Rue Vert

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«È ridicolo! Assolutamente ridicolo!» borbottò furiosa la bionda guardando fuori dalla finestra e vedendo i due ragazzi salire sulla limousine nera.

«Hai perfettamente ragione Chloé, è ridicolo!» la scimmiottò Sabrina, scuotendo il caschetto rosso che le arrivava appena alle spalle.

«Voi due pensate di continuare la lezione, oppure rimanete a guardare la finestra tutto il tempo?» domandò loro Tikki, osservandole con aria severa, facendo voltare Chloé che aveva ancora quell'espressione adirata in volto.

«Guardi che è colpa sua. Avevo finalmente l'occasione di stare con Adrien e seguire le lezioni qui con lui e lei invece che fa? Lo spedisce a fare il giro di Rainbow City con quell'incapace di Dupain-Cheng.»

La donna sollevò le sopracciglia, quasi stupita e allo stesso tempo divertita di quello che la ragazza aveva appena detto.

«Chloé per favore, smettila con queste assurdità e rimettiti in posizione.» le rispose tranquillamente.

«Non è forse vero?» ribatté ancora lei, rimanendo nella sua posizione, facendo sospirare l'insegnante.

«Se l'ho fatto ci sarà un motivo non credi? Loro hanno bisogno di un percorso diverso dal tuo. Tu hai già una buona base per quanto riguarda la danza e il canto, mentre loro no.»

«Sì, ma...»

«Chloé, non lo ripeto più torna al tuo posto, oppure esci dall'aula.» la interruppe lei mettendo le mani sui fianchi. A quell'ennesimo rimprovero la bionda si ammutolì e, silenziosamente, si rimise al suo posto nella sala, dando la possibilità a tutta la classe di ricominciare la lezione di ballo.


Marinette era rigida come un blocco di ghiaccio: continuava a fissare le sue gambe, fasciate dal jeans, su cui teneva poggiate le mani, senza riuscire a dire una parola. Il pensiero di essere in un'auto, proprio di fronte ad Adrien la innervosiva non poco.

In realtà non erano soli, c'era l'autista: un uomo nerboruto dal volto scimmiesco e sempre serio che a malapena li calcolava, tenendo le mani sul volante e seguendo la strada; e poi c'era la segretaria, impassibile, sedeva di fianco ad Adrien e continuava a guardare il suo tablet, probabilmente nel tentativo di risistemare l'agenda carica d'impegni del giovane modello. Il ragazzo invece in quel preciso istante stava guardando il paesaggio fuori, ma spesso avvertiva il suo sguardo addosso.

In quell'auto regnava il più assoluto silenzio, nemmeno una mosca si sarebbe degnata di volare e rovinare quell'assenza di rumori con il suo ronzio. Probabilmente furono i cinque minuti più lunghi della sua vita e il pensiero che avrebbe dovuto fare quel breve viaggio ogni volta che avrebbe dovuto cambiare quartiere le metteva i brividi. No, la prossima volta sarebbe andata a piedi, così che non avrebbe speso soldi per i biglietti della metro, ma non si sarebbe nemmeno sentita in imbarazzo in quel modo.

Quando però l'auto si fermò, perché erano arrivati a destinazione, tutto quell'imbarazzo svanì, non appena la portiera si aprì e scese dalla limousine. La meraviglia di quel quartiere la colpì in pieno, lasciandola completamente senza parole.

Un fiume, decisamente più piccolo della Senna parigina, costeggiava la parte sud in cui si trovavano loro e oltre il ponte pedonale dalla ringhiera color pino che dovevano attraversare, c'era un'intera zona immersa nel verde. Gli alberi la facevano da padroni, ma non erano in giardini o parchi. No, semplicemente vi erano viali costeggiati da alberi, perfettamente curati ed ognuno con il suo spazio per crescere.

«Bello vero?» chiese Adrien affiancandola e guardando anche lui avanti a sé.

«Meraviglioso!» rispose lei, quasi in un sussurro non riuscendo a scollare lo sguardo da quello spettacolo.

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