Capitolo venticinque

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Ho solo incastrato le ali d'oro fra le cicatrici dietro la schiena ed inseguito il mio sogno e no mamma, non lascerò che si atrofizzino, brilleranno e danzeranno con la mia realtà mentre tu, le guarderai splendere come non hanno fatto mai e forse mi apprezzerai, forse ci crederai un po' di più all'idea che ti sei fatta di me.

«Ha chiamato mamma.» Charlotte si avvicinò a Damiano, che si abbandonò sul letto all'udire di quelle parole.
«Era preoccupata.» E non lo era stata mai, quasi mi sentivo un pirata in quella casa fantasma che rassicurante aveva solo la camicia che papà ha lasciato nell'armadio prima di andarsene Damià, e adesso? Adesso come finiscono i giochi?

«Le ho detto che sto bene, che voglio trovare la retta via e che lo sto facendo.» Aggiunse restando con lo sguardo basso.
Per quanto potesse essere forte, quell'ultima telefonata l'aveva spiazzata, si era sentita triste, egoista e sporca, come i finestrini delle auto di Roma dopo gli acquazzoni estivi.

Chi sei Charlotte? Le aveva semplicemente chiesto sua madre prima di riattaccarla il telefono e la voce metallica le aveva perforato l'anima e infreddolito il cuore con la sua freddezza.

Chi io sono mamma? E chi sei tu?

Aveva lasciato tutto, preso Damiano e se ne era andata, rincorrendo quell'astratto che tanto sperava si concretizzasse, ma non si era curata delle conseguenze delle sue azioni.
E adesso, stava pagando il prezzo della sua felicità, che somigliavano al retrogusto amaro che lasciavano in bocca le fragole di nonna quando dimenticava di metterci lo zucchero.

«É il prezzo da pagare per la libertà Dam.» Disse continuando quel monologo che pareva privo di alcun filo conduttore.
«Quale?» Chiese lui dubbioso.
Non era a conoscenza del passato di Charlotte.
La profondità del loro rapporto evitava qualsiasi collegamento con il passato, si basava sullo spessore emotivo del presente.

Ma non si può amare pienamente una farfalla senza tener conto del suo processo evolutivo, senza averla vista piangere e dannarsi per essere bruco, ed amarsi al primo battito d'ali.

«Restare così. Maledetti nell'anima di chi ha preferito ingabbiare il nostro passato.»
Ed era vero, il passato sarebbe tornato, inevitabilmente, sempre.

Aveva voltato pagina ma mille altre volte ancora sarebbe tornata a leggere il primo capitolo.
Era così, lei era pagine, capitoli interminabili di libri sottovalutati.

Era l'ultimo capitolo del libro mai letto di mamma, che giaceva sul comodino accanto alla lampada dal vetro rotto, il primo di quello di Damiano e l'ignoto non ancora inscritto sul suo ma che moriva dalla voglia di diventare verità.

«Non voglio farle del male Dam, ma voglio essere felice, respirare senza la sensazione di oppressione costante.»

Voglio essere me, senza filtri ed accanto a te lo sono, non importa come.
Dai forma a tutto, é da te che nasce la mia essenza, da te che si rigenera la mia persona.
Tu il mio Adamo, io la tua Eva, il mondo la nostra mela maledetta, la confusione la nostra pena da pagare.

Ed é importante sapere dove sono? Chi sono io oppure chi sei tu? Quando solo mi basta guardarti.

«La confusione é un effetto collaterale della felicità Charlotte, potrai dire di aver sentito la prima solo dopo aver provato l'ultima.» La guardò sospirando.
«Il bene é un baratto illegale con il male, uno da', l'altro prende senza dare nulla in cambio, se non l'illusione.
Ma é di questo che siamo fatti, é l'illusione che ci fa respirare.»

The ache /Damiano David/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora