13.Damon

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«Evans, corri! Muovi quel culo, vai...vai verso la porta. No, no! Evans, raggiungimi qui.»

Il coach mi aspetta con aria infuriata vicino all'entrata del campo.
Siamo all'allenamento mattutino di lacrosse.
Dalla festa.
Da quando ero sul punto di baciare Cassandra.
Da quando abbiamo guardato le stele insieme.
Da quando l'ho guardata dormire tra le mie braccia, pronto a difenderla, è sempre nei miei pensieri.
Invade il mio cervello con i suoi occhi e il rumore dolce della sua risata, impedendomi di concentrarmi su altre cose
Proprio come ora, non riesco a fare un passaggio decente, non riesco ad arrivare in porta senza ritrovare in mente i suo capelli muoversi al vento mentre correva cercando di scappare da me, o i suoi occhi desiderosi mentre ero sul punto di baciarla.
È vero, non l'avevo bloccata per quel motivo, ma non so quale forza mi abbia spinto a cambiare direzione del viso.
Il vero Damon Evans se la sarebbe portata a letto nell'istante stesso in cui le sue mani hanno toccato le mie.
Invece non l'ho fatto.
Non ho fatto proprio niente.
Forse perché so che lei non può essere come Abigail, Catherine e tutte quelle che ho portato a letto.
Forse la consapevolezza che sto giocando con il fuoco, ed ho paura di bruciarmi di nuovo.
Mi ero ripromesso di non avvicinarmi a lei, di non ferire più le persone così buone, di lasciar perdere tutto ciò che è diverso da me.
Ma non riesco.
Le ho anche chiesto di uscire.
Piano piano sta diventando una droga che mi ero ripromesso di non usare più.

«Evans, che ti prende? Non puoi giocare in quel modo! Da te non me l'aspetto, sei il capitano e come tale, devi essere d'esempio per i tuoi compagni.»

Ed ecco gli effetti collaterali di quella droga.

«Mi scusi coach, ero un po' distratto, non mi succederà più.»

«Va bene. Ora libera la mente correndo. Và figliolo.»

Inizio a correre.
Ma come si fa a liberare la mente se appena inizio a correre mi ritrovo davanti il suo viso?
Il suo piccolo corpo vicino al mio.
Ai suoi occhi illuminati quando l'ho portata fuori, a vedere le stelle.
I suoi occhi preoccupati quando le ho chiesto perché fosse venuta qui, piombata nella mia vita con lo sguardo vuoto.
Le sue mani che sfioravano un pezzo della mia vita.
Per tutto il resto della corsa penso a lei.
So già dove portarla stasera.
So che le piacerà.
Anche se ci conosciamo da poco meno di un mese, ho imparato a conoscerla.
Da quelle poche volte che abbiamo parlato e dalle volte, molte, che osservavo tutti i suoi comportamenti.
Entro nello spogliatoio, seguito dai miei compagni.
Ho il tempo di fare una doccia, cambiarmi e antrare a scuola prima che la campanella suoni.

«Damon, aspettami.»

Derek mi richiama appena metto piede fuori dalla spogliatoio.

«Cosa ti prende?»

Mi chiede affiancandosi a me.

«Niente, ero un po' distratto. Ho risolto tutto.»

«C'è qualche problema? Nate, Abigail, i tuoi genitori, o non so, Cassandra? So che avete dormito insieme...»

Lascia in sospeso la frase, si ferma, mi blocca per la spalla e scruta i miei occhi.

«Damon...»

Si passa una mano sugli occhi, esasperato.

«Damon, quando la smetterai? Lei è buona, ed è un'amica di Leslie.»

Le sue parole inevitabilmente mi feriscono.
So di non essere una persona buona, ma sentirlo ad alta voce, dal proprio migliore amico, fa ancora più male.

«Non ho fatto niente con lei. Abbiamo parlato un po', abbiamo perso la cognizione del tempo, e ci siamo addormentati, tutto qui.»

Mi giustifico riprendendo a camminare.

Non andare via. {In revisione}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora