VIII

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Il libro sul ballerino di tip-tap stava prendendo una forma sempre più definita. Le tavole e i disegni di Peter aumentavano di giorno in giorno e il ragazzo era soddisfatto di come stava procedendo il tutto. Mancava ancora molto lavoro, ma Peter sentiva che il risultato finale avrebbe ripagato le aspettative dell'autore, dell'editore e avrebbe sorpreso il pubblico.

All'inizio di una nuova settimana, con aprile prossimo a esaurirsi, l'illustratore aveva concluso un'altra giornata di lavoro e stava procedendo in direzione di Tower Hill station sul solito percorso. Nelle orecchie aveva le note di Starlight dei Muse, disturbate però dal ticchettio continuo delle gocce d'acqua che battevano insistenti sull'ombrello. Le nubi che si erano addensate su Londra erano tanto gonfie e scure da far apparire le cinque del pomeriggio molto più simili alle otto di sera.

Peter si infilò nell'accesso alla stazione metropolitana, chiudendosi dietro l'ombrello. Si bagnò leggermente i capelli – già umidi e ben più mossi del solito a causa dell'incremento di umidità di quel pomeriggio – e superò i cancelli per i binari.

Mentre scendeva lungo le scale mobili, tenendosi sulla destra, spense la musica. Quel gesto era ormai diventato un'abitudine e si era lentamente affiancato a tutto gli altri che compiva dal suo studio a Tower Hill con una naturalezza insospettabile. Da quando aveva conosciuto Audrey, da quando avevano iniziato a trascorrere il loro tempo insieme sulla banchina della Tube, spegnere la musica sul cellulare per concentrarsi sulla ragazza era diventato naturale per lui, esattamente come lo sarebbe stato se, al posto della pianista, ci fosse stato qualche altro suo amico.

Sentì che qualcuno stava suonando il pianoforte, ma non riconobbe la canzone e, quando la sala divenne visibile, il ragazzo ebbe la conferma che non si trattava di Audrey. Forse la pianista doveva ancora arrivare. Tuttavia lui era in leggero ritardo rispetto al solito, perciò era possibile che lei fosse già al binario. Scese la rampa di scale che portava alla banchina e si guardò intorno, individuando la ragazza poco più avanti.

Era concentrata su qualcosa, Peter lo dedusse dallo sguardo, che teneva fisso davanti a sé, sul nulla. Con sua sorpresa, il ragazzo si accorse che Audrey aveva gli auricolari e che, con molta probabilità, stava ascoltando della musica.

La raggiunse, fermandosi accanto a lei.

«Non ti ho mai vista ascoltare musica» esordì.

Audrey si accorse di lui, sentendo anche quanto aveva appena detto. Non teneva il volume troppo alto e non le sfuggì una sola parola del ragazzo. Oltretutto, lo stava aspettando.

«Ciao. Come stai?» gli chiese

«Tutto a posto» rispose lui, stringendosi leggermente nelle spalle. «Tu? Che stai ascoltando?»

Audrey spense la musica mentre Peter poneva quella domanda. Arrotolò malamente gli auricolari e li infilò in borsa, consapevole che per districarli correttamente la volta successiva avrebbe impiegato parecchio tempo.

«Ah, canzoni. Sono un po' piena in questo periodo. Fra due settimane c'è la prima dello spettacolo al Menier e fra tre suono a un matrimonio. Quindi ho una cosa come cinquanta canzoni da ricordare.»

Lo disse tutto d'un fiato, senza mascherare più del dovuto la tensione che cominciava a provare. Peter la guardò, sorpreso e ammirato. «Parli sul serio? Ma al matrimonio suoni per il Menier?» le chiese, incuriosito.

«No, no. Il matrimonio è un'altra cosa. Hai-hai presente Oliver?» volle sapere. Continuava a piacerle l'idea di suonare alle nozze del coinquilino, specie avendo la possibilità di portare canzoni jazz. La cosa la faceva sentire appagata e si scopriva a volerne parlare ogni volta che ne aveva occasione.

Qualcuno nella follaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora