XIX

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Audrey stava spostando il peso da una gamba all'altra con fare nervoso. Teneva l'ombrello con entrambe le mani, mentre l'acqua continuava a scendere dal cielo grigiastro. Di tanto in tanto le persone che le passavano accanto sul marciapiede toccavano il suo ombrello con i loro, lasciando cadere gocce un po' ovunque. Era ferma a pochi metri dall'ingresso della stazione di Tower Hill, in attesa di Peter. Tuttavia non era da sola. Insieme a lei, infatti, c'era Clint.

All'uscita dal Menier Chocolate Factory, la pianista non era riuscita a trovare una scusa efficace per impedire al ragazzo di accompagnarla fino alla stazione della metro. Il suo era stato un bel gesto, dopotutto, al punto che le era parso maleducato declinarlo senza una reale ragione. Fatto sta che, a breve, Peter sarebbe arrivato e lei sarebbe andata insieme a lui a prendere un caffè li vicino, come aveva proposto il ragazzo il giorno prima.

La pianista si rese conto che stava totalmente ignorando Clint. Lo guardava, certo, ma, come accadeva spesso, la sua mente era focalizzata su altro, al punto da non riuscire a seguire il filo del discorso del violoncellista in modo corretto. Stava parlando di musica, su questo Audrey non aveva dubbi; Clint parlava spesso di musica.

La pianista fece vagare un momento lo sguardo, giusto in tempo per riuscire a notare Peter che si avvicinava fra le persone. Riuscì a individuare la sua ormai familiare figura alle spalle di una coppia di passanti, gli ombrelli dei due tenuti bassi per ripararsi dall'acqua.

Anche l'illustratore notò Audrey – il suo ombrello giallo spiccava sempre in mezzo a tutti gli altri – ma quando si accorse che non era sola, qualcosa in lui scattò. Si ritrovò ad analizzare Clint prima ancora di averlo raggiunto. Era un ragazzo ben vestito, dall'aspetto colto, uno di quelli che gesticolava durante la conversazione. Qualunque cosa stesse dicendo, Peter pensò fosse ricercata, per lo meno vista la sua espressione.

Una morsa invisibile serrò per un momento lo stomaco del ragazzo, lo fece appena il suo cervello si ritrovò a sospettare che potesse trattarsi del ragazzo di Audrey – o di quello con cui usciva a attualmente. A ogni modo cercò di non dare nell'occhio e proseguì in direzione della pianista, raggiungendola con gli ultimi, brevi, passi.

Appena fu da lei, Audrey lo salutò, ricevendo di rimando gli stessi convenevoli dall'illustratore. A quello, tuttavia, seguì un breve istante di silenzio; un istante solo, ma in grado di smascherare un imbarazzo generale.

«Ti presento Clint» disse infine Audrey, rompendo quel clima. «Suona anche lui nell'orchestra del Menier Chocolate Factory.»

I due ragazzi si scambiarono una stretta mentre la pianista proseguiva dicendo: «Lui è Peter» senza aggiungere altro.

«Anche tu musicista, cosa suoni?» domandò poi Peter. Non era realmente interessato a saperlo, solo non voleva dare una cattiva impressione di sé, non davanti a Audrey, almeno.

«Il violoncello.»

«Clint è molto bravo. Uno dei migliori che conosca» si sentì in dovere di dire per lui la pianista. Peter annuì con il capo a quelle parole, le quali lasciarono intendere al ragazzo che forse c'era davvero qualcosa di più di una loro semplice collaborazione nella stessa orchestra.

«Tu invece, che lavoro fai?» chiese di rimando Clint.

«Sono un illustratore. Lavoro per uno studio e per qualche privato quando mi trovano.»

«Sembra bello.»

Audrey rimase in disparte durante quel veloce scambio di frasi fatte. I primi dialoghi avevano sempre del penoso in quanto forzatura. Appena Peter spostò un momento lo sguardo sulla ragazza, lei colse l'occasione al volo. «Andiamo a bere qualcosa?» chiese, indirizzando chiaramente a lui la domanda.

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