Ultimate Mecha Strike

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Marinette ci mise un po' a decidere il robottone da usare, era indecisa tra quello rosa shocking, molto simile a una Idol versione robotica e un grosso robottone rosso a pois neri, alla fine optò per il secondo.

Sullo schermo apparve la schermata iniziale della sfida, dove le loro due scelte di combattenti si fronteggiavano l'uno di fronte all'altro. In alto comparvero le vite, due lunghi rettangoli gialli, e l'energia, tre ovali azzurri. Dopodiché, mentre i personaggi molleggiavano l'uno di fronte all'altro ecco le scritte che davano il via.

Round 01
Fight

Senza perdere tempo Marinette mosse il suo personaggio verso l'avversario tentando degli attacchi semplici e diretti. Max però era parecchio abile e con alcuni salti e schivate evitò tutti i colpi, per poi colpire il suo robot; la barra della vita dal suo lato si ridusse di un po', diventando rossa.

Per vincere doveva impegnarsi di più. Conosceva alla perfezione quel gioco e sapeva ogni combo e tecnica di ogni personaggio, ma voleva prima comprendere come giocasse il suo avversario, per essere sicura di usare la strategia e la sequenza di colpi giuste.

«Non mi sembri così brava come dici.» la prese un po' in giro il ragazzo di colore, mentre con precisione continuava a premere i pulsanti del suo joystick facendo in modo che il suo robot nero e verde colpisse quello della ragazza. Lei ormai era, quasi, a metà vita, mentre lui aveva perso sì e no una ventina di life point, non di più.

Adrien stava seguendo attentamente la partita, come d'altronde tutto il gruppone che stava loro attorno, in religioso silenzio esultando o lamentandosi, solo a seconda delle azioni belle.

Lui però era più concentrato a guardare Marinette, o meglio come stava giocando. Non riusciva davvero a comprendere: si era vantata tanto di amare quel gioco, aveva avuto il coraggio di sfidare Max ed ora invece stava perdendo; o meglio, sembrava stesse perdendo, perché aveva l'aria svogliata di una che si stava annoiando o che in qualche modo stava studiando il nemico, non di certo di una che, scarsa o meno, s'impegna il più possibile per vincere.

All'improvviso però la vide cambiare posizione, prendendo il joystick in un modo particolare e alquanto strano. La mano sinistra continuava a stare ancorata alla sua parte, con il pollice sul joypad, mentre con quella destra, lasciò la presa e poggiò le dita sui tasti, come stesse per suonare un pianoforte e non di certo come se stesse giocando ad un videogame. All'improvviso però, dopo quel gesto, la situazione sembrò ribaltarsi.

I colpi di Marinette diventarono finalmente precisi e talmente veloci da mettere in difficoltà il suo avversario che non riusciva più a schivarla così bene. Max digrignò i denti mentre il suo robottone sullo schermo le prendeva di santa ragione. Lei, invece, nel suo tentativo di concentrarsi al meglio, aveva tirato fuori la lingua e ora la teneva a lato della bocca. Adrien sorrise a quel suo gesto, era davvero adorabile, tutta concentrata nello scontro.

All'improvviso la ragazza sfruttò l'energia del robot, facendo uno degli attacchi speciali del suo personaggio e tutti trattennero il respiro stupefatti dal suo improvviso talento.

Lei, premendo ancora i tasti in quella maniera particolare che usava sempre contro suo padre, quando giocavano insieme ai videogiochi, continuava imperterrita a colpire il suo avversario. Ormai le mancava davvero poco.

Era riuscita a fare in modo che la vita del robot di Max, arrivasse più o meno alla sua stessa percentuale.

«Ora, una danza del drago e un triplo fiore di loto... – disse ad alta voce e ad ogni frase eseguiva la mossa e la sua voce diventava sempre più euforica – Salto mortale con lo stile di Marinette e... Favolosa!!» si complimentò infine da sola, quando i life points del personaggio di Max arrivarono a zero.

L'applauso che ne conseguì fu chiassoso ed euforico e lei si voltò ringraziando tutti i presenti, diventando nuovamente la solita e timida Marinette, tutta rossa e con la mano che non teneva il joystick dietro la nuca in segno di vergogna.

«I miei complimenti...?» disse il ragazzo di colore porgendole la mano e assumendo uno sguardo interrogativo.

«Marinette!» rispose lei, stringendogliela con un sorriso.

«Sei stata davvero brava. È stata una bellissima sfida.» le rispose lui, ricambiando il sorriso.

«Grazie! Ma anche tu sei stato fortissimo, mi hai dato decisamente del filo da torcere: comprendere il tuo schema e prevedere le tue combo non è stato affatto semplice.» all'improvviso qualcuno le poggiò la mano sulla spalla e parlò.

«Sei stata davvero fantastica, Marinette!» riconoscendo quella voce le sue guance assunsero il colore delle fragole mature e si girò solo per cortesia, perché sapeva che stava arrossendo e che avrebbe sicuramente balbettato per la vicinanza del ragazzo.

«G-Grozie... cioè Grazie Adrien...»

Lui ricambiò i suoi ringraziamenti con un sorriso meraviglioso, che la fece arrossire ancora di più.


Passarono il resto del pomeriggio a giocare alla sala giochi, per poi solo a sera inoltrata, dopo una cena a base di hot-dog al fast food che c'era dentro il Nous Joe, dirigersi all'Électron.

La sede in cui s'imparava lo stile di Pêche Zone era completamente diversa dall'accademia che c'era a Rue Vert. L'Électron era un palazzo alto almeno venti piani, con un'enorme insegna rossa luminosa nel mezzo. L'ingresso dalle porte scorrevoli era molto moderno e l'interno altrettanto.

La hall era costellata di divanetti dal colore rosso intenso che staccavo e quasi stonavano sul pavimento in mattonelle bianche. Le pareti erano rosa pesca e sembravano l'unica cosa tenue in quella stanza. Persino la segretaria dietro il bancone all'ingresso, non assomigliava affatto a quella elegante e raffinata del quartiere precedente: indossava una maglia rossa con sopra scritto Électron in bianco e i capelli erano raccolti in due folte code laterali.

«Benvenuti all'Électron!» disse entusiasta.

«Siamo venuti per l'iscrizione. – intervenne subito Adrien, raggiungendo il bancone assieme a lei – I nostri bagagli dovrebbero essere già arrivati.»

«Ah quindi siete voi due i nuovi allievi. Ben arrivati!» sorrise lei.

Compilarono i soliti moduli e ritirarono le loro valigie, dopodiché gli furono date le stanze, proprio com'era accaduto all'accademia.

«Buona permanenza, ragazzi!» sorrise di nuovo la segretaria, quando si allontanarono, dirigendosi verso l'ascensore con le ante in metallo, decisamente più moderno di quello a Rue Vert.

Salirono fino al sedicesimo piano, a quanto aveva detto loro la segretaria le camere degli studenti iniziavano dal quindicesimo piano in su. Dopodiché si separarono, dirigendosi ognuno nella propria stanza.

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