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Il sabato mattina, intorno all'ora di pranzo, Camden Town era una tappa obbligatoria per Audrey e le sue amiche: April e Sadie.

Come al solito erano riuscite a trovare un piccolo tavolino libero nei pressi di alcuni chioschetti alimentari nella zona del Camden Market, su cui si erano fermate per consumare il loro pasto. La giornata era particolarmente soleggiata e i profumi di quella zona così folcloristica si mescolavano alle centinaia di voci di residenti e turisti.

Audrey si era comprata una porzione di tagliolini tailandesi, che mangiava distrattamente con le bacchette, un orecchio teso ad ascoltare la conversazione. La sua mente, però, faceva fatica a focalizzarsi adeguatamente su quanto Sadie stava dicendo. Sapeva che stava parlando di una sua collega di lavoro, quella assunta da poco, ma non riusciva a collegare adeguatamente lei al vice direttore; con molta probabilità le era sfuggito un passaggio chiave, nel frattempo. Si sforzò di recuperare il discorso, fra un boccone e l'altro, ma si distrasse nuovamente. Si ritrovò a pensare al ragazzo della metropolitana – Peter – e alla loro ultima conversazione.

In un certo senso trovava quel ragazzo strano. Aveva una gran voglia di parlare, la risposta sempre pronta, faceva un sacco di domande e sembrava che gli importasse poco di chi fosse il suo interlocutore. C'era addirittura qualcosa di contagioso in lui. Tuttavia, la cosa su cui la ragazza continuava a focalizzarsi era la sua ultima domanda "Come mai?"

Come mai lei non sapeva suonare altre canzoni di La La Land? Nessuno glielo aveva mai chiesto e Audrey dovette ammettere a se stessa che non ci aveva mai pensato.

Perché non si era mai sforzata di imparare una canzone nuova del suo film preferito? Dopotutto la versione di City of Stars che suonava sempre a Tower Hill l'aveva scritta lei. Eppure non si era mai fermata a riflettere sulla cosa, né su come mai non avesse provato a scrivere su un pentagramma le note di Someone in the Crowd o del tema di Mia e Sebastian. City of Stars le piaceva, da impazzire, ma effettivamente anche le altre meritavano di essere imparate. Avrebbe dovuto fare qualcosa.

Si sentì strana a realizzare che tutto quell'ingarbugliato pensiero era opera di quel ragazzetto della metropolitana, invece era così. Era riuscito a instillare in lei il dubbio, cosa che, la maggior parte delle volte, in Audrey si trasformava in voglia di fare.

«Audrey, non mi stai ascoltando.»

La ragazza sbatté gli occhi un paio di volte, tornando alla realtà. Si trovò davanti il viso di Sadie, gli occhi marrone scuro – quasi quanto la sua carnagione – erano fissi in quelli della pianista.

«A che stavi pensando?» rincarò la dose Sadie, portandosi una delle sue lunghe treccine nere dietro all'orecchio. I lineamenti raffinati dei suoi ventotto anni si corrucciarono per un breve momento.

«Oh, a...a niente di speciale. Mi sono distratta per un momento, scusa» rispose Audrey.

«Sei sempre la solita» ridacchiò April, una ventisettenne scozzese tutta lentiggini e capelli rossi, dal sorriso contagioso.

Lei e Sadie conoscevano fin troppo bene Audrey. Sapevano della sua incredibile capacità di distrarsi, di isolarsi dal mondo, dal quale riusciva a rimanere scollegata anche per minuti interi. Era più forte di lei. Suonare il pianoforte le aveva insegnato a concentrarsi solo sui movimenti che faceva e su ciò che nasceva da quei gesti. Con gli anni aveva iniziato a riportare questi insegnamenti alla realtà e aveva finito con il riuscire a isolarsi in qualsiasi circostanza. Non si era mai fermata a pensare se il suo fosse un pregio oppure un difetto.

Audrey mescolò con le bacchette i suoi tagliolini, abbassando lo sguardo.

«Stavo pensando che potrei imparare un'altra canzone di La La Land» ammise.

Qualcuno nella follaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora