Capitolo quattordici

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Nonostante il freddo Charlotte aveva lasciato che il suo amico la trascinasse in un pub.

Un'altra sera, un'altra festa, un altro sospiro.
«Matteo andiamocene.» Pregò lei quando dopo aver messo piede nel locale il suo vestito era diventato inspiegabilmente troppo corto, il trucco troppo imperfetto e la voglia di essere lí troppo poca.
«Per una sera, una sola, lasciati andare.» Le consigliò Matteo.
«Come si fa?» Aveva chiesto con la gola secca.

Una margherita fra le rose, ecco come si sentiva, quella sbagliata nel posto giusto oppure l'unica giusta nel posto sbagliato.
Eppure, il fatto che il suo abbigliamento emulasse quello dei suoi coetanei presenti in quella sala le faceva dubitare che l'ultima supposizione potesse essere veritiera, quanto era difficile avere la sua età.

«Balla con me.» Le suggerì il suo amico dai capelli biondi e lei lo fece.

Ci provò a lasciarsi andare, nonostante tutti i pensieri negativi come alcol le offuscassero la mente, mosse i fianchi, scompigliò i capelli e di tanto in tanto provò a sorridere ma, quando il suo sguardo incerto si scontrò erroneamente con quello furbesco di Damiano tutto si fermò.

Ironia della sorte o semplicemente due ragazzi confusi che inconsciamente speravano di trovarsi in qualsiasi istante?

Come sempre, lui ai suoi occhi risultó bellissimo e sebbene non lo vedesse da soli pochi giorni non poté fare a meno di non notare come lui si muovesse nella sua singolarità privo di ogni freno inibitorio al centro della pista da ballo lasciando che i ciuffi ribelli e sudati gli accarezzassero il volto.

Troppa era la voglia di scappare da lui e dalla sua trappola di perfezione e altrettanta era quella di avvicinarsi a lui.
Ma sorprendentemente fu Damiano a fare il primo passo muovendo il suo corpo in direzione della bruna.

Un passo e un misero «ciao» sussurrato, due cuori che si sfidavano battendo all'impazzata, nessuna risposta, se non due occhi che lo guardavano imbarazzati.

Un altro passo e due respiri che si incastravano perfettamente.

L'ultimo passo e ad incastrarsi furono le braccia di lui con il corpo di lei, in un abbraccio voglioso di sentimenti e urlante di mancanze.

Damiano quella sera capí, che dove le parole non ce l'avrebbero fatta i gesti avrebbero fatto il loro corso, e quell'abbraccio era tutto ciò che rimaneva, l'ultimo grido di speranza per ritrovarsi.

Troppi furono i sentimenti che attraversarono il corpo di Charlotte, partendo dal cuore e arrivando alle mani che prima lo respinsero, poi si arresero all'idea di mancanza stringendolo.
«Scusa, scusa, scusa.» Ripetè lui, sentendo le colpe scivolare su di lui come olio bollente.
«Sei uno stronzo» Rispose lei sorridendo sul suo petto.
«Non ce la facevo più Char, sono stato un coglione, perderti sarebbe una distruzione per sto ragazzaccio.» Urló lui sovrastando la musica carezzandole dolcemente il volto quasi lei fosse diamante.

Lei in risposta non disse niente, lo guardò, gli sorrise, gli prese la mano e lo condusse lontano da quel luogo troppo rumoroso per due come loro che, il rumore ce lo avevano già dentro.

The ache /Damiano David/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora