Capitolo diciassette

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L'alba si abatté sui loro corpi dormienti, accoccolati sui sedili e ancora fra le braccia di Morfeo non si curarono delle conseguenze delle loro azioni, la loro età, era un'autorizzazione a vivere l'ebrezza della vita e di tutto ciò che essa poteva offrire, privandosi ed evitando ogni tipo di monotona consuetudine.

Erano giovani ricercatori ansimanti della loro luce.

Damiano fu il primo a stropicciare gli occhi e a scontrarsi con la meraviglia del sole il quale così tanto innamorato del mare che non smetteva di concederli la sua luce.

Così lui la guardò, proprio come il sole faceva con il mare e si sentì cielo.

Stretta al suo petto e con la bocca socchiusa pareva essere nel migliore dei suoi sogni il quale, fu interrotto dal risveglio.
Un profumo, un respiro caldo, lui era davvero lì, al suo fianco.
«Buongiorno Sole.» Le disse, affibbiandole un nomignolo dal significato fin troppo profondo per lui.
«Sole?» Chiese lei con i capelli ancora arruffati e la fronte ancora poggiata sul petto forte di Damiano.
«E per forza, guarda quanto sono illuminato da ieri sera.» Disse lui dedicandoli una piccola risata.

«'Sei bellissima',l'hai detto anche tu, è troppo poco per te. Per me, tu sei Sole.» Si passò una mano tra i capelli, mentre lei gli sorrideva.
«E tu cosa sei? Cielo?» Domandò.
«Io sono uragano.» Rispose deciso a lei.
«Huracan» Ricordò un mito.
«Cosa?» Domandò lui.
«Secondo la mitologia Maya, Huracan era il Dio delle tempeste, spirito creatore, origine della vita e cuore del cielo.
Scombussolava per sistemare, distruggeva per creare.»
«E questo Huracan ce l'aveva una Dea al suo fianco che si prendesse cura della sua distruzione?» Chiese lui.
«Non lo so, non ho mai approfondito l'argomento, mi è sempre piaciuto pensare che quelli come lui fossero amanti della terra, e pieni di irriducibile ostilità nei confronti del mondo, avessero un istinto distruttore e che pochi fossero quelli propensi a sopravvivere alla loro pazzia.
I prescelti, o semplicemente gli abili navigatori della pazzia.» Lui la guardò ammaliato dalla bellezza del suo sapere.
«E tu? Tu sei una navigatrice della pazzia?» Chiese.
«L'impossibilità del dannato mi ha sempre affascinata.» Rispose, ricomponendosi, non prima di aver lasciato una carezza sul volto di lui reso ruvido dalla barba.

Lui la riportó a casa congedandosi con un bacio sulle labbra e la tacita promessa di un nuovo inizio mentre lei, una volta sola dovette scontrarsi con l'indifferenza di una madre, consumata dalla separazione come la cera di una candela accesa da troppo tempo che si abbandonava alla sofferta amarezza della fine.

«Sono sta con un amico, mi dispiace non averti avvisata.» Charlotte provò a illudersi di poter instaurare una conversazione, ricredendosi subito dopo quando in risposta ricevette solo un capo che annuiva meccanicamente.

Come poteva l'amore consumare così tanto?

Il fallimento amoroso dei suoi genitori era stato il manifatturiero delle sue più grandi fragilità, aveva modellato le sue più false maschere e innalzato i muri che la separavano dalla sensibilità del mondo, la sua era una ferita aperta, impossibile da rimarginare e il sentimento che provava per Damiano sperava sarebbe presto stato il suo punto di sutura.
Era diffidente nei confronti dell'amore, ma voleva crederci.

Si rintanò nella sua camera e sistemò i fogli sparsi sulla scrivania, che si erano accumulati col passare dei giorni, poesie, che sapevano di Damiano, di vita e dalla sua speranza.

Fece scorrere la penna, su una pagina consumata dal tempo, la Musa la stava attraversando, sussurrandole un nome.

Danzi con sinuositá,
in quello che è un mondo ardente dei nostri sbagli,
non ti muovi,
è Uragano a muovere te,
mentre lasci che la notte ti stringa,
e ti lasci meravigliosamente,
incommensurabilmente,
estenuantemente te.

The ache /Damiano David/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora