Vuoto.
Mi sento vuoto.
Semplicemente vuoto.
Il mio cuore è vuoto.
La mia testa è piena.
Vederla piangere mi ha spezzato il cuore.
Quegli occhi non meritavano di essere inondati da tanto dolore.
Vederla andare via mi ha destabilizzato.
Vederla di spalle allontanarsi piano piano senza girarsi per guardarmi.
Guardare me, che in quel momento avrei voluto rincorrerla.
Abbracciarla.
Io che avrei voluto far brillare di nuovo i suoi occhi spenti, rassegnati.
Io che le ho gridato che siamo distrutti, quando le avrei semplicemente voluto dire "Resta", perché ci sarebbero state le mie braccia a coccorarla, a riscaldarla.
Però l'orgoglio non me l'ha permesso.
Il maledetto orgoglio.
Sentire quelle parole pronunciate dalla sua voce flebile, ha acceso in me qualcosa.
Qualcosa di cui non sono a conoscenza.Eri ubriaco, ma và, che novità.
Sento e risento la sua voce che mi grida queste parole.
Scaravento lontano un sassolino che ho raccolto per terra.
Sono ancora fuori il locale, a fissare il punto dove il suo corpo si è dissolto.
Inghiottito dal buio.
In me si è accesa la voglia di migliorare.
Per me.
Per lei.
Per noi.
Ma per lei tutto è una facciata.
Vuole la vita perfetta.
E se lo merita.
Ma io non sono perfetto.
Sono distrutto.
Sono testardo.
Sono bastardo.
Molte volte allontano io stesso le persone che amo.
Ma ho un cuore anche io.
Un cuore che sta cercando di amare quegli occhi.
Sta cercando di amare lei.
Lei essere puro.
Il mio cuore sa amare in un modo incondizionato.
La mia testa viaggia a tutti i posti dove possa essere.
È andata via da sola, e non conosce bene il posto.
Questa strada non è molto trafficata e lei è da sola umiliata dalla scenata che quella stronza di Abigail ha creato.
Anche se lei non ha niente di cui vergognarsi.«Bene. Finalmente se n'è andata.»
Mi giro verso quella voce, avvicinandomi a grande falcate a lei.
L'afferro dal polso, troppo brusco, facendola sobbalzare.
Ma no me ne curo.
Non mi interessa.«Non devi parlare di lei. Devi tenere la tua bocca chiusa.»
Mi avvicino al suo viso, stringendo sempre di più la presa sul suo polso.
«Lasciami! Mi stai facendo male.»
Cerca di togliersi la mia mano di dosso, senza avere risultati.
«Sei solo una stronza. Mi fai schifo.»
Le lascio andare il polso, spingendola bruscamente, e facendola incespicare nei suoi stessi passi.
«Non devi toccare ciò che è mio. E tu stasera l'hai fatto. Per me sei morta, non esisti più.»
«Damon non te la sarai presa per una cosa così banale?!»
Cerca di afferrare la mia mano, ma non glielo permetto.
«Non mi toccare. Per me lei non è banale.»
«Non ti starai mica innamorando di quella lì?!»
Non le rispondo.
Mi incammino dalla parte opposta dove è sparita Cassandra.
Quella parola mi fa paura.
Molte volte viene sottovalutata.
La si dice perché è una parola bella, ma non si è consapevoli del vero significato.
È per questo che a me spaventa tanto.
Innamorarsi significa provare simpatia, desiderio.
È ammaliare.
Appassionare.
Sono tutte emozioni che io provo verso Cassandra.
Ed ho paura di provare qualcosa di più grande di me stesso.
Quando siamo insieme mi sento leggero.
Come un palloncino, pieno di qualcosa di vitale...Aria.
Io sono pieno di lei.
Invece quando non siamo insieme mi manca il suo profumo alle rose.
Perché lei è in sé una rosa.
Piena di spine.
Spine che io amerò.
Il mio telefono squilla incessantemente nella tasca posteriore dei jeans.
Lo estraggo e senza vedere chi possa essere, rispondo.
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Non andare via. {In revisione}
Romance«Era iniziato l'ultimo anno delle superiori, non volevo distrazioni fin quando i miei occhi non incrociarono i suoi. In quegli occhi era racchiuso il mare...Si posarono su di me per qualche secondo, e quando mi sorprese a fissarla, mi regalò il sorr...