Capitolo quattro

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Quella stessa sera entrambi furono accompagnati da un senso di straziante confusione.
Charlotte, più amareggiata che mai durante il tragitto verso casa aveva cercato di trattenere le lacrime che, contro ogni logica ricadevano copiosamente sulle sue guance, mentre Damiano si chiedeva la motivazione di quello sguardo deluso che aveva incontrato il suo nonostante un leggero e in parte, consapevole senso di colpa che lo stesse lentamente avvolgendo.

Per l'ennesima volta aveva fatto ciò che era giusto, non ciò che realmente desiderava e si sentì schiavo della società per ciò, e provó pena per lui e per non essersi rispettato mentre, ogni parte del suo corpo gli sussurrava di rincorrerla, di parlarle, di dirle che lei, non aveva bisogno di scoprirlo, ma che era lui che dalla prima volta in cui l'aveva vista aveva avuto voglia di scoprire ogni centimetro della sua anima, nonostante facesse di tutto pur di scacciarla dai suoi pensieri.

Dal canto suo Charlotte una volta tornata a casa si rinchiuse nella sua camera e fece quello che era costantemente solita a fare, esternarsi dalla realtà.

E non le importarono le urla di sua madre che le chiedeva dove fosse stata, non le importó della cena in tavola, né tantomeno del letto ancora da rifare e dei libri sul pavimento, tutto sembrava essersi annullato, voleva soltanto trovare un modo per rialzarsi da quella che le stava sembrando una rovinosa caduta verso l'oblio da fin troppo tempo, cercando in tutti modi di sfuggire al vortice che cercava di travolgerla e al fuoco che, piuttosto che scalfirla sembrava volesse bruciarla.
La sua insicurezza la stava lentamente distruggendo.

Ci provó in tutti i modi a ritrovare la sua parte razionale, ma non ci riuscì e il giorno dopo le fu impossibile fingere che tutto dentro lei andasse per il verso giusto
Ascoltó le lezioni con una apparente attenzione, lasciando che la penna si muovesse meccanicamente sul foglio e che la sua mano asssimilasse tutto ciò che avevano da dire i suoi insegnanti, alzó la mano ogni qual volta che si sentiva pronta a rispondere alle domande rivolte ma, qualche ora dopo il gracile filo che teneva il suo essere così frastornato in equilibrio si spezzò, quando durante l'ora di letteratura inglese le fu domandato di leggere ad alta voce una citazione di Oscar Wilde.

Si schiarì la voce, sbatte le ciglia più volte, sistemò gli occhiali e lesse.
"Amare se stessi è il principio di una storia d'amore eterna."
La sua voce risultó calante e le mani iniziarono a tremare e quelle parole, all'apparenza e al tatto di molti poco importanti, per lei si trasformarono in tutt'altro.

Erano le classiche parole così giuste quanto sbagliate, in un momento così giusto quanto confuso che, non ebbero pietà per Charlotte e subito si tramutarono in grandi lacrimoni che la costrinsero ad uscire dall'aula, sotto lo sguardo indagatorio e improvvisamente interessato dei suoi compagni.

A passo spedito si diresse verso i bagni, con lo sguardo basso nella speranza di non essere notata da sguardi troppo curiosi ma, il suo piano fallí miseramente quando si scontrò con qualcuno e il suo campo visivo fu occupato da un paio di scarponcini in cuoio che ormai aveva imparato a conoscere.

Alzò lo sguardo e lo vide, lui era lì, con il suo sguardo deciso e il suo portamento sicuro,
era davvero lì, difronte a lei, nessun filtro, nessuna distanza di sicurezza e per la prima volta, sembrava deciso a non andarsene.

"Charlotte"

The ache /Damiano David/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora