era difficile, perché non capivo cosa ci trovassero in me. Io d'altro canto, amavo studiare qualsiasi persona passasse per strada, soprattutto le persone che conoscevo.

Daniel l'avevo guardato così tanto da sapere, in pochi mesi, che quando era nervoso tossiva. Che era più timido di quanto volesse lasciare trapelare e che era tremendamente romantico. Io ero molto simile a lui e, proprio mentre leggevo Emily Bronte, non potevo non immedesimarmi in una sua frase in particolare:

''Di qualunque cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia erano uguali.''

Mi ci perdevo spesso nei libri, amavo sfogliare le pagine e divorarmi ogni parola, immaginando con la mente tutto ciò che era descritto in essi. Per me, i libri erano meglio dei film.

Ricordo ancora che, qualche anno fa, non volevo mai leggere l'ultima pagina, perché mi dava la sensazione di aver appena perso un amico. Ma la curiosità spesso vince su tutto.

Era il mio giorno libero quella mattina e me ne stavo in cucina a guardare mia madre che cucinava in silenzio. In quel periodo avevo iniziato a risponderle male e ad alzare la voce per il nervosismo. In realtà, mi ero resa conto che non poteva chiedermi niente che io iniziavo ad arrabbiarmi. Era sbagliato, lo so. Ma non riuscivo a fermare l'accumulo di rabbia che in quei mesi mi portavo addosso insieme ai vestiti.

Un buon consiglio era quello di starsene zitta e non darmi a parlare, perché così non l'avrei ferita. Ma invece no, tipico di lei, non mi mollava mai.

«Sai... In questi giorni ti vedo molto legata a quel ragazzo di Best Shop» iniziò, mentre tagliuzzava alcune verdure sul tagliere.

«Gioele?»

«No, l'altro. Ogni volta che ti passo a prendere vi vedo vicini.»

«Non è vero» le risposi subito, prima di andarmene e lasciarla lì.

Ero antipatica, lo sapevo bene, ma continuavo a non sapere come fare per calmarmi e ritornare me stessa.

«Guarda caso siamo liberi entrambi. Usciamo?» Daniel.

Dopo che mi aveva detto di Irene, non era cambiato nulla tra noi. Erano passati due giorni di completa normalità, lavoravamo e chiacchieravamo di tutto non toccando mai l'argomento ''sentimenti esposti'' conoscendolo, avevo capito però che nemmeno lui stava passando un bel periodo. Di Irene non c'e' stata più nessuna comparsa e Daniel si limitava a tossire spesso e a perdersi in pensieri remoti.

Potevo solo immaginare com'era triste e dispiaciuto per lei. O per loro.

Non sapevo ancora le dinamiche della loro rottura ma sicuramente avranno sofferto entrambi. Mi dispiaceva esserne in parte una piccola causa.

Mi domandavo a cosa pensasse, vedendomi ancora con Chris. Ma nei giorni precedenti, mi aveva confessato che alcune cose dovevano essere fatte già anni prima e lui, non sapeva perché, le aveva sempre rimandate.

Non sapevo cosa avesse detto a Irene per lasciarla, ma ho saputo che lei non l'ha più voluto rivedere. E che, quella sera, davanti alla famiglia di lui, ha urlato: «Per me, siete tutti morti» ed è andata via.

Come fiori sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora