XVI

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Peter sentiva sempre più sonno. Se ne stava con le braccia incrociate sul piano della scrivania da lavoro, nel suo ufficio, la guancia appoggiata sui polsi.

Stava pensando. Rimuginava soprattutto sul fatto che, nell'ultimo periodo, davvero pensava troppo, seppure non gli servisse a niente essere consapevole della cosa. Non si poteva arrestare il proprio cervello, lo sapeva fin troppo bene. Infondo per lui l'immaginazione altro non era se non una colorata e creativa appendice della mente e, quando la sua fantasia iniziava a galoppare, fermarla gli era impossibile; per tale ragione dovette arrendersi all'evidenza: non avrebbe certo smesso di pensare.

Si lasciò sfuggire un lungo sbadiglio. Era quasi ora di tornare a casa, per sua fortuna. Quel pomeriggio aveva prodotto davvero poco con matite e acquerelli, ma proprio non riusciva a restare concentrato. Si distraeva per via del sonno, ma non solo. Quella notte aveva dormito malissimo; si era svegliato a più riprese, accaldato e con strane sensazioni addosso, per poi ripiombare in un sonno più agitato del precedente.

Negli ultimi giorni, dopo che Iris aveva tentato invano di baciarlo, la ragazza aveva fatto il possibile per rimanere sola con Peter. Proponeva film, uscite nei pub, di andare a fare la spesa insieme. Ogni volta l'illustratore riusciva a declinare l'offerta con una serie di scuse ben orchestrate, pronunciate con una finta ingenuità da manuale. Quando invece non gli veniva una valida scusa coinvolgeva Damian. Il povero amico finiva così catapultato in situazioni che lui non poteva immaginare, aiutando Peter a sua insaputa.

Il ragazzo sospirò, osservando la sua serie di pantoni sparsa per il piano da lavoro.

Non avrebbe potuto continuare così in eterno. Prima o poi la scusa non gli sarebbe balzata in mente al momento opportuno e Damian non ci sarebbe stato. E forse un giorno Iris si sarebbe realmente dichiarata, non avrebbe cercato di farglielo capire. Forse gli conveniva affrontare la questione di petto, senza sotterfugi; scusarsi con la coinquilina e dirle che non era interessato.

Certo, era sicuramente la soluzione migliore, oltre che la più corretta, ma dopo? Vivere sotto lo stesso tetto con una ragazza respinta – specie se aveva il carattere di Iris – non era una prospettiva allettante.

Fu in quel momento esatto che gli tornò in mente Audrey e la conversazione che avevano avuto. Alzò la testa di scatto, sentendosi rianimato. Gli era appena venuta in mente un'idea. Complicata e discutibile, senz'altro, ma era pur sempre un'idea. Afferrò il cellulare e cercò la chat di Damian, mandandogli un diretto e categorico messaggio: "All'Esquire alle 6:30, ti va?"

Non gli servì aspettare la risposta per sapere che l'amico sarebbe venuto. Una birra prima di cena era uno di quei piaceri che Damian amava concedersi di tanto in tanto, specie all'Esquire, il suo pub preferito, che si trovava a una decina di minuti da casa.

Rinvigorito dal suo nuovo progetto, Peter iniziò a riordinare le sue cose, disponendo ordinatamente le tavole acquerellate una sull'altra come fossero pregiati pezzi d'antiquariato. Riempì il suo zaino con tutti i suoi materiali da lavoro e attese le cinque scarabocchiando su uno dei suoi molti taccuini alcune figure maschili che avrebbero potuto tornargli utili per qualche prossimo lavoro.

Quando fu ora di andare passò dai suoi colleghi, li salutò e si avviò a passo spedito lungo le scale, diretto verso Tower Hill station. Ci mise poco a scegliere quale musica ascoltare durante il tragitto. Il sonno era scomparso e il suo buonumore era in parte tornato, nulla avrebbe potuto aiutarlo più dei Bastille. Iniziò con Snakes, a cui alzò il volume a sufficienza così da permettere alle note della canzone di riempire tutto il mondo intorno a sé.

Qualcuno nella follaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora