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Il bicchiere di carta di Peter era immobile accanto alla mano destra del proprietario. Il ragazzo aveva ingollato il caffè caldo in fretta, da vero amante della bevanda. Si era scottato la punta della lingua solo la prima volta poi, per il resto, un sorso alla volta il liquido scuro aveva donato la sua generosa dose di caffeina all'illustratore, nonostante lui non ne avesse alcun bisogno.

Di fronte a lui, invece, la mug di Audrey era ancora piena per metà. Il Earl Grey sollevava ancora qualche ostinato sbuffo della sua aroma, mentre era ormai prossimo a diventare freddo nella tazza, tenuta fra entrambe le mani della pianista.

Per la prima volta da quando l'aveva conosciuta, Peter ebbe modo di vedere come la ragazza si vestiva al di sotto del cappotto rosso o dell'attuale trench beige. I sospetti del giovane avevano così avuto modo di venire confermati: Audrey era una di quelle da vestiti e camicette, come dimostrava quella bianca con impressi sopra colibrì neri, che sbucava ordinata al di sotto di un maglioncino nero.

Come da accordi del giorno precedente, i due si erano incontrati alla fermata di Tower Hill, all'uscita dai rispettivi luoghi di lavoro. Appena si erano salutati, però, Peter aveva dovuto comunicare un cambio di programma; non sarebbe rientrato a casa quella sera, non subito, almeno. Aveva appuntamento con i coinquilini per cenare a un all you can eat di sushi lì vicino. Quando Audrey gli aveva risposto che un po' lo odiava – in tono scherzoso – e che anche lei aveva una voglia incredibile di sushi, l'illustratore era stato fortemente tentato di invitarla, sebbene alla fine non lo avesse fatto.

I due si erano rintanati in uno Starbucks poco affollato in una via laterale di Minories dove avevano ordinato ciascuno la propria bevanda. Si erano seduti e avevano iniziato a parlare, chiacchierando amichevolmente per più di quaranta minuti. Il vero motivo per cui Peter le aveva chiesto di andare a bere qualcosa era ormai passato in secondo piano, insospettabile per Audrey e prossimo a venire dimenticato dallo stesso Peter. Prima che fosse troppo tardi, il cervello del ragazzo gli ricordò l'esatta motivazione per cui ora si trovava seduto di fronte a una Audrey che parlava tranquillamente dell'adattamento televisivo di Sherlock, altra cosa che i due avevano aggiunto all'elenco delle passioni comuni.

Attese che la ragazza arrivasse a un punto morto, una di quelle frasi in cui poi non si sa bene come continuare se non si riceve prima uno spunto dall'interlocutore. Peter, allora, prese in mano la situazione, dicendo: «Ho una cosa per te.»

Mentre frugava nello zaino in cerca dell'oggetto in questione, non fu in grado di vedere la reazione di Audrey. Lei si era bloccata, spalancando gli occhi e socchiudendo le labbra per la sorpresa inattesa. Anziché pensare al tipo di sorpresa di cui potesse trattarsi, la mente della ragazza era ancora ferma alla notizia e al tono che Peter aveva usato per la comunicazione.

L'illustratore era riuscito a ritagliare un angolo sicuro nel proprio zaino in cui infilare il lavoro che aveva fatto per la pianista senza che rischiasse di rovinarsi. Non era stato molto semplice e aveva dovuto riorganizzare gran parte del contenuto, ma alla fine ci era riuscito. Dal suo rifugio tranquillo, Peter estrasse un plico di fogli non tanto numeroso, ma abbastanza spesso per via della carta d'acquerello che aveva usato per i disegni. Lo aveva incartati in una specie di pacchetto regalo, quel genere di cose che era sempre stato negato nel fare. Aveva messo insieme le tavole una sull'altra, dopodiché aveva avvolto il tutto con un foglio di carta velina azzurro – il colore che preferiva – chiudendo insieme il tutto con un nastro in rafia. Il risultato era piuttosto semplice, ma apprezzabile, per questo sentiva che lo rispecchiava.

Mise il pacchetto sul tavolino, facendolo scivolare sotto gli occhi di Audrey.

«Ecco qui. È il tuo regalo di compleanno.»

Qualcuno nella follaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora